IN GUINEA-BISSAU ANCHE MANI TESE SI ATTIVA PER RISPONDERE ALL’EMERGENZA COVID19
In un Paese con una economia precaria e di sussistenza, il confinamento porterà presto alla mancanza di cibo. Mani Tese è pronta per distribuire cibo e beni primari e per fare prevenzione presso i villaggi.
di Sara Gianesini, responsabile progetto “Integrazione dei richiedenti asilo e dei rifugiati senegalesi”
Anche la Guinea-Bissau in queste settimane sta affrontando l’emergenza COVID19. Alla data del 12 di aprile 2020, secondo i dati forniti dal COES-GB (Centro de Operações de Emergência em Saúde na Guine’-Bissau), 40 sono i casi positivi, di cui 37 sono casi in trattamento e 3 sono i guariti. Dal 28 marzo 2020 il Governo ha dichiarato lo Stato di Emergenza e la popolazione sta cercando, con difficoltà, di rispettare le restrizioni imposte.
In un Paese con una economia precaria e di sussistenza come quella guineense, il problema maggiore, tra qualche tempo, riguarderà la mancanza di cibo. La maggior parte della popolazione vive di ciò che riesce a vendere giornalmente ma, con le restrizioni del confinamento obbligatorio, sarà difficile proseguire con questa attività e al problema del contagio pandemico si sommerà anche il problema alimentare.
Con il Progetto “Protection and Durable solution for Refugees and Asylum Seekers in Guinea Bissau” (Integrazione dei richiedenti asilo e dei rifugiati senegalesi) finanziato da UNHCR(Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati) come Mani Tese abbiamo in programma di supportare i villaggi che ospitano i rifugiati con consegne di beni primari quali prodotti ed equipaggiamenti per l’igiene e cibo.
Mani Tese interviene nella zona di São Domingos che confina con il Senegal, paese con il quale le frontiere via terra sono chiuse e molti, a causa di questo, stanno già sperimentando l’impatto negativo sul commercio e l’economia comunitaria: non possono andare in Senegal a vendere i loro prodotti e non possono neanche ricevere i prodotti di cui normalmente si approvvigionano attraverso il commercio informale nei villaggi di frontiera.
Parte dello staff di Mani Tese che si occuperà della distribuzione di beni e di cibo, in questi giorni ha ricevuto una formazione sulla prevenzione al Coronavirus. La formazione è stata realizzata grazie al supporto di una ONG sanitaria portoghese presente in Guinea-Bissau e di un loro collaboratore, l’infermiere responsabile dell’area sanitaria nel distretto di São Domingos.
Diversi gli argomenti su cui lo staff è stato formato. Fra questi, le modalità di trasmissione e i sintomi del virus, le misure di prevenzione (come il lavaggio corretto delle mani, il distanziamento sociale e le buone norme comportamentali per non diffondere il contagio), l’uso corretto dei guanti e della maschera.
Grazie a questa formazione il nostro staff è ora in grado di adottare le misure necessarie di prevenzione per la protezione personale e di fare attività di prevenzione e sensibilizzazione fornendo le informazioni necessarie ai villaggi per combattere la diffusione del virus all’interno delle comunità.
Lo staff di Mani Tese a São Domingos è ora pronto per dare una risposta umanitaria all’emergenza COVID19!
Di António vi avevamo già parlato nella terza puntata del nostro videoblog “Le storie di Quelimane agricola”, raccontandovi in particolare dei benefici che aveva potuto trarre dalle formazioni a cui aveva partecipato e dalle biciclette che erano state donate alla comunità.
Ora António partecipa alle fiere agroecologiche organizzate da Mani Tese e, vendendo i suoi prodotti, ottiene un ricavato di cui può beneficiare la sua famiglia.
Inoltre, sta sviluppando la produzione di riso per ampliare la sua offerta di prodotti – anche in vista della prossima fiera che si avvicina.
IL COVID19 IN BURKINA FASO: «SE FAREMO IL LOCKDOWN, LA GENTE MORIRÀ DI FAME»
No, in Burkina Faso non andrà tutto bene: la drammatica descrizione della situazione nel Paese a cura di Giulia, la nostra cooperante in Burkina Faso.
Prendete
364 casi di Covid-19 dichiarati ufficialmente, frontiere aeree chiuse,
principali città in quarantena, coprifuoco dalle 19 alle 5, raggruppamenti
vietati sopra le 50 persone e i più grossi mercati chiusi. Aggiungete una
desertificazione crescente, attacchi terroristici sempre più frequenti con
conseguente aumento costante degli sfollati interni e condite il tutto con una
temperatura che si aggira tra i 42 e i 46 gradi (di notte 38-40)…Ecco la
situazione del Burkina Faso ai primi di aprile 2020.
La gestione della pandemia non è semplice, da nessuna parte, ma quando si vive in un Paese che affronta ogni giorno molte difficoltà di base, la faccenda si complica ulteriormente. Qui non possiamo pensare a un lockdown come in Italia o rischieremmo di far morire letteralmente di fame un numero incredibilmente elevato di persone.E poi con quale esercito terremmo monitorato il rispetto di questa misura? Dovremmo spostare i soldati che arginano le incursioni terroristiche dalle zone rosse alle città…Siamo sicuri che sarebbe una buona idea?
Quando parlo di morire di fame, non sono esagerata: già con
la chiusura dei mercati nella capitale da una decina di giorni, molte persone
si ritrovano sul lastrico. Chi lavora al mercato infatti sono
tendenzialmente donne, molto spesso con un livello di istruzione basso o
inesistente, che guadagnano sui 3/4 euro al
giorno vendendo frutta e verdura e che, con i loro introiti, contribuiscono al
mantenimento di famiglie numerosissime (15-20 persone).
Altra condizione di difficoltà in questo periodo sono i
bambini che devono stare a casa scuola per evitare i contagi. Ma siamo ad
aprile e, con il caldo che fa e l’assenza di elettricità nella maggior parte
delle abitazioni (quindi niente ventilatori o aria condizionata), come li si
può tenere in casa? Bisogna lasciarli andare fuori, ma ciò significa che
staranno tutto il giorno in giro a giocare con altri bambini, aumentando i
rischi per tutta la famiglia.
Lo stesso dicasi per il coprifuoco, che evita che le persone si
radunino in massa nei maquis, ma come trovare
refrigerio durante la notte se si vive sotto un tetto di lamiera?
Bisogna stare dentro, ma bisogna stare fuori; bisogna far
rispettare le misure, ma non bisogna farlo superando i limiti…Che fare, allora?
La polizia reagisce molto duramente con chi prova a infrangere le
regole, tanto che il Procuratore della Repubblica ha già intimato di evitare
forme di violenza.
E non c’è da ben sperare, visto che tra un paio di settimane circa
inizierà il Ramadan con i consueti ritrovi notturni di convivialità.
Considerate anche che stiamo parlando di una popolazione
con un tasso di scolarizzazione al di sotto del 40% (secondo il CIA
World Factbook), dove comprendere e far comprendere l’importanza di
certi provvedimenti è difficilissimo.
Vi faccio un esempio: come Mani Tese, non appena sono stati
dichiarati i primi casi di Covid-19 nel Paese, abbiamo sospeso tutte le
attività che prevedessero la presenza di più di 5 persone nello stesso postoe
abbiamo iniziato a diffondere tra partner e beneficiari dei nostri progetti
buone pratiche di igiene e prevenzione. Perché sì, il provvedimento
nazionale prevede il divieto di assembramenti di più di 50 persone, ma se
consideriamo un tasso di contagio di 2,5 a persona (dato medio in Italia ma,
date le condizioni promiscue di vita, in Burkina Faso andrebbe addirittura
aumentato), anche se siamo in 10 in una stanza, con un solo caso positivo ne
avremmo 35 in poche ore!
Però giusto ieri ero sotto casa e mi ferma un signore che voleva
parlarmi per avere un contributo per un torneo di calcio organizzato nel
terreno dietro casa. Io, che di lavorare non smetto nemmeno quando porto il
cane a passeggio, di norma gli avrei risposto chiedendogli budget e preventivi
firmati e timbrati, ma data la situazione mi sono limitata semplicemente a
ricordargli che la misura presa dal governo contro gli assembramenti
cozzava con il suo programma. La sua risposta è stata: “madame, ma non
saremo più di 25!”. Ora, io non sono una sportiva accanita, ma mi risulta
che le squadre di calcio siano composte da 11 persone. Facciamo che abbia
sbagliato e che non sia un torneo, ma una singola partita: ci saranno dunque
almeno 11+11 giocatori, le riserve (stiamo bassi e facciamo solo 4), 1 arbitro,
2 allenatori e un solo amico per ogni giocatore, quindi 22 spettatori. Siamo
già a 51 persone ovvero 178,5 persone potenzialmente contagiate in un attimo.
Sappiamo bene, inoltre, che ogni giorno esce una fake news
diversa su prodotti miracolosi che guarirebbero o preverrebbero dal
virus. Ho letto di aglio, canarini (il famoso acqua e limone), tisane, rituali
e chi più ne ha più ne metta. Se avete in mente quanto grave sia il fenomeno
dell’analfabetismo funzionale in Italia, pensate a quanti danni possa
fare in un paese con il 64% di analfabeti veri, che si bevono un bel
bicchierone di acqua calda e limone e se ne escono a far festa pensando di
essere immuni.
E ancora: in un Paese dove ci sono meno di 2000 tamponi
disponibili, non si trova più gel igienizzante da settimane tranne
dagli sciacalli che rivendono una bottiglietta da 1200 fcfa (meno di 2 euro) a
10.000 (oltre 15 euro) e ora si stanno stampando i respiratori con le stampanti 3D.
Quindi che si fa? Si spera e si prega molto.
Noi di Mani Tese stiamo continuando a lavorare ai nostri progetti
per non interrompere il supporto alle popolazioni locali e garantire la
sicurezza alimentare e l’autosostentamento delle comunità attraverso lo
sviluppo sostenibile. Ma, come ho spiegato, non possiamo far finta di nulla quindi se,
da un lato, abbiamo sospeso le attività che potevano esporre a rischi i nostri
beneficiari, dall’altro abbiamo incrementato la vendita dei prodotti
agro-ecologicidel nostro partner di Loumbila, l’unione di produttori agro-ecologici NANGLOBZANGA (un’unione
di cooperative di contadini), prevedendo
la consegna a domicilio in sicurezza. Abbiamo anche iniziato a
dotare la sede dei produttori di Loumbila con un nuovo impianto d’irrigazione
goccia a goccia e con una stalla per l’allevamento di buoi, che ci stiamo
procurando in questi giorni. Inoltre continuiamo a supportare lo
sviluppo di 20 imprese locali nel Boulgou e nel Boulkiemdé tramite il
sostegno finanziario per gli acquisti e le costruzioni.
Di solito, nelle crisi di questo tipo, la risposta arriva
dall’occidente, che corre in aiuto. Questa volta, però, siamo tutti sulla
stessa barca e quindi bisogna aiutarsi un po’ tutti e un po’ da soli. Il che è
una sfida ma, come dicono i burkinabé, “yel ka bé” (nessun problema), “inch’allah
ça va aller, car on est ensemble” (se Dio vuole andrà tutto bene, perché
siamo insieme).
Operatori con tuta anti-covid igienizzano gli spazi pubblici della città
Il mercato chiuso
La desolazione fuori dal mercato
Un avviso affisso in strada
Segnaletica orizzontale per invitare i motociclisti a tenere la distanza agli stop
5. La storia di Antoinette
Antoinette, grazie a Mani Tese, sta sviluppando un’impresa di produzione di soumbala in Burkina Faso e sogna di aprire una fabbrica per crescere insieme alle donne dell’Associazione che ha contribuito a fondare.
Antoinette Sampebré Nitiema, fin da bambina, è sempre stata affascinata dalle proprietà del soumbala, il “dado” locale a base di semi di néré fermentati. Il suo patrigno, infatti, lo usava per prepararsi una zuppa che faceva bene alla sua ipertensione.
Antoinette, una volta cresciuta, si è resa conto che la produzione del soumbala poteva anche rappresentare un’interessante attività generatrice di reddito per le donne.
Per ottenere un prodotto realmente di qualità, tuttavia, non si poteva continuare a realizzarlo nella maniera tradizionale. Per lavorare bene il néré occorrevano formazione, acqua pulita e norme igieniche, condizioni spesso in contrasto con l’atteggiamento delle donne dei villaggi, basato per lo più sulle tradizioni e sul “si è sempre fatto così”.
Con le sue idee innovative Antoinette ha attratto intorno a sè un gruppo di donne ed insieme hanno creato Songmanègre, un’associazione che del soumbala ha fatto un business vero e proprio.
Il sogno di Songmanègre è avere un giorno una fabbrica che produca il soumbala in tutte le forme (palline, cubi, polvere, grani) e che dia beneficio a tutto il villaggio di Pousdore (Sakoinsé) nel Boulkiemdé.
Antoinette è molto contenta, soprattutto per le formazioni ricevute: se non si apprende, infatti, si lavora nella cecità e non si avanza mai! Il suo motto è che une femme épanouie est une femme heureuse! (Una donna realizzata è una donna felice!). E l’épanouissement (lo sviluppo) passa attraverso la formazione, perché non si smette mai di imparare.
Antoinette oggi ha 62 anni e guarda con speranza al futuro: si augura che i suoi figli e i suoi nipoti siano sempre capaci di guardare insieme nella stessa direzione, per crescere e svilupparsi nell’intesa e nell’unione.
Il soumbala, il “dado” locale a base di semi di néré fermentati
IN MOZAMBICO PREVENIAMO LA DIFFUSIONE DEL COVID-19
Mani Tese, nell’ambito del progetto FORESTE, ha consegnato 20 pozzi e 20 sistemi di irrigazione a 10 comunità del distretto di Mocubela per migliorare le condizioni igieniche e favorire la produzione dei campi, condizioni estremamente importanti anche in ottica di prevenzione del COVID-19.
In questo momento di incertezza socioeconomica e lutti individuali in tutto il mondo, Mani Tese continua a lavorare a fianco delle comunità che non hanno mai smesso di soffrire e che vivono in una condizione di incertezza economica costante, come quelle della provincia della Zambezia, in Mozambico.
Lo scorso 22 marzo, in occasione della Giornata Mondiale dell’Acqua, Mani Tese, in collaborazione con ICEI – ONG capofila del progetto – e il partner locale UPC-Z, ha consegnato ufficialmente 20 pozzi e 20 sistemi di irrigazione portatili alle 10 comunità nell’ambito del progetto FORESTE (Florestas – “Fortalecimento das Organizações Rurais REsilientes e Sistemas Territoriais Ecologicamente Sustentaveis”) finanziato daAICS, nel distretto di Mocubela.
Le nuove opere si aggiungono alla manutenzione di altri 25 pozzi realizzati dal progetto nei mesi precedenti. In tempi di pandemie e di Coronavirus tutto questo lavoro ha un’utilità ancora più indispensabile nella provincia della Zambezia, dovela presenza di un virus letale si somma alle condizioni già precarie delle comunità agricole. La resistenza al virus, infatti, passa anche da una migliore igiene personale, consentendo alla popolazione l’accesso a fonti idriche sicure, e da una migliore nutrizione, che si acquisisce aumentando la produzione agricola, che è proprio quello che stiamo cercando di fare con il progetto FORESTE.
Avendo tra gli obiettivi l’incremento e la di diversificazione della dieta comunitaria, il progetto ha messo a disposizione fonti idriche e sistemi di irrigazione ai campi coltivati con sistema agroforestale promossi da ICEI e Mani Tese, garantendo così sia la produzione agricola che l’accesso all’acqua per 365 giorni all’anno.
L’evento inaugurale, promosso dalle autorità locali, si è svolto prima che entrassero in vigore le misure restrittive legate al COVID-19 nel Paese ed è stato organizzato nella comunità di Mocuna. La giornata si è aperta con l’arrivo dell’amministratore del distretto e con la cerimonia del mucutu, una celebrazione degli antenati a cui si offre cibo e del vino locale per rallegrarli. L’evento è proseguito con il taglio della fascia inaugurale e la consegna dei pozzi e dei sistemi alla comunità.
La cerimonia è stata anche un’occasione di confronto e sensibilizzazione sull’importanza dell’igiene per la prevenzione del COVID-19. Le comunità rurali sono spesso le ultime a ricevere gli aggiornamenti e, non potendo avere accesso a presidi sanitari adeguati, si rifugiano al loro interno cercando conforto con la religione o con rimedi curativi locali.
La firma del modello di consegna dei pozzi e pompe alla comunità e una foto celebrativa
Il taglio del nastro
[rl_gallery id=”58764″]
Prove del sistema di irrigazione
Uno dei 20 pozzi consegnati
La cerimonia del mucutu in cui si offre cibo e vino per rallegrare gli antenati
INAUGURATO IL MERCATO DI AQUIMA A QUELIMANE
Grazie al progetto “CIBO LOCALE, CIBO SANO”, finanziato dalla Regione Emilia-Romagna, è stato possibile riqualificare una parte del mercato di Aquima a Quelimane: settimana scorsa si è svolta la cerimonia d’inaugurazione.
Nell’ambito del progetto “CIBO LOCALE, CIBO SANO”finanziato dalla Regione Emilia-Romagna, Mani Tese sta lavorando nella città di Quelimane (Mozambico) per scambiare buone pratiche nel settore alimentare e per migliorare la commercializzazione di prodotti locali e sani.
Nei mesi scorsi vi avevamo aggiornato relativamente alla riqualificazione del mercato di Aquima, pubblicando una notizia sui lavori in corsoe una sulla fine dei lavori.
Bene, qualche settimana fa* la struttura è stata inaugurata con una grande celebrazione alla presenza del sindaco di Quelimane, Manuel de Araujo, di associazioni locali e ovviamente della nostra cooperante Maria Vittoria Moretti.
Oltre alla presentazione e spiegazione dei lavori realizzati, l’inaugurazione è stata anche l’occasione per assistere a uno showcooking, a cura dell’associazione Nhenhele, e a una performance teatrale sulla gestione del mercato.
*La cerimonia d’inaugurazione si è svolta il 20 marzo prima che entrassero in vigore le misure restrittive legate al COVID-19 nel Paese.
Qui di seguito un video e le foto dell’inaugurazione.
[rl_gallery id=”58437″]
La cerimonia di inaugurazione
[rl_gallery id=”58442″]
Presentazione dei lavori e placca di visibilità dell’opera
[rl_gallery id=”58447″]
Teatro di sensibilizzazione sulla gestione del mercato
Didattica a distanza
Continuano anche a distanza i percorsi di educazione programmati nelle scuole elementari e medie.
Continuano anche a distanza, grazie al lavoro dei nostri educatori ed esperti, i percorsi programmati nelle scuole elementari e medie. Sperimentiamo le videolezioni e cerchiamo di non perdere il contatto.
Sappiamo che non è la stessa cosa, che il centro del nostro intervento è il sapersi mettere in relazione con sé stessi, gli altri e la comunità educante, ma ce la mettiamo tutta per esserci, perché nessuno si senta lasciato solo!
Coronavirus: I messaggi di solidarietà dall’Africa
In questi giorni lo staff e i destinatari dei nostri progetti in Africa ci hanno inviato dei video-messaggi di vicinanza e solidarietà per la difficile situazione che stiamo vivendo in Italia, in seguito alla diffusione del Coronavirus.
Nelle ultime settimane lo staff e i destinatari dei nostri progetti in Africa, in particolare Burkina Faso, Benin, Kenya e Mozambico, ci hanno inviato dei video-messaggi di vicinanza e solidarietà per la difficile situazione che stiamo vivendo in Italia, in seguito alla diffusione del Coronavirus.
Noi li ringraziamo di cuore, augurandoci che il
virus, purtroppo
arrivato anche in Africa, non abbia anche lì lo stesso impatto che sta avendo in
Italia e in molti
altri Paesi del mondo.
Ad ogni modo affronteremo questa emergenza insieme e insieme la supereremo!