NO A MATRIMONI FORZATI E VIOLENZA DI GENERE: UN NUOVO PROGETTO IN GUINEA-BISSAU

Il 7 marzo, in occasione della Giornata Internazionale della Donna, si terrà l’evento di lancio guineense del progetto “LIBERE DALLA VIOLENZA”

Si terrà mercoledì 7 marzo, in occasione della Giornata Internazionale della Donna, l’evento di lancio guineense del progetto “LIBERE DALLA VIOLENZA: DIRITTI ED EMANCIPAZIONE PER LE DONNE IN GUINEA-BISSAU” (titolo originale: No na cuida de no vida, mindjer – Emancipazione e diritti per ragazze e donne in Guinea Bissau – progetto pilota) promosso dall’ONG Mani Tese, capofila, in collaborazione con ENGIM (Ente Nazionale Giuseppini del Murialdo), FEC (Fundaçao Fé e Cooperaçao), GEIOJ (Gabinete Estudos Informaçao e Orientaçao Juridica) e RA (Rede Ajuda), cofinanziato dall’Unione Europea.

“In tutto il mondo, la violenza contro le donne lascia trasparire l’eredità storica di una società marcata dalla discriminazione di genere – dichiara Paola Toncich, Coordinatrice del progetto di Mani Tese – ma in Guinea-Bissau assume forme diverse e ancora più atroci rispetto a quelle conosciute in Europa, come il matrimonio forzato, il matrimonio precoce e la mutilazione genitale femminile”.

La violenza di genere in Guinea-Bissau

Secondo uno studio* realizzato nel 2011 da organizzazioni di difesa e promozione dell’uguaglianza di genere, l’85% della violenza contro le donne guineensi si manifesta nell’ambiente familiare e nel 67% dei casi gli aggressori sono i coniugi, mentre nel 33% altri membri della famiglia.

Nonostante nel 2014 in Guinea-Bissau sia stata promulgata la “Legge sulla criminalizzazione di tutti gli atti di violenza praticati nell’ambito delle relazioni domestiche e familiari”, non esistono a oggi casi giudicati.

Lo stesso studio indica che nel Paese, tra il 2006 e il 2010 sono stati registrati dalle autorità giudiziarie e di sicurezza 23.193 casi di violenza domestica ma il 71% delle vittime intervistate non ha mai sporto denuncia. In media, solo 5 casi di violenza domestica vengono denunciati al giorno in tutto il Paese. (*“Quadro legal dos direitos humanos”, Liga guineense dos direitos humanos, settembre 2015).

Tre i fattori che dissuadono le donne dal denunciare: la mancanza di conoscenza delle legge e dei diritti legali delle donne; la carenza di competenza di strutture statali e in particolare della polizia; l’assenza di capacità dello stato e delle organizzazioni tradizionali di proteggere le vittime.

I matrimoni forzati

La situazione di incertezza sui dati si acuisce maggiormente quando si analizza il fenomeno del matrimonio forzato, ossia l’unione tra persone senza consenso o contro la volontà dei coniugi o di uno dei coniugi, che in Guinea-Bissau non è ancora stato normato in violazione agli obblighi nazionali e internazionali, in particolare quelli della Costituzione della Repubblica (che proibisce la violenza fisica e morale) e della Convenzione sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione della donna (CEDAW), adottata nel 1979 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, che la Guinea Bissau ha ratificato nel 1985.

In Guinea-Bissau la pratica del matrimonio forzato è comune a quasi tutte le etnie, che sono più di una decina: il 41% delle donne intervistate in uno studio del 2011 (“Un ritratto di violenza contro le donne in Guinea-Bissau”) ha dichiarato di non aver partecipato alla scelta del marito. In mancanza di una norma di diritto positivo, è infatti quello consuetudinario a essere implementato che determina 14 anni come età minima del matrimonio per le donne.

“Il matrimonio forzato – prosegue Paola Toncich – oltre a influenzare il principio di libertà e di auto-determinazione delle donne, mette in pericolo la loro integrità fisica e morale e rende la situazione ancora più allarmante quando associato al matrimonio precoce, con conseguenze come abusi sessuali, gravidanze precoci, abbandoni scolastici e mortalità materna”.

Il progetto LIBERE DALLA VIOLENZA

È in questo contesto che prende il via il progetto finanziato dall’Unione Europea “LIBERE DALLA VIOLENZA”, il cui nome originale è ‘No na cuida de no vida, mindjer – Emancipazione e diritti per ragazze e donne in Guinea Bissau – progetto pilota’ che in creolo, la lingua locale, significa ‘Noi ci prendiamo cura della nostra vita’.

L’impossibilità di accesso delle donne al sistema giudiziario formale è una delle sfide da affrontare per assicurare alle vittime sia la protezione giudiziaria che della polizia, insieme a quella di garantire i servizi sociali di emergenza per facilitare il recupero e il reinserimento sociale delle donne vittime di violenza e delle ragazzine che scappano dal matrimonio forzato.

Il ruolo di Mani Tese all’interno del progetto sarà proprio quello di rafforzare, in collaborazione con GEIOJ (Gabinete Estudos Informaçao e Orientaçao Juridica), i centri di accesso alla giustizia e la polizia locale attraverso una formazione specifica sull’argomento e costruendo una rete integrata di accompagnamento e servizi specifici per le vittime, in cui saranno coinvolti anche i responsabili dei servizi psicosociali.

“Nel Paese si creeranno ed equipaggeranno tre centri regionali di servizio di attenzione alla vittima e una casa rifugio, che si occuperanno di fornire assistenza educativa, psicosociale e legale – conclude Paola Toncich – Inoltre si selezioneranno alcuni spazi informali, costituiti da un certo numero di famiglie che, in modo autonomo e indipendente, accolgono le donne. L’obiettivo è dotare questi differenti spazi d’accoglienza di una metodologia comune, da costruire attraverso la partecipazione dei partner, delle organizzazioni della società civile e dei ministeri competenti”.

Le attività si svolgeranno in collaborazione con la ONG portoghese Fundaçao Fe E Cooperaçao (FEC) e l’associazione italiana Ente Nazionale Giuseppini del Murialdo (ENGIM). La prima si occuperà di educazione parentale e coniugale in 46 comunità di 4 regioni del Paese (Quinara, Tombali, Bafatá e Gabu) attraverso il partner locale Rede Ajuda (RA), che formerà agenti socio-comunitari. Oltre alla formazione, FEC promuoverà anche campagne di sensibilizzazione nelle comunità selezionate sui diritti delle donne e delle ragazze e rafforzerà i centri regionali per il sostegno alle vittime e la linea telefonica esistente per le denunce.

ENGIM si concentrerà principalmente sulla prevenzione della violenza di genere e sull’empowerment delle donne guineensi attraverso l’attivazione di un corso di formazione professionale in hoteleria e gestione domestica rivolto alle ragazze dai 12 ai 14 anni residenti nel settore autonomo di Bissau per favorire l’acquisizione di competenze professionali e garantire nel contempo una celere segnalazione dei casi sospetti di violenza. Inoltre promuoverà il sostegno di 4 microimprese di donne e la creazione della prima agenzia di occupazione per le donne.

I diversi attori coinvolti si riuniranno periodicamente intorno a un tavolo tematico che avrà, come obiettivo, quello di lavorare alla costruzione di un Piano nazionale di prevenzione e lotta contro la violenza domestica e di genere per diffondere una cultura di pace e uguaglianza di genere.