I visual recording de “Il bello di restare”
TORNA ALLA PAGINA “UN, DUE, TRE… FESTIVAL! IL DIRITTO DI CONTARE”
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Ciclo di incontri virtuali con esperti per aiutarci a leggere questo tempo.
Il film documentario di Mani Tese sull’impatto sociale e ambientale dell’industria siderurgica raccontato con gli occhi di chi non si arrende.
Proseguono le attività della rete creata da Mani Tese contro la violenza di genere in un Paese ancora devastato dalla mutilazione genitale femminile e dai matrimoni forzati, dove le donne devono chiedere il permesso per uscire di casa. Il nostro aggiornamento dal campo.
In Guinea-Bissau la violenza sulle donne assume diverse forme ed è una piaga davvero difficile da estirpare.
Lo sanno bene i nostri cooperanti, collaboratori e collaboratrici in loco, che in questi giorni hanno partecipato a una sessione di formazione sul tema, nell’ambito del nostro progetto di contrasto alla violenza di genere “LIBERE DALLA VIOLENZA” finanziato dall’Unione Europea.
La violenza sulle donne in Guinea-Bissau trae origine da una cultura patriarcale molto rigida. Le donne devono chiedere il permesso al marito anche solo per uscire, persino per andare dal medico.
Tante bambine subiscono ancora la terribile pratica della mutilazione genitale. Molte ragazze sono costrette a sposare uomini, spesso ben più anziani di loro, che non hanno scelto.
Le bambine che pure frequentano la scuola non riescono a concentrarsi nello studio perché sanno che, terminate le lezioni, dovranno tornare a casa a cucinare, a lavare i vestiti e a vendere i prodotti al mercato.
Le loro madri non hanno alcun potere: sono sempre i padri o gli zii a decidere del loro destino.
In un contesto simile, in cui la violenza di genere è normalizzata e dove i “conflitti” violenti domestici si risolvono in famiglia, è difficilissimo far rispettare la legge. Se una donna abusata accusa i suoi aggressori, infatti, rischia di essere allontanata e ripudiata dalla comunità.
Nella maggior parte dei casi denunciati di violenza di genere, inoltre, la prassi è che la polizia applichi all’aggressore una detenzione preventiva di due giorni, dopo la quale, l’aggressore potrà tornare in libertà senza sottostare ad alcuna misura di allontanamento. La denuncia inoltre, nella maggior parte dei casi, si risolve tramite mediazione.
Se si parla di violenza psicologica, poi, i cui danni non sono fisicamente visibili, la denuncia è inesistente.
Per tutti questi motivi, nei villaggi le vittime e le loro famiglie sono totalmente disincentivate alla denuncia. Non è migliore la situazione in città, dove gli aggressori denunciati, se benestanti, non vengono puniti o corrompono i funzionari giudiziari.
“I reati come il riciclaggio di denaro e il traffico di droga vengono risolti in maniera rapida e sono puniti secondo la legge, ma quando si tratta di giudicare un crimine contro la persona – in particolare contro donne e bambini – i casi vengono letteralmente messi da parte”. A raccontarcelo è un magistrato, coordinatore di GEIOJ (Gabinetto di Studi e Informazione e orientamento Giuridico), partner locale di Mani Tese.
Da due anni, infatti, Mani Tese per far fronte a questa situazione ha dato vita a una rete di assistenza e accoglienza delle vittime di violenza di genere e di matrimoni forzati e precoci composta da operatori giuridici e psicosociali, agenti di polizia e organizzazioni della società civile. Fanno parte dell’equipe multidisciplinare i tecnici dei centri di accesso alla giustizia, dell’istituto Donna e Infanzia, la polizia, il team di Mani Tese, le organizzazioni locali FEC e AMIC (Associazione Amici dei Bambini).
Negli ultimi due anni, l’equipe ha viaggiato molto nelle quattro regioni d’intervento del progetto supervisionando i casi di violenza, lavorando instancabilmente nel contrasto del fenomeno e mantenendosi aggiornata attraverso delle formazioni specifiche.
Nei giorni scorsi, il 12 e 13 ottobre, l’equipe ha partecipato alla seconda sessione di formazione presso il centro di accoglienza di AMIC per le vittime di violenza di genere e matrimonio forzato e precoce, recentemente riaperto proprio grazie al sostegno di Mani Tese nell’ambito del progetto LIBERE DALLA VIOLENZA.
La formazione ha avuto come focus il confronto fra gli operatori, il miglioramento delle capacità di assistenza dell’equipe, l’aggiornamento sulle nuove normative in ambito della violenza domestica (sconosciuta alla maggior parte degli operatori locali) e le modalità per evitare che le vittime che hanno il coraggio di chiedere aiuto vengano, in seguito alla denuncia, ri-vittimizzate.
Il compito della rete è molto difficile perché oltre a fornire assistenza alle vittime, gli operatori devono fare un immenso sforzo culturale per cambiare la mentalità maschilista delle comunità locali e dei loro stessi colleghi. La pandemia, inoltre, non è stata d’aiuto dal momento che ha arrestato il prezioso lavoro della rete sul territorio.
Gli operatori e le operatrici sanno di avere davanti a sé un lavoro davvero arduo ma non demordono.
Hanno, però, bisogno di sostegno. Dal momento che il bilancio dello Stato non è in grado di garantire alle vittime l’accesso alla giustizia e ai servizi di assistenza, per mantenere vive le attività contro la violenza di genere e per far sì che il centro di accoglienza resti aperto, occorrono finanziamenti che possano sostenere progetti di cooperazione internazionale come quello di Mani Tese.
Alcune foto della formazione:

Gli interventi sono finalizzati al miglioramento delle condizioni igienico-sanitarie, alla riorganizzazione degli spazi e all’aumento della sicurezza.
Nel luglio del 2018 è iniziato il progetto “Quelimane Agricola: produce, cresce e consuma sostenibile” nella provincia della Zambezia, in Mozambico. L’intervento, co-finanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo, si propone di rafforzare il food system locale promuovendo l’adozione di pratiche innovative e sostenibili in materia di produzione, marketing e consumo dei prodotti agricoli.
A seguito di una richiesta dei commercianti della provincia della Zambezia, lo staff di Mani Tese – insieme al Municipio di Quelimane e ai diversi partner del progetto – ha identificato quattro mercati in cui intervenire per apportare alcune modifiche alle infrastrutture e alla governance.
I mercati sono stati selezionati tenendo conto delle comunità già coinvolte nel progetto Quelimane Agricola e del posizionamento strategico dei mercati stessi. Sono stati quindi individuati due mercati a Quelimane (Central e Aquima), uno a Namacurra e uno a Nicoadala. I lavori di riqualificazione sono già stati conclusi con successo in tre dei quattro mercati: nel mercato di Licuari a Nicoadala stanno comunque avanzando e a breve sarà inaugurato anche quest’ultimo.
Il 18 settembre è stato inaugurato il mercato Central a Namacurra in cui sono stati costruiti nuovi stand e sono stati riorganizzati gli spazi. L’8 ottobre, invece, il Sindaco di Quelimane Manuel de Araújo ha inaugurato i mercati Central e Aquima. Quest’ultimo lo scorso anno è stato oggetto di altri lavori di riqualificazione, sempre nell’ambito di progetti di Mani Tese.
In questi due mercati a Quelimane sono stati ricostruiti o, dove già presenti, ripristinati i sistemi fognari che si trovavano in condizioni precarie e sono stati costruiti nuovi servizi igienici per migliorare le condizioni igienico-sanitarie di commercianti e clienti, elemento ancor più necessario in questo momento di emergenza a causa della pandemia di Covid-19.
Sono state poi identificate misure sia infrastrutturali che di governance per l’aumento della sicurezza all’interno dei mercati, per meglio contrastare possibili furti ed episodi di vandalismo durante le ore notturne. Ad esempio sono state realizzate opere di illuminazione notturna che oltre a garantire una maggiore sicurezza rendono anche più facilmente accessibile il mercato nelle ore serali.
In ogni mercato sono stati riorganizzati efficacemente gli spazi per separare gli stand che vendono prodotti differenti (carne, pesce e verdure) e sono stati realizzati anche workshop online, in collaborazione coi Comuni di Milano e Reggio Emilia, per migliorare la gestione dei mercati e la loro sicurezza in tempo di Covid-19.
Qui di seguito alcune foto delle riqualificazioni dei mercati e delle inaugurazioni:
Dopo mesi di lavoro sono stati donati kit per l’agricoltura a 201 contadine di Ouagadougou.
Sono stati mesi di duro lavoro, ma ce l’abbiamo fatta! Nell’ambito del progetto “Imprese sociali innovative e partecipazione dei migranti per l’inclusione sociale in Burkina Faso” cofinanziato da AICS e Fondazione Maria Enrica, da due anni (e un po’) stavamo lavorando su un’attività molto speciale, ovvero la distribuzione di kit per l’agricoltura ai contadini che lavorano all’interno del perimetro urbano della capitale.
Un’operazione non semplice, partita da un censimento puntuale di tutti gli agricoltori di Ouagadougou che ha permesso, non solo di conoscerne il numero (più di 3 mila) e i nomi, ma anche di identificare le caratteristiche dei siti e i mezzi di produzione di ciascuno.
Conclusa questa prima parte di lavoro, a dicembre 2019, siamo passati, con non poche difficoltà legate alla pandemia Covid-19, all’acquisizione dei kit (201 tra kit composti da materiali come rastrello, zappa, carriola, innaffiatoio, ecc. e motopompe – in particolare 151 kit e 50 motopompe) e in seguito alla scelta dei beneficiari, che non è stata affatto semplice.
Prima di tutto volevamo accertarci della trasparenza dell’operazione e poi abbiamo dovuto identificare, insieme alla Marie di Ouagadougou, nostro partner principale in questa azione, i criteri da applicare per la selezione.
Abbiamo voluto prima di tutto che i beneficiari fossero donne, poi che fossero donne da cui dipende il bilancio familiare, in seguito che fossero datrici di lavoro per altre persone, che fossero in ristrettezza di materiali e che ciononostante si impegnassero nella produzione di più tipi di ortaggi.
Inoltre abbiamo voluto che non fossero concentrate tutte nello stesso sito ma si trovassero in vari luoghi dell’area di Ouagadougou. Infine abbiamo dovuto valutare chi, più di altre, necessitasse della motopompa.
Dopo questo lavoro certosino, fatto alla presenza di una commissione che garantisse imparzialità composta da noi di Mani Tese, dal partner ACRA, dalla Marie di Ouagadougou, dall’associazione degli agricoltori e vivaisti di Ouaga e da un rappresentante del Ministero dell’Agricoltura, abbiamo dovuto contattare tutte le beneficiarie e le autorità e organizzare la cerimonia per la distribuzione dei doni, un altro lavoro che ha richiesto pas mal de temps, soprattutto per riuscire a far convergere le agende di tutti gli invitati. Ma alla fine, il 4 settembre scorso, ci siamo riusciti.
La cerimonia si è tenuta alla Maison du Peuple a Ouagadougou alla presenza, oltre che delle beneficiarie, della stampa e delle autorità, anche di un rappresentante dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo, che ha espresso la sua soddisfazione per l’iniziativa.
Non nascondiamo che anche distribuire praticamente i doni sia stato un po’ difficoltoso, soprattutto verificare l’identità delle beneficiarie che a volte, nella lista del censimento, erano registrate col nome del marito o col soprannome che non corrispondeva alla loro carta d’identità… Ma insomma, incrociando diversi dati, alla fine siamo riusciti anche in questa impresa! Non solo, perché per quanto riguarda le motopompe, il fornitore ha anche radunato le beneficiarie durante il weekend per testarne il funzionamento una ad una e per insegnarne loro l’utilizzo.
È stata dunque un’attività complessa e lunga, ma siamo contenti dell’attenzione che abbiamo dedicato e siamo sicuri della qualità del nostro lavoro e della sua importanza, perché sono quelle donne, che hanno talvolta accolto il dono con le lacrime agli occhi, che sfamano la città più grande di questo Paese, destinata a diventare una megalopoli nel giro di qualche anno. Loro, che tutte le mattine, a partire dalle 3:30 vediamo ricurve sui campi intente a zappare.
Qui di seguito alcune foto della consegna dei kit.
20 video per raccontare le storie del progetto “Imprese sociali innovative e partecipazione dei migranti per l’inclusione sociale in Burkina Faso”.
È on line sul canale YouTube di Mani Tese la web serie “Imprese per crescere insieme in Burkina Faso”, una raccolta di 20 video (con sottotitoli in italiano e francese) che vuole raccontare, tramite immagini e parole, le storie delle 20 imprese selezionate dal progetto “Imprese sociali innovative e partecipazione dei migranti per l’inclusione sociale in Burkina Faso”. Sono le voci dei nuovi imprenditori e delle nuove imprenditrici sostenuti da Mani Tese che, con la loro attività, contribuiscono a creare una filiera agroalimentare sostenibile di qualità nel Paese.
Il progetto, cofinanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS) e dalla Fondazione Maria Enrica, ha l’obiettivo di contribuire al miglioramento delle condizioni di vita della popolazione rurale in Burkina Faso favorendo lo sviluppo di attività produttive, imprenditoriali e innovative, valorizzando le produzioni agricole locali e agroecologiche e promuovendo il coinvolgimento di donne, giovani e migranti in Italia. Il progetto mira inoltre a promuovere i prodotti di qualità di piccoli produttori locali che difficilmente riescono a collocarsi sul mercato.
Cliccate sui player qui sotto per guardare i video o andate direttamente alla playlist su YouTube.
Aliguetou si è unita alla cooperativa Zekoula Panga per mettere a disposizione la sua esperienza e imparare nuove cose: scopri la sua storia!
Zekoula Panga significa “l’unione fa la forza” e Aliguetou ha scelto di far parte di questa cooperativa nel 2014, quando aveva 36 anni, perché voleva mettere la sua esperienza al servizio della comunità e, nello stesso tempo, accrescere le sue conoscenze e capacità, condividendo e ricevendo idee, esperienze e metodi di lavoro.
Aliguetou vive a Bittou dove, con le sue colleghe di Zekoula Panga, si occupa dell’étuvage del riso, ovvero una precottura del riso al vapore, che mantiene le proprietà nutritive della materia prima. Il loro riso, sostiene Aliguetou, è il migliore, perché prendono il lavoro molto seriamente e utilizzano un riso di qualità, da produzione agroecologica, senza pesticidi per il benessere del consumatore e dell’ambiente, e selezionato e pulito in modo da non presentare impurità.
Aliguetou ci propone poi il suo piatto preferito a base di riso (che poi è anche tra i preferiti della capoprogetto, che però dice così di tutti i piatti, quindi forse in realtà non fa testo): il riz gras al pesce. Per prepararlo prima di tutto bisogna tagliare i “condiments” ovvero tutte le verdure e le spezie che daranno sapore e colore al piatto (cipolle, cavoli, peperoni dolci, melanzane viola e melanzane locali – simili a un pomodoro cuore di bue nell’aspetto), dopodiché si mettono a cuocere le verdure per 5 minuti in olio abbondante (altrimenti il riso non viene abbastanza “gras”!) e si aggiunge quindi dell’acqua (quantità da definire in base a quanto riso si voglia ottenere: qui meno di un paio di kg alla volta non se ne fa), del soumbala e del pesce secco o fritto. Si lascia bollire circa una mezz’oretta e si aggiunge il riso étuvé lasciandolo cuocere circa una ventina di minuti. Poi si spegne il fuoco, si copre la pentola e si lascia altri 5-10 minuti prima di servire nel piatto, ancora caldo. Una coccola per le grandi occasioni!
Aliguetou ride quando le chiediamo di spiegarci la ricetta, perché le sembra impossibile che ci sia ancora qualcuno nel mondo che non l’ha provata. Quindi ora dobbiamo tutti impegnarci per darle soddisfazione e assaggiarla!
Aliguetou ci dice anche di essere molto orgogliosa perché grazie al progetto “Imprese” ha imparato, così come le sue colleghe, a leggere e scrivere in lingua locale e questa alfabetizzazione le consente ora di gestire con cognizione di causa i beni materiali e finanziari della cooperativa.
Aliguetou, inoltre, spera che Zekoula Panga diventi una grandissima cooperativa che possa conquistare molti mercati e in questo senso, grazie al contributo della Fondazione ACRA e all’impresa sociale Ke du Burkinabé, si stanno facendo degli studi e delle analisi dei prodotti della cooperativa, riso rosso in particolare, per cercare di trovare un canale di commercializzazione nel mercato della capitale. Più nel breve termine, invece, il desiderio sarebbe quello di ingrandire la sede che, grazie al progetto, è stata equipaggiata di numerosi materiali come la pompa dell’acqua e la decorticatrice per il riso che potete vedere nelle foto qui di seguito.