RIMESSE E MIGRAZIONI: FATICHE E SPERANZE DEI MIGRANTI BURKINABÈ

L’Associazione Watinoma ha recentemente realizzato una campagna di Teatro forum sul tema delle rimesse, ovvero quelle somme di denaro che i migranti inviano ai loro Paesi d’origine.

Nel quadro del progetto “Imprese sociali innovative e partecipazione dei migranti per l’inclusione sociale in Burkina Faso”, cofinanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo sviluppo (AICS) e dalla Fondazione Maria Enricauno dei partner di progetto, l’Associazione Watinoma di Koubri, con sede a qualche km dalla capitale, ha recentemente realizzato una campagna di Teatro forum nella regione di Centre-Est, ovvero la zona da cui parte la maggior parte dei migranti burkinabé che cercano fortuna in Europa. Il progetto è realizzato nelle Regioni del Centro-Ovest e del Centro-Est da un partenariato composto oltre che delle già citate Mani Tese e Associazione Watinoma da ACRACeSPIComune di Milano, Comune di Ouagadougou, Chico MendesItal-Watinoma e le controparti locali FIAB e FENAFERB.

Il tema affrontato dall’attività proposta da Watinoma è stato quello delle rimesse, cioè di come vengono spesi e come invece sarebbe opportuno venissero spesi i soldi che i membri della diaspora inviano nel loro Paese di origine da ogni parte del mondo: infatti spesso le famiglie rimaste a casa non si rendono conto che il denaro che viene loro inviato è frutto di grossi sacrifici e viene sperperato in futilità che non aiutano affatto lo sviluppo del Paese e ad ogni invio seguono infinite nuove richieste che mettono in difficoltà non da poco il migrante stesso. Attraverso la tecnica del Teatro Forum (uno spettacolo interattivo, in cui il pubblico ha la possibilità di commentare e schierarsi con l’una o l’altra parte) abbiamo cercato di raccontare questa realtà che non è affatto semplice o immediata da comunicare.

Le risposte che abbiamo ottenuto sono state molto diverse soprattutto da parte degli uomini e da parte delle donne. Gli uomini hanno spesso testimoniato che la migrazione è una decisione sofferta, determinata dalla mancanza di prospettive di lavoro stabile e ben retribuito in Burkina Faso e anche da una certa pressione sociale: chi non parte è un fannullone senza coraggio, un debole che non onora la sua famiglia, rispetto a coloro che hanno viaggiato e hanno potuto costruire delle belle case per i propri cari (la casa in mattoni è da sempre uno status quo). D’altra parte sono consapevoli che la gestione non oculata dei fondi, non solo è uno spreco, ma spesso genera conflitti e divisioni in famiglia, perché di solito è l’uomo più anziano che riceve le rimesse dai parenti lontani e a volte, spesso, succede che li tenga semplicemente per sé, senza pensare al benessere generale della famiglia o del villaggio ed è rarissimo che vengano utilizzati per attività di vero sviluppo.

Le donne d’altro canto, hanno espresso il loro sentimento d’abbandono, un altro tema molto importante che riguarda le migrazioni: si sposano giovani, il marito parte per fare fortuna e loro restano sole spesso senza avere notizie per anni e anni (perché il compagno rimane vittima del viaggio o perché una volta arrivato non si occupa più di loro), senza possibilità di rifarsi una vita perché legalmente legate al marito. Nei casi peggiori alcune di loro, per poter sopravvivere e far fronte alle spese della famiglia, si prostituiscono nella zona delle miniere d’oro. Ci sono anche dei casi più fortunati, con un marito all’estero che però contribuisce con le rimesse al loro sostentamento, ma anche queste fortunate sono insoddisfatte: dicono che i soldi che il marito migrante fa arrivare loro, non sono sufficienti perché ciò che manca è l’amore della vita condivisa nel quotidiano. In generale le donne vorrebbero che i propri mariti contribuissero alle responsabilità della famiglia senza partire o che, se partono, possano poi ricongiungersi nel Paese di destinazione per poter vivere insieme.

Sono tanti spunti importanti che emergono, a dimostrare quanto la tematica sia sensibile e attuale. Le migrazioni dal Burkina Faso verso l’Italia hanno conosciuto un’epoca d’oro, negli anni 90, quando prendere un aereo per arrivare era più semplice e con una sanatoria si poteva sperare in documento regolare in relativamente poco tempo, ma nonostante gli sforzi dei migranti di allora, spesso comunque impiegati in occupazioni non molto redditizie (braccianti e operai per la maggiore), nella realtà di villaggio i risultati non si vedono. Tantissime rimesse inviate per costruire case di mattoni e cemento che non vengono mai completate e che crollano dopo anni di abbandono, telefonini e scarpe ultimo modello. E quando “l’italien” rientra “au Pays” per vedere i suoi cari, viene tartassato: tutti nel villaggio devono avere la loro parte, un regalo o una busta di denaro, perché lui può, fa la bella vita nel loro immaginario. Poco importa se l’italien in questione si sia indebitato per quel viaggio. È difficile stimolare una visione d’insieme, cercare di far capire che quel denaro, messo insieme, poteva servire a costruire un’impresa per dare lavoro a delle persone e generare altro reddito, per esempio, e far sì che i giovani potessero rimanere accanto alle loro famiglie senza abbandonarle per andare a cercare fortuna.

Noi con il progetto, oltre a quest’importante attività di sensibilizzazione, abbiamo proposto un utilizzo diverso delle rimesse e inizialmente sei Associazioni di migranti del Burkina Faso in Italia hanno aderito alla proposta. Di queste, a seguito di una selezione, solo quattro ed in particolare Song Taba di Napoli, UABT e Solidarieta Sabtenga di Treviso e Ligue culturelle des jeunes du Burkina Faso di Montebelluna (TV), accompagnate dal partner CeSPI, hanno proseguito con le attività di progetto. Esse hanno costituito un partenariato con altrettante Associazioni o cooperative in Burkina Faso già attive nella produzione e trasformazione di prodotti agro-alimentari e desiderose di rafforzare ed espandere la propria attività. Insieme hanno elaborato un progetto di sviluppo delle attività economiche che è stato successivamente accompagnato dai tecnici del progetto in Burkina Faso.

Dopo le formazioni i quattro progetti sono stati selezionati per una donazione a fondo perduto per l’acquisto di materiali ed equipaggiamenti per sviluppare l’attività. La condizione per ricevere la donazione è stata che ci fosse una partecipazione economica almeno del 10% del costo complessivo dell’intervento da parte dell’Associazione della Diaspora in Italia. Tutte quattro le citate Associazioni hanno aderito e un loro rappresentante si è anche recato in Burkina Faso, per accompagnare e lavorare fianco a fianco con l’associazione partner in Burkina Faso per due o tre settimane. È una piccola esperienza ma pensiamo significativa e che può fare da modello ad altre in futuro. Rimesse per lo sviluppo è possibile.