MILLE ALBERI E NUOVA VITA AL POLMONE VERDE DI OUAGADOUGOU

In occasione della Giornata del Rimboschimento della capitale del Burkina Faso, Mani Tese ha piantato 1000 alberi e inaugurato un nuovo impianto di irrigazione.

di Giulia Polato, Rappresentante Paese Burkina Faso

 

La Siberia è in fiamme, l’Amazzonia brucia, il deserto avanza inesorabilmente (e noi di Mani Tese qui in Burkina Faso ne sappiamo qualcosa!). Che fare di fronte a questi drammi ambientali? Come dice un proverbio zen “anche un viaggio di mille miglia inizia con un passo” e quindi… noi in Burkina Faso abbiamo fatto il nostro.

Mani Tese è presente nel Paese con diversi progetti. In particolare, è attiva nelle province del Boulkiemdé e del Boulgou e nella capitale Ouagadougou con il progetto Imprese sociali innovative e partecipazione dei migranti per l’inclusione sociale in Burkina Faso, cofinanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo e dalla Fondazione Maria Enrica, con l’obiettivo di migliorare le condizioni di vita della popolazione rurale attraverso lo sviluppo di attività produttive e il coinvolgimento di donne, giovani e migranti in Italia.

All’epoca dell’ex presidente Thomas Sankara (1949-1987), la città di Ouagadougou poteva vantare una florida “cintura verde” che la circondava: una foresta rigogliosa che le passate generazioni ben ricordano. Con la morte di Sankara e la crescita della città, nessuno tuttavia si prese più cura di quello spazio, che è stato in parte dimenticato, in parte usato come discarica e in parte sfruttato per recuperare legna da ardere.

Oggi, di quella bella cintura, non rimane che un piccolo collier vecchio, sporco e malandato. E così, in collaborazione con il Comune di Ouagadougou – nostro partner di progetto – abbiamo deciso di fare la nostra parte per dare nuova vita al polmone verde della città.

Ad agosto, di fronte alla comunità e alla presenza delle autorità locali e della stampa, in occasione della giornata del rimboschimento di Ouagadougou abbiamo inaugurato un impianto di irrigazione nel quartiere di Kossoghin. Uno château d’eau con 300 metri di perimetro irriguo che permetterà a un’associazione composta da oltre 40 donne di coltivare l’area.

Ma non è tutto: grazie all’aiuto di diversi attori locali, nella stessa giornata sono stati piantati nella zona oltre 1000 alberi, che avranno a disposizione un ampio bacino d’acqua per crescere e consentire così alla foresta di Ouagadougou di tornare a splendere come un tempo. Anche perché, come diceva Sankara; “Planter un arbre fait partie des exigences minimales pour être et durer au Burkina” (Piantare un albero è uno dei requisiti minimi per vivere in Burkina) e noi aggiungiamo “nel mondo”.

 

Mani Tese cerca 5000 “Angeli” per sostenere l’educazione dei bambini

Al via la ricerca di volontari per la campagna “Molto più di un pacchetto regalo!” che quest’anno sostiene i progetti di educazione in Benin e Guinea-Bissau

Studiare è un diritto di tutti e di tutte. Ma per molti, purtroppo, non è così. Per questo motivo, la campagna Molto più di un pacchetto regalo!, l’iniziativa di raccolta fondi natalizia di Mani Tese realizzata in collaborazione con laFeltrinelli, quest’anno sarà a favore dei progetti di sviluppo per l’educazione di bambini e bambine e ragazzi e ragazze in Benin e in Guinea-Bissau. 

Giunta alla sua XIII edizione, la campagna Molto più di un pacchetto regalo! interesserà 50 città e più di 90 librerie e raccoglierà fondi che andranno a sostegno dell’educazione delle bambine in Benin, delle ragazze vittime di violenza di genere e di matrimoni forzati e precoci e dei ragazzi privi di sbocchi lavorativi in Guinea-Bissau.

Per realizzarla, Mani Tese cerca 5000 volontari in tutta Italia per impacchettare regali nelle librerie. I volontari e le volontarie di Mani Tese confezioneranno libri e oggetti acquistati dai clienti delle librerie laFeltrinelli nel periodo prenatalizio (dal 1 al 24 dicembre 2019).

Le offerte raccolte dai volontari andranno a supporto di tre progetti di cooperazione allo sviluppo di Mani Tese in Benin e in Guinea-Bissau.

Studiare per poter contare

In Benin più della metà della popolazione è analfabeta, cifra che per le donne si abbassa addirittura al 27%. Nei comuni di Natitingou, Toucountouna e Kouandé, il tasso di dispersione scolastica sale vertiginosamente: basti pensare che solo nel primo trimestre dell’anno scolastico 2018-2019, l’8% dei bambini iscritti ha abbandonato la scuola.

Il dipartimento dell’Atacora, dove si svolge il progetto di Mani Tese, in particolare, registra un elevato tasso di dispersione scolastica che sta aumentando di anno in anno e si sta diffondendo in varie località a causa, da un lato, del fenomeno dell’esodo rurale massiccio delle popolazioni verso la Nigeria, che comprende anche il traffico di minori, e dall’altro, del persistere di retaggi culturali che spingono i genitori a impiegare le ragazze nei lavori di casa e i ragazzi come forza lavoro nei campi.

Sono in particolare le bambine a non frequentare la scuola o ad abbandonarla precocemente. Le famiglie, quando raggiungono gli 8-9 anni, le coinvolgono nei lavori in casa – come la cura dei fratelli più piccoli, la pulizia e la cucina o il recarsi a prendere l’acqua – che non consentono loro di avere più il tempo per l’istruzione.

Il progetto SCUOLA, DIRITTI E AGROECOLOGIA PER LE BAMBINE E LE DONNE di Mani Tese intende favorire l’istruzione delle bambine attraverso la formazione e la sensibilizzazione sull’importanza della loro educazione. Queste attività sono svolte con i genitori, gli insegnanti, i leader delle comunità ma anche i bambini e le bambine stesse, che vengono coinvolte per costruire una società dove i diritti delle donne, a partire da quello allo studio, siano rispettati.

Studiare per difendersi

La Guinea-Bissau è uno dei sei stati dove si registra il maggior numero di matrimoni precoci di tutta l’Africa (fonte Unicef). Si stima che la percentuale delle donne sposate minori di 18 anni sia infatti del 27%.  (Rapporto Save The Children 2017). Molte ragazze, a causa del matrimonio precoce e della gravidanza, non terminano la scuola. Per eliminare i matrimoni delle bambine entro il 2030, il Paese dovrebbe raggiungere un tasso di riduzione annuale del 19%. Oggi raggiunge solamente il 3.9% (fonte Unicef).

Grazie alla casa rifugio sostenuta da Mani Tese, nell’ambito del progetto LIBERE DALLA VIOLENZA: DIRITTI ED EMANCIPAZIONE PER DONNE E BAMBINE IN GUINEA-BISSAU, le ragazzine vittime di matrimonio forzato e precoce possono sfuggire a questo drammatico destino e trovare un luogo sicuro che fornisca loro – oltre che protezione – un’educazione che le aiuti a diventare consapevoli dei propri diritti e a imparare un mestiere con cui poter essere indipendenti.

Studiare per realizzare i propri sogni

In Guinea-Bissau oltre il 40% della popolazione sopra i 15 anni è analfabeta (Istituto Nazionale di Statistica della Guinea Bissau, 2014). Secondo il rapporto di Save the Children 2017, i minori costretti a lavorare sono ben il 51%. Molti ragazzi e ragazze vivono inoltre in condizioni precarie e sono privi di opportunità lavorative all’interno del proprio territorio.

Mani Tese, con il progetto RIPARTIRE DAI GIOVANI, offre loro una formazione sia scolastica che extrascolastica attraverso borse di studio, corsi e tirocini professionalizzanti in ambito imprenditoriale e informatico per favorire la creazione di nuovi sbocchi lavorativi.

Come diventare volontari/e per “Molto più di un pacchetto regalo!”

Per partecipare a Molto più di un pacchetto regalo! è sufficiente avere 16 anni compiuti e almeno 4 ore di tempo da dedicare all’attività di volontariato.
Sul sito wwww.manitese.it, nella pagina dedicata alla campagna, è possibile visionare la lista di tutti i punti vendita interessati.

Trattato onu su diritti umani e imprese: a che punto siamo?

Proseguono i negoziati, ma mancano certezze sui punti chiave: cronaca sintetica della quinta sessione del Gruppo di Lavoro Intergovernativo delle Nazioni Unite, Ginevra, 14-18 ottobre 2019

di Riccardo Rossella e Giosuè De Salvo *

Dal 14 al 18 ottobre si è svolta a Ginevra la quinta sessione del Gruppo di Lavoro Intergovernativo delle Nazioni Unite per la definizione di un trattato vincolante su imprese e diritti umani. La sessione ha segnato una nuova tappa nel percorso verso l’adozione di uno strumento internazionale giuridicamente vincolante, necessario per superare l’attuale impianto basato su principi guida e codici di condotta di natura volontaria e garantire la responsabilità delle imprese – in particolare quelle a carattere transnazionale – in caso di abusi lungo le loro catene di fornitura e l’accesso alla giustizia da parte delle vittime.

Nei cinque anni trascorsi dal suo avvio ufficiale in seno al Consiglio dei Diritti Umani dell’ONU nel 2014, il Gruppo Intergovernativo, presieduto dall’Ecuador, ha visto un crescente coinvolgimento da parte di Stati, organismi internazionali e realtà della società civile, portando alla definizione di una prima bozza di testo (Zero Draft) nel 2018 e di una nuova versione (Revised Draft) nel luglio 2019. Se l’avanzamento del processo negoziale e la crescente attenzione sul tema rappresentano segnali incoraggianti, la strada per il raggiungimento di un accordo realmente incisivo appare, però, ancora lunga. La sessione da poco conclusa ha infatti fornito un’ulteriore conferma delle resistenze dei Paesi che sono sede delle maggiori imprese multinazionali. In particolare, Russia e Cina hanno osteggiato a più riprese le proposte maggiormente progressiste, mentre i diplomatici dell’Unione Europea – che nel 2014, insieme a quelli degli Stati Uniti, avevano votato contro l’istituzione del gruppo di lavoro –  si sono nuovamente astenuti dal partecipare attivamente al negoziato adducendo come motivazione, ormai ricorrente, l’assenza di un mandato chiaro da parte della Commissione Europea e degli Stati Membri.
Le diverse posizioni tra Stati, oltre che tra i diversi stakeholder, fanno sì che quelli che dovrebbero essere gli elementi portanti del trattato restino ancora oggetto di discussione. La versione del testo alla base del round di negoziati appena conclusosi era del resto già stata bersaglio di critiche da parte delle organizzazioni della società civile, che a livello globale stanno attivamente contribuendo al processo e monitorandone l’evoluzione attraverso reti e campagne quali la Treaty Alliance, di cui Mani Tese fa parte, o la Global Campaign to Dismantle Corporate Power and Stop Impunity.
Tra i punti che destano maggiore preoccupazione rientrano: l’allargamento del campo di applicazione del trattato dalle società transnazionali a tutte le tipologie di società; l’incertezza rispetto all’effettiva previsione di obblighi giuridici direttamente in capo alle imprese, invece che agli Stati, facendole diventare per la prima volta nella storia soggetti del diritto internazionale; la necessità di superare il principio cardine secondo cui la case madre di una “big corporation” non può essere portata in giudizio in Europa o negli Stati Uniti o un’altra nazione industrializzata per rispondere degli abusi compiuti da imprese da loro controllate in Paesi terzi che non sono in grado di garantire un equo processo alle vittime.

Si tratta di questioni essenziali per il fine ultimo del trattato: superare l’attuale sistema di impunità di cui le imprese multinazionali godono e che consente loro di eludere le giurisdizioni dei singoli Stati, anche attraverso l’influenza esercitata sulle istituzioni finanziarie internazionali e sugli accordi commerciali e di tutela degli investimenti siglati tra gli Stati stessi. Non è un caso infatti che, oltre alle questioni aperte appena citate, un altro tema cruciale sia l’inserimento del principio di supremazia della protezione dei diritti umani sulla protezione dei diritti economici previsti da queste due tipologie di accordi. In sua assenza il rischio è quello di perpetrare un sistema in cui i meccanismi di risoluzione delle controversie tra Stati e imprese, i famigerati ISDS (Investment Dispute Settlement Body), sacrificano la sovranità dei popoli sull’altare degli interessi economici e finanziari.

Gli input alla discussione forniti dai vari stakeholder andranno ora ad alimentare una nuova bozza di testo, attesa entro giugno 2020. L’auspicio è che questa possa costituire un passo in avanti sostanziale nella giusta direzione, ovvero dotare la comunità internazionale di un trattato vincolante capace di garantire la protezione delle persone e delle comunità che si sono viste violate nelle loro libertà fondamentali e negli ecosistemi da cui dipendono. Mani Tese continuerà a monitorare il processo negoziale, collaborando in modo fattivo con la società civile globale per far sì che questo avvenga.

Per un approfondimento di quanto accaduto giorno per giorno durante la sessione negoziale si vedano i bollettini della European Coalition for Corporate Justice, di cui Mani Tese è membro.

 

*  Area Advocacy, Educazione e Campagne di Mani Tese 

 

 

Mani Tese indice un premio per neolaureati con un’idea per cambiare il mondo!

Verrà premitata la migliore tesi su “business, diritti umani e ambiente” con un contributo monetario per la specializzazione post laurea.

Mani Tese lancia un premio dedicato alle migliori tesi di laurea con un’idea in grado di coniugare sviluppo economico, giustizia sociale e ambientale.

Il Premio Mani Tese per tesi di laurea su “business, diritti umani e ambiente” intende infatti promuovere le migliori idee che circolano in ambito universitario su come superare gli attuali modelli di impresa ad alto impatto sociale e ambientale e come sostanziare la cultura dei diritti umani e dell’ecologia integrale in azienda e, più in generale, nei sistemi economici che consentono di distribuire ricchezza e opportunità.

A chi è rivolto
Il Premio è riservato a laureati/e di tutte le facoltà e i master nell’anno accademico 2018/2019 (entro la data di scadenza del bando) di ogni età, nazionalità e genere che intendano proseguire i loro studi su temi affini a quelli del premio.

Il premio
Il Premio consiste in un contributo monetario fino a un massimo di 3.500 euro a copertura delle spese di iscrizione a master o corsi di specializzazione in partenza nell’anno 2020.

Come partecipare
La partecipazione al Premio è gratuita. Per concorrere è necessario compilare il modulo di iscrizione allegando, oltre alla tesi completa in formato PDF, la propria biografia, l’abstract della tesi e l’indicazione e i collegamenti a possibili master/corsi che si intendono frequentare nel 2020.
Il termine di scadenza per l’invio delle tesi è il 24 novembre 2019. I risultati della selezione saranno annunciati entro il 20 dicembre 2019.

La giuria
La selezione dei vincitori sarà rimessa all’insindacabile giudizio della Giuria – composta da accademici e/o esperti del settore di Mani Tese, Oxfam Italia, Action Aid Italia, Fondazione Finanza Etica, Fondazione Sodalitas, Comune di Milano e WWF Italia – sulla base degli elaborati presentati, avendo come principali criteri di valutazione: l’aderenza al tema, l’originalità dello studio, la qualità scientifica, il grado di visionarietà della tesi proposta.

I promotori del premio
Il premio si inserisce all’interno del progetto “New Business for Good”, realizzato con il contributo di Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS), supportando il programma di Mani Tese MADE IN JUSTICE per una cultura dei diritti umani e del rispetto dell’ambiente nelle aziende e nella società.

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Blockchain Fighting Poverty

Corso di formazione gratuita per promuovere la conoscenza di questa nuova tecnologia ed evidenziarne le potenzialità per la cooperazione internazionale.

Blockchain è ormai un termine che negli ultimi mesi è sulla bocca di tutti.

Blockchain fighting poverty” è il corso per conoscere i possibili campi di applicazione di questa tecnologia nel settore della cooperazione internazionale, che Mani Tese e Gnucoop organizzano a novembre a Milano presso la sede di Mani Tese.

Il corso è rivolto a operatori della cooperazione internazionale e a chi, in particolare, gestisce progetti di distribuzione in contesti di emergenza o di filiere produttive.

Il corso è completamente gratuito perché inserito all’interno dell’iniziativa Innovazione per lo sviluppo promossa da Fondazione Cariplo e Compagnia di San Paolo.

Per informazioni ed iscrizioni https://academy.gnucoop.com/course/view.php?id=5.

 

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A Milano arriva la School Week!

Dal 18 al 22 ottobre 2019 si tiene la prima settimana dedicata alle scuole organizzata dal Municipio 8 del Comune di Milano.

Non solo Fashion Week, Design Week, Movie Week…A Milano non poteva mancare la School Week, la settimana dedicata alle scuole organizzata dal Municipio 8!

L’intento di questa prima iniziativa, per ora su scala municipale, è mettere al centro dell’attenzione il mondo delle scuole non solo come luoghi di formazione per eccellenza ma come presidi culturali di tutto il territorio.

La School Week è promossa da Municipio 8 Comune di Milano, Sistema Bibliotecario Milano, Mani Tese e Università degli Studi di Milano Bicocca con il patrocinio del Comune di Milano.

Le scuole della zona con le loro attive associazioni dei genitori, supportate dal Municipio 8, propongono diverse iniziative per creare un momento di riflessione collettiva sulle tante buone pratiche formative già presenti e sui modi per estenderle.

Dal 18 al 22 ottobre 2019 verranno coinvolti bambini/e e ragazzi/e in una serie di attività e laboratori in tutte le biblioteche scolastiche e civiche della zona.
La giornata clou della settimana sarà la giornata del 19 ottobre presso il Centro Civico di Via Quarenghi 21 con la mattina, dalle 9.00, dedicata a dibattiti su edilizia scolastica e metodi educativi e all’animazione e laboratori gratuiti per bambini/e. Il pomeriggio, dalle 14.30, sarà dedicato a un open day di tutte le scuole superiori del Municipio 8 e un World Cafè sulle Scuole Aperte con quattro aree tematiche.

Clicca sull’immagine e scarica il programma dettagliato degli eventi:

Il programma della giornata del 19 ottobre:

NAPOLI, RIPETUTE INTIMIDAZIONI A MANI TESE: NOI ANDIAMO AVANTI

Ben tre atti intimidatori in 10 giorni. Sono quelli che hanno colpito, nelle scorse settimane, la sede di Mani Tese a Napoli. Vetri rotti, immobili danneggiati, scritte con spray, il furto di un modesto incasso (150 euro) che l’associazione Mani Tese Campania devolve in progetti di sviluppo sociale per chi ha poco o nulla. “Non […]

Ben tre atti intimidatori in 10 giorni. Sono quelli che hanno colpito, nelle scorse settimane, la sede di Mani Tese a Napoli.

Vetri rotti, immobili danneggiati, scritte con spray, il furto di un modesto incasso (150 euro) che l’associazione Mani Tese Campania devolve in progetti di sviluppo sociale per chi ha poco o nulla.

“Non siamo arrabbiati, siamo solo molto tristi – sono stati i commenti a caldo dei volontari e delle volontarie all’indomani di uno degli ennesimi atti vandalici – Mani Tese ha una missione: la giustizia sociale, e ci aspettiamo che ognuno possa sentirsi partecipe e coinvolto in questa lotta per il benessere e la pace di tutti. Quando ciò non succede, possiamo solo rimboccarci le maniche e ricominciare”.

Diverse le ipotesi sull’origine delle intimidazioni. Si pensa alla pista della rete degli usurai per via dell’importante lavoro anti usura che l’associazione svolge sul territorio: Mani Tese, attraverso le sue iniziative sociali e di micro credito, di fatto sottrae decine di vittime agli strozzini nel quartiere.

Di certo Mani Tese a Napoli è scomoda, come lo sono tutte le organizzazioni che si occupano degli ultimi, dando vita a un contesto sociale in cui prevalgano la solidarietà e l’integrazione.

Mani Tese Campania è presente da 25 anni in piazza Cavour, anche con un mercatino dell’usato. “La sede in piazza Cavour rimane. – Ne è certo Paolo Greco, Presidente di Mani Tese CampaniaResta per erogare servizi per tutte le persone, senza distinzione, e per ospitare organizzazioni anche contro l’usura”.

Agli atti intimidatori e di vandalismo rispondiamo con l’azione su e per il territorio – aggiunge Paolo confermando l’apertura verso l’intera cittadinanza e avvalendoci di percorsi di co-progettazione per rispondere sempre di più ai bisogni che ci giungeranno da chi vive la piazza e il quartiere”.

A conferma di queste parole, la presentazione di Mani Tese delle nuove attività dell’Agenzia di cittadinanza per la Terza Municipalità, , avvenuta a poca distanza dagli atti vandalici. Tante le iniziative che verranno realizzate nel nuovo anno: assistenza agli anziani, progetti per i minori a rischio, corsi di italiano, percorsi di affiancamento per il reddito d’inclusione, arredo urbano per riscattare piazza Cavour…

“Siamo vicini alle amiche e agli amici di Napoli – dichiara Sara de Simone, Presidente di Mani TeseColpendo Napoli, hanno colpito tutti noi di Mani Tese impegnati in una comune lotta di impegno di giustizia. Un impegno che dura da oltre 55 anni e che non abbiamo nessuna intenzione di cessare o di ridimensionare. È dal 1964 che promuoviamo valori come solidarietà e integrazione a fianco degli ultimi. Non ci hanno fermati prima e non ci fermeranno adesso”.

“Per l’anno prossimo – conclude de Simonel’Ong sta progettando la realizzazione di un importante evento di sensibilizzazione sul tema della sostenibilità e sarà proprio Napoli la città in cui stiamo pensando di organizzarlo”.

ECUADOR: CAUSE E CONSEGUENZE DI UNA CRISI ANNUNCIATA

Da una settimana l’Ecuador è un paese fuori controllo: manifestazioni pacifiche represse nel sangue, governo in esilio e saccheggi.

di Tancredi Tarantino, cooperante e docente universitario, collaboratore storico di Mani Tese in Ecuador

Da una settimana l’Ecuador è un paese fuori controllo. Le manifestazioni di indigeni, lavoratori e studenti si susseguono in tutto il paese, mentre la repressione da parte di esercito e polizia si fa sempre più violenta e indiscriminata. Il Governo ha abbandonato la capitale e il Parlamento è chiuso da giorni. Lo stato d’emergenza, decretato dal Presidente Lenín Moreno, limita le libertà fondamentali dei cittadini mentre il coprifuoco riduce la mobilità nelle ore notturne. I saccheggi e le rapine sono numerosi in tutto il paese e lo Stato è assente.

Ad accendere le proteste della popolazione locale è stata l’adozione da parte del governo, lo scorso 2 ottobre, di una serie di misure di riduzione della spesa pubblica. L’esecutivo, senza nessun dialogo previo con le parti sociali, ha eliminato i contributi pubblici sulla benzina, ridotto il salario degli impiegati statali e dimezzato i giorni di ferie.

A dettare il nuovo corso della politica economica ecuadoriana è il Fondo Monetario Internazionale che, a fronte di un credito di oltre 4 miliardi di dollari, concesso per contrastare la recessione e la mancanza di liquidità che opprime il paese sudamericano, ha preteso una serie di aggiustamenti strutturali volti a ridurre la spesa pubblica, flessibilizzare il mercato del lavoro e privatizzare le aziende pubbliche che godono di buona salute.

Un accordo, quello con l’Fmi, le cui negoziazioni sono avvenute nella massima riservatezza, senza alcun dialogo con la popolazione e senza un passaggio formale in Parlamento, come previsto invece dalla Costituzione ecuadoriana.

A scendere in strada per primi sono stati i lavoratori del settore dei trasporti, che il 3 ottobre hanno indetto uno sciopero generale per protestare contro l’aumento del combustibile. Dalla sera alla mattina, la benzina è aumentata del 20% mentre il prezzo del diesel è raddoppiato, con conseguenze preoccupanti anche per la produzione e il trasporto delle merci.

Nei mercati, il prezzo dei prodotti è aumentato immediatamente, e in alcuni casi è più che raddoppiato. Con la conseguenza che, mentre i tassisti paralizzavano Quito, le organizzazioni indigene si riversavano in strada bloccando le principali arterie del paese e annunciando una marcia verso la capitale.

Così, quando in seguito ad un accordo con il governo che garantiva l’aumento delle tariffe, i tassisti e gli autisti d’autobus hanno annunciato la fine dello sciopero, gli indigeni e i contadini stavano già camminando verso Quito. E la protesta dilagava anche in altre città del paese.

Per fronteggiare una situazione che fin da subito è sembrata scappare di mano al governo, il presidente Moreno ha decretato lo stato d’emergenza, limitando il diritto di associazione, la libertà d’espressione e l’inviolabilità del domicilio. Successivamente, ha lasciato la capitale, spostando il governo a Guayaquil, principale centro economico del paese, e decretando il coprifuoco dalle 20:00 alle 5:00, in prossimità di edifici dello Stato e altri luoghi sensibili.

Nel frattempo, il 7 ottobre, gli indigeni hanno raggiunto la capitale e si sono uniti alle proteste cittadine, chiedendo al governo di ritirare il pacchetto di riforme approvato.

Con un atto dimostrativo, l’8 ottobre, i manifestanti hanno occupato per qualche ora il Parlamento e chiesto le dimissioni del presidente Moreno. Nelle stesse ore, un mandato di perquisizione veniva emesso contro la Radio Pichincha, una radio pubblica di opposizione al governo Moreno che sta raccontando le proteste di questi giorni. Una ventina di poliziotti ha fatto irruzione nella sede della radio, sequestrando prove relative alle trasmissioni degli ultimi giorni. Il giorno successivo, Arcotel, l’autoritá locale per le telecomunicazioni, ha sospeso le attività della radio, che è stata così costretta a chiudere.

A Quito, cuore delle manifestazioni di questi giorni, le proteste si concentrano soprattutto nel centro-nord della città, dove hanno sede alcune delle istituzioni principali dello Stato. Finora, la repressione da parte di esercito e polizia è stata violenta e indiscriminata, tanto da allertare anche alcuni organismi internazionali, come la Commissione Interamericana dei Diritti Umani che ha manifestato la propria preoccupazione per la violenza esercitata dalle forze dell’ordine contro i manifestanti.

Gas lacrimogeni e proiettili di gomma sono stati sparati ad altezza d’uomo da esercito e polizia, ferendo diversi manifestanti e prendendo di mira zone neutrali dove vengono assistiti i manifestanti e i feriti. È quanto accaduto nelle ultime ore nella Casa della Cultura Ecuadoriana e nelle università Cattolica e Salesiana. Secondo quanto riportano i volontari che stanno garantendo una prima assistenza medica in quei luoghi, due bambini e due anziani sarebbero morti per asfissia a causa dei gas lacrimogeni sparati tra i pazienti.

Di fronte alla persecuzione che sta subendo anche il personale medico, la Croce Rossa ha sospeso le proprie attività chiedendo al governo che si riconosca la neutralità dell’organizzazione umanitaria.

E mentre la ministra dell’Interno, María Paula Romo, si è scusata pubblicamente per la repressione nei centri di accoglienza e di prima assistenza medica, in alcune città si registrano saccheggi e atti di vandalismo contro negozi e case.

Al momento, sono circa 800 le persone arrestate e almeno due i morti. Ma gli scontri a Quito non accennano a diminuire. In un comunicato, diramato il 9 ottobre, l’esercito si deresponsabilizza per eventuali episodi violenti che possono accadere nel corso delle manifestazioni. “Gli unici responsabili – si legge nel comunicato – saranno coloro i quali attenteranno contro l’ordine pubblico”.

Intanto, le Nazioni Unite stanno dialogando con l’esecutivo e con la Conaie, la principale confederazione indigena del paese, per provare a mediare tra le parti e arrivare ad un accordo per riportare la calma nel paese. Accordo che, al momento, non è stato raggiunto.