STORIA DI UN BAMBINO TALIBÈ: AMADOU

Costretto per anni a mendicare da un presunto maestro coranico, è stato trovato dalla RAO (Rete dell’Africa dell’Ovest) e ora vive in una comunità a Bafatà.

Una testimonianza di Junior João Malaca, assistente sociale del progetto “Investire sul futuro: protezione, formazione e occupazione per i migranti di ritorno, i migranti potenziali ed i migranti minori non accompagnati in Senegal, Gambia e Guinea-Bissau”, cofinanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo. Amadou è un nome di fantasia per proteggere la privacy del minore.

Amadou, un ragazzo di 13 anni, è orfano ed è il più piccolo di quattro fratelli. Si trova insieme a uno dei fratelli nella comunità di São Domingos Badoora, nella regione di Bafatà (Guinea-Bissau), dove è arrivato nel novembre scorso in seguito a una delicata operazione di advocacy (le frontiere erano infatti chiuse a causa della pandemia di Covid-19).

La storia di Amadou è una storia di sofferenza e sfruttamento, come quella di tanti bambini della Guinea-Bissau che non hanno avuto la fortuna di nascere in una famiglia agiata. Qualche anno prima, infatti, la sorella più grande di Amadou, che dopo la morte dei genitori si prendeva cura della famiglia, aveva deciso di mandarlo a studiare in Senegal, presso un presunto maestro coranico (Tcherno in lingua locale) che assicurava di potersi prendere cura del ragazzo.

Amadou non voleva andare e provò addirittura a fuggire, ma non ci fu nulla da fare, anche perché il maestro era venuto a prelevarlo di persona. Arrivato in Senegal, però, il ragazzo capì immediatamente che la realtà che lo attendeva era ben peggiore di quanto avesse potuto immaginare.

Amadou, infatti, non studiò il Corano, né migliorò la sua educazione, ma trascorse il suo tempo per strada a mendicare, nella speranza di racimolare denaro da consegnare al proprio aguzzino e conservando possibilmente qualcosa per comprare del cibo per sé. Trascorse così 3 anni, vivendo a Dakar in una piccola casa con altri 10 bambini nella sua stessa situazione.

A giugno 2020, però, il governo senegalese, preoccupato per la pandemia, impose il coprifuoco e ordinò che tutte le persone che vivevano per strada, bambini compresi, venissero portati al sicuro. Così, un giorno, approfittando della distrazione delle persone che lo controllavano, Amadou scappò e venne trovato da alcuni membri della RAO (Rete dell’Africa dell’Ovest) che si occupa di protezione dei minori nell’area.

Amadou ci ha poi raccontato che se fosse stato preso dai suoi aguzzini sarebbe stato picchiato, ma quello era un trattamento a cui era abituato se non raccoglieva abbastanza soldi a fine giornata e quindi valeva la pena tentare la fuga.

Il ragazzo, dopo questa terribile esperienza, si è reintegrato bene nella comunità, gioca con gli altri bambini e partecipa alle attività che vengono organizzate. Ha anche ripreso a frequentare la piccola moschea del villaggio perché anche da casa è possibile apprendere gli insegnamenti coranici.

Mani Tese ha consegnato ad Amadou materiale scolastico e ha pagato un anno di iscrizione presso la scuola del vicino villaggio, dove potrà recarsi ogni giorno con la bicicletta che gli è stata messa a disposizione dall’associazione AMIC (Amici dei bambini). Nei prossimi mesi monitoreremo la situazione grazie al telefono cellulare che abbiamo consegnato al fratello, parlando col maestro della scuola e realizzando altre missioni di campo.

Da quando è iniziato il progetto “Investire sul futuro”, sono più di 150 i bambini talibè guineensi individuati in Senegal. Il nostro impegno è quello di occuparci di tutti loro e quindi il lavoro da fare è ancora molto.

Alcune foto di João, assistente sociale del progetto, insieme ad Amadou e al fratello maggiore di Amadou all’interno della comunità.

Alcune foto della comunità di São Domingos Badoora.