La Guinea Bissau presenta un indice di sviluppo umano molto basso (0,364) e si colloca al 176° posto su 185 paesi (dati 2013). In altri termini 2/3 della popolazione vive con meno di 2 $ al giorno.
Alla situazione economica si somma l’estrema instabilità politica. Ricordiamo al riguardo l’ultimo colpo di stato dell’aprile 2012, dopo il quale le elezioni del 2014 danno qualche speranza di rilancio e di stabilizza.
Anche la situazione delle strutture carcerarie, con le loro gravi carenze, portano sovente ad un quasi nullo rispetto dei diritti umani e della dignità dei detenuti, nonostante il piano strategico nazionale per il settore della giustizia auspichi le migliori intenzioni riguardo l’adeguamento delle strutture alle riforme legislative ed alla formazione degli ospiti.
Guinea Bissau
Bissau, Guinea-Bissau
Guinea Bissau
Bafatá, Guinea-Bissau
Guinea Bissau
I due progetti, dei quali uno (il 2322) rappresentava il potenziamento ed il proseguimento dell’altro (il 2309), hanno agevolato il reinserimento economico e sociale dei detenuti e cercato di tutelare i loro diritti, potenziando l’offerta educativa e formativa, favorendo la nascita di attività economiche dei detenuti all’interno degli istituti di pena, appoggiandone il proseguimento all’esterno, accompagnando le istituzioni pubbliche nel cammino di tutela dei diritti delle persone ed incrementando la consapevolezza della società civile al riguardo.
Dettagli di progetto
Paese
Guinea Bissau,
Località
Centri di reclusione di Bissau, Bafatà e Mansoa,
destinatari
150 detenuti ed indirettamente le loro famiglie (ca. 750 persone)
Sono state realizzate le seguenti attività:
- Assistenza psicologica e sociale ai detenuti ed alle loro famiglie con incontri sia individuali che di gruppo. Sono stati coinvolti allo scopo due assistenti psicosociali esperti, in collaborazione con il locale Comitato Nazionale dei Volontari.
- Corsi di alfabetizzazione, matematica, storia ed educazione civica, aperti anche alle guardie carcerarie che ne hanno fatto richiesta.
- Corsi professionali in orticultura, allevamento di pulcini, panificazione, tintura e tessitura di stoffe, saldatura. I corsi di saldatura sono stati aperti anche a giovani esterni alla prigione, che hanno avuto così modo, oltre che di imparare un mestiere utilizzando le strutture esistenti, anche di interagire con una realtà che fa parte del contesto sociale.
- Corsi di gestione di attività generatrici di reddito ed in modelli di gestione cooperativa, aperti sia ai detenuti che ai formatori delle precedenti attività.
- Realizzazione di nuclei di produzione e vendita nelle attività artigianali precedentemente apprese, con creazione di un fondo di solidarietà destinato a copertura delle spese sanitarie urgenti, piccoli lavori per migliorie delle condizioni di vita nei locali di reclusione, microcrediti per detenuti in uscita. Queste attività hanno fanno seguito a positivi esperimenti pilota finora effettuati e hanno potuto in certi casi configurarsi come attività alternative alla detenzione.
- Servizi post reclusione di orientamento al lavoro e di reinserimento comunitario, in ciò facilitati dall’esistenza di un’associazione di ex carcerati.
- Visite periodiche alle carceri in collaborazione con le pubbliche autorità, per verificare le condizioni di reclusione.
- Incontri periodici con le guardie carcerarie sulla psicologia dei carcerati e sul rispetto dei diritti umani.
- Incontri con rappresentanti della società civile sul rispetto dei diritti dei detenuti. A scopo divulgativo e informativo sulle realtà carcerarie ci si è avvalsi anche di periodiche trasmissioni radiofoniche, in collaborazione con la Facoltà di Comunicazione Sociale della locale Università Lusofona.
I risultati sono stati molto positivi, soprattutto se si considera il contesto difficile in cui si è operato.
Grazie all’assistenza psicologica, il primo risultato visibile è stata una netta diminuzione degli eventi violenti fra prigionieri e fra prigionieri e guardie. Risultati altrettanto positivi si sono ottenuti nel quadro dell’assistenza domiciliare alle famiglie dei reclusi: vi è stata una sensibile riduzione delle tensioni familiari e una ricostituzione di molti legami spezzati fra i prigionieri e i loro cari.
Ai corsi hanno partecipato il 72% dei detenuti e, nel caso del corso di saldatura, anche 5 persone esterne al carcere. Che quanto appreso sia servito è evidenziato dal fatto che, dopo appropriati corsi di gestione d’impresa, il 71% delle persone coinvolte nei corsi ha dato vita, già in carcere, a quattro piccole imprese cooperative, riguardanti la saldatura, la produzione di uova, la tintura di tessuti e la panificazione, di cui particolarmente attive sono le prime due.
Ma non finisce qui. Nell’ambito del progetto, su iniziativa di un ex recluso, è nata Renascer, un’associazione dedita al reinserimento sociale ed economico degli ex carcerati. I risultati sono già visibili: è stato concesso dalle autorità locali un terreno di 10 ettari (che equivalgono a 20 campi da calcio) per realizzare attività agricole e orticole, onde garantire un reinserimento effettivo degli ex carcerati. Con analogo intento l’Ambasciata del Brasile ha offerto a un ex recluso la partecipazione a un corso di informatica. Ci si augura che il buon esempio venga imitato anche da altre entità, opportunamente contattate dal coordinamento nazionale delle carceri.
Anche la percezione dell’opinione pubblica sulla situazione carceraria e sui diritti e bisogni dei detenuti sta cambiando. Questo è avvenuto a seguito delle numerose visite al progetto, organizzate appositamente per varie entità nazionali e internazionali impegnate nella tutela e nella diffusione dei diritti umani, oltre che grazie alle numerose trasmissioni radio sollecitate sull’argomento.
Di grande utilità per migliorare la situazione carceraria sono state anche le 64 visite effettuate dal personale del progetto per affrontare e possibilmente risolvere i problemi che si presentavano, con particolare attenzione alle categorie più vulnerabili (minori, donne, individui affetti da problemi psichici, ecc.).