POVERTÀ AL PLURALE: EFFETTI E DIMENSIONI DELL’ESCLUSIONE SOCIALE NELL’EDUCAZIONE

Il 20 novembre si è tenuto un convegno pubblico sulla povertà educativa nell’ambito del festival dei diritti dei bambini, delle bambine e degli/delle adolescenti.

In occasione della Giornata internazionale dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza sanciti dalla Dichiarazione ONU del 1989, e in preparazione del Festival dei diritti che si svolgerà nella primavera del 2021 a Città di Castello (PG), Mani Tese e la Fondazione Hallgarten-Franchetti Centro Studi Villa Montesca hanno organizzato un convegno pubblico intitolato Povertà al plurale: effetti e dimensioni dell’esclusione sociale nell’educazione.

L’incontro si è inserito nelle attività di Piccoli che Valgono!, un progetto finanziato dall’Impresa sociale Con i bambini, volto a promuovere azioni di contrasto al disagio minorile scolastico, a prevenire le cause di dispersione e abbandono dei percorsi educativi e formativi e a potenziare il ruolo della Comunità Educante, anche nella prospettiva di elaborare una strategia nazionale per fronteggiare l’aumento della povertà educativa in Italia.

Guarda la registrazione!

 

Dopo i saluti di Angelo Capecci, Presidente Fondazione Hallgarten-Franchetti Centro Studi Villa Montesca, di Simona Rotondi, Rappresentante dell’Impresa Con i bambini, di Giuseppe Merli, Dirigente del Servizio Istruzione, Università, Diritto allo studio e ricerca della Regione Umbria e di Giacomo Petitti, Responsabile Educazione Mani Tese, Mariangela Giusti, ideatrice e organizzatrice del Festival dei diritti dei bambini, ha raccontato la genesi dell’iniziativa e le fasi salienti dei suoi sviluppi negli anni.

La parola è passata poi ai relatori che erano stati invitati per declinare e in qualche modo attualizzare – ciascuno dal proprio punto di vista – il senso della ricorrenza, legandola al tema emergente delle povertà educative, anche alla luce degli eventi più recenti legati all’emergenza sanitaria.

Franco Lorenzoni, che ha proposto alcune idee per rinnovare la scuola primaria e prospettato una vera e propria Costituente per la scuola italiana, ha fatto eco Giovanni Biondi, presidente dell’INDIRE, che ha sostenuto la necessità di organizzare dal basso le numerose energie positive esistenti nei territori, mettendo in circolo le esperienze innovative che si stanno realizzando sia in contesti urbani, sia in contesti rurali.

La polisemia delle esperienze richiamate da Biondi è stata ripresa e approfondita dall’intervento di Maurizio Franzini che ha descritto le diverse condizioni di povertà che interessano i bambini e i ragazzi mettendole in relazione tanto alle cause, quanto agli esiti economici e sociali.

Il mosaico articolato e plurale delle povertà educative ha fatto infine da cornice all’intervento di Maria Rita Castellani, Garante dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, che nella prospettiva di contrastare l’allargamento e l’aumento delle tipologie di fragilità ha identificato alcune possibili linee di lavoro per il futuro.

Scarica il graphic recording dell’evento!

11. La scelta di oumarou

Oumarou ha deciso di non migrare e di rimanere in Burkina Faso per continuare a lavorare come agricoltore con la cooperativa Youkouma.

Oumarou ha 40 anni e vive nel Boulgou, la provincia del Burkina Faso da cui provengono la maggior parte dei migranti che incontriamo in Italia e nel mondo. Lavora nella cooperativa “Youkouma”, che significa “aiutarsi a vicenda” e si definisce un lavoratore, pio e onesto.

Oumarou è diverso da molti suoi connazionali che decidono di andare in Europa a cercare fortuna. Lui ha scelto un’altra strada e ci dice: “I giovani abbandonano le loro famiglie e il loro Paese per andare all’estero a fare gli stessi lavori che potrebbero svolgere qui, mettendo a rischio la propria vita durante il viaggio e affrontando mille pericoli e problemi anche una volta arrivati. Anche qui in Burkina si può riuscire: perché devo andare in Italia a coltivare pomodori, sfruttato, quando posso farlo qui, nella mia terra, accanto alla mia famiglia?”

Oumarou è un agricoltore: Youkouma, infatti, è una piccola cooperativa di produzione agroecologica di ortaggi. Coltivano cipolle, cavoli, melanzane, pomodori e lattuga, con tecniche agroecologiche che non prevedono l’utilizzo di pesticidi e sostanze chimiche: “questo ci permette di garantire la salute di noi produttori, dei nostri consumatori e del suolo su cui produciamo, a cui non vengono sottratti gli elementi nutritivi” dice Oumarou.

Grazie al sostegno di Mani Tese, Youkouma ha ricevuto dei materiali agricoli, ha installato un pozzo con pompa solare e finalmente ha una sede dove riporre il proprio materiale: “nel villaggio nessuno ci credeva – aggiunge Oumarou – invece abbiamo dimostrato che possiamo farcela e adesso siamo un riferimento per la produzione orticola nella zona”.

Youkouma è una delle 20 imprese selezionate dal progetto Imprese sociali innovative e partecipazione dei migranti per l’inclusione sociale in Burkina Faso cofinanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo e dalla Fondazione Maria Enrica. Scopri altre storie sul nostro blog “L’impresa di crescere insieme”.

Una foto di Oumarou nei campi di Youkouma

 

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9. ATIJA E IL COVID-19

Atija ci racconta come procede il suo lavoro nonostante l’emergenza sanitaria.

Atija Pereira è una beneficiaria del progetto “Quelimane agricola” cofinanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo.

Atija abita nel distretto di Namacurra e a lei abbiamo dedicato la prima e la sesta puntata del nostro videoblog “Le storie di Quelimane agricola”, in cui ci ha raccontato delle formazioni agroecologiche che ha ricevuto.

Ora Atija ha le conoscenze adeguate per coltivare i propri campi al meglio e può venderne i prodotti, così da avere i soldi per comprare il cibo e i vestiti per i suoi bambini.

In questo periodo di emergenza, Atija e la sua comunità sono attenti alle precauzioni per evitare la diffusione del contagio e lavorare in sicurezza, per questo utilizzano le mascherine realizzate grazie al progetto.

Fortunatamente per ora nessuno si è ammalato e tutti stanno bene, come ci racconta Atija in questo video:

 

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8. ANTONIO CI PARLA DEI MERCATI

António incontra i clienti e vende i suoi prodotti nei mercati.

Siamo tornati nel distretto di Nicoadala da Alberto António Ubre, beneficiario del progetto “Quelimane agricola”, cofinanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo.

Avevamo già incontrato António nella terza e quinta puntata del nostro videoblog “Le storie di Quelimane agricola”, in cui ci aveva raccontato dei suoi campi dove coltiva riso e ortaggi e delle fiere agroecologiche organizzate da Mani Tese a cui partecipa.

Nonostante le difficoltà dovute al Covid-19, grazie al progetto sono stati riqualificati i mercati dove António vende i suoi prodotti e i suoi campi sono ora dotati di un impianto di irrigazione.

António ha inoltre apprezzato molto il libro di ricette, grazie al quale ha scoperto piatti nuovi e migliori di quelli a cui era abituato, come ci racconta in questo video:

 

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7. TEADORA E L’ECONOMIA DOMESTICA

Teadora vende i prodotti dei suoi campi per comprare cibo e penne e matite per i bambini.

Teadora José vive nel distretto di Quelimane con i suoi figli e nipoti ed è beneficiaria del progetto “Quelimane agricola”, cofinanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo.

L’avevamo già incontrata nella seconda e quarta puntata del videoblog “Le storie di Quelimane agricola”, in cui ci aveva parlato del suo lavoro nei campi.

La produzione e la vendita stanno andando bene anche quest’anno, nonostante l’emergenza Covid. Con i soldi guadagnati dalla commercializzazione dei prodotti agricoli, Teadora e la sua famiglia possono coprire le spese domestiche e comprare materiale scolastico per i bambini.

La cisterna per la raccolta dell’acqua piovana, costruita grazie al progetto, garantisce acqua per usi domestici a tutto il quartiere.

Teadora sta anche sperimentando nuovi piatti con le verdure che produce, grazie al libro di ricette.

Guarda il video e ascolta la sua testimonianza:

 

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Indagine sul benessere scolastico

Report e analisi dei dati

Ogni sette bambini che frequentano la scuola dell’obbligo ce n’è uno che porta i sintomi della disaffezione scolastica. È quanto confermano i primi dati dell’Indagine sul Benessere Scolastico condotta da Mani Tese e Giunti Psycometrics in quattro regioni italiane.

L’indagine è stata realizzata nell’ambito di “Piccoli che Valgono! Metodologie innovative per educare a riconoscersi nella comunità”, un progetto selezionato da Con i Bambini nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, promosso da Mani Tese insieme ad altri partner.

L’indagine ha riguardato 1.277 bambini tra i 9 e i 13 anni, che hanno risposto a 31 domande studiate dagli esperti di Giunti Psychometrics assieme a Stefano Taddei e Bastianina Contena, docenti presso l’Università degli studi di Firenze per valutare la percezione delle alunne e degli alunni rispetto ai fattori del disagio scolastico: lo stile genitoriale, l’atteggiamento e la fiducia degli adulti nello studio, le emozioni che emergono dalle relazioni all’interno della scuola, l’engagement scolastico, la discriminazione, il benessere fisico, i tentativi di evitamento, il contesto extrascolastico e l’appropriazione degli spazi.

Il risultato che emerge con più evidenza è una sorta di costante fissa del disagio, che riguarda una fascia di minori in una percentuale che si attesta sempre intorno al 15%.

È la regola del settimo nano: circa un bambino su sette manifesta un malessere fin dagli ultimi anni della scuola primaria che, se non intercettato per tempo, può facilmente trasformarsi in dispersione e contribuire alle ragioni dell’abbandono, su cui l’Italia continua a mostrare valori preoccupanti rispetto alla media europea”.

Clicca QUI per visualizzare il Report.

IN BURKINA FASO FACCIAMO RETE CONTRO LA VIOLENZA DI GENERE

Riunite oltre 90 organizzazioni della società civile nelle regioni del centro, centro-sud e plateau central del Burkina Faso.

di Habibou Kabré, coordinatrice di progetto Mani Tese

Come purtroppo accade in molti Paesi africani come la Guinea-Bissau, la violenza di genere è un fenomeno preoccupante anche in Burkina Faso.

Per contribuire alla lotta contro questa piaga Mani Tese, attraverso il progetto Promozione sociale e dei diritti delle donne e dei bambini per il miglioramento dei servizi sanitari e di stato civile e in collaborazione con le autorità locali (direzione provinciale per le donne, consigli provinciali della gioventù e autorità municipali), ha riunito le organizzazioni della società civile per i diritti umani nelle regioni del centro, centro-sud e plateau central, per una sinergia di azione.

L’obiettivo è il rafforzamento delle capacità dei membri delle organizzazioni femminili e giovanili, per consentire loro di organizzarsi meglio e intervenire efficacemente nella promozione e protezione dei diritti umani in generale e di quelli delle donne e ragazze in particolare.

A tal fine sono state costituite otto reti per la tutela e la promozione dei diritti umani, composte da oltre 90 organizzazioni della società civile dislocate in sette province delle tre regioni di intervento del progetto.

Nell’ambito di questa iniziativa, è stata organizzata una sessione di formazione sul fundraising e sulle strategie di mobilitazione delle risorse finanziarie al fine di rafforzare l’efficienza e l’efficacia di queste reti nella lotta contro la violenza di genere.

Perché le reti possano lavorare al meglio si è poi lavorato al coinvolgimento delle istituzioni, ovvero i sindaci dei comuni coinvolti, i direttori provinciali incaricati delle donne, i consigli provinciali della gioventù nonché il coordinamento comunale e provinciale delle donne nelle suddette località.

Secondo la direttrice provinciale delle donne dell’Oubritenga, l’iniziativa di Mani Tese è benvenuta perché risponde a un’esigenza sentita nel campo della promozione, difesa e tutela dei diritti umani delle fasce vulnerabili e delle donne in particolare.

Qui di seguito alcune foto degli incontri con le organizzazioni della società civile.

LA RESILIENZA DELLE COMUNITÀ DELLA GUINEA-BISSAU DI FRONTE ALLA CRISI

Nella regione di Cacheu sono stati finanziati dei microprogetti per permettere alle comunità di affrontare la crisi causata dalla pandemia e dalle piogge.

di Sara Gianesini, coordinatrice di progetto in Guinea-Bissau

La pandemia di coronavirus che ha scosso il mondo non ha risparmiato neanche i Paesi più poveri come la Guinea-Bissau e, in seguito alle misure adottate per mitigare la diffusione del virus e l’entrata in vigore dello stato di emergenza, tutti i settori economici sono stati colpiti dalla crisi.

Il settore agricolo, dominato dalla produzione e commercializzazione di anacardi, e quello delle piccole attività economiche generanti reddito per lo più informali, principali pilastri dell’economia locale, sono stati particolarmente colpiti. La caduta dei prezzi, la ridotta possibilità di commercializzare i prodotti agricoli, la chiusura delle frontiere terrestri, il divieto di fiere e mercati settimanali, la restrizione interna alla circolazione di merci e persone sono, tra gli altri, i fattori fondamentali della crisi.

Mani Tese, nell’ambito del progetto “Protezione e soluzioni durevoli per rifugiati e richiedenti asilo in Guinea-Bissau” finanziato da UNHCR, così come ha dovuto fare in altri interventi e hanno fatto le altre organizzazioni della società civile, le istituzioni pubbliche e parastatali, ha dovuto effettuare una revisione dell’agenda di lavoro che ha portato a limitazioni di molte attività che prevedevano formazioni in presenza e al rinvio di quelle iniziative che comportavano l’assembramento delle persone.

Tuttavia, l’organizzazione non è rimasta insensibile alle difficoltà riscontrate nei villaggi che, oltre alla pandemia, hanno subito anche forti piogge che hanno causato molti danni aggravando una situazione già terribile. Le inondazioni tra luglio e settembre hanno infatti danneggiato molte case e distrutto pozzi, lasciando i residenti delle comunità di Cacheu senza acqua potabile.

Per far fronte a queste difficoltà, è stato avviato un processo di finanziamento di microprogetti comunitari per sviluppare attività sociali ed economiche comunitarie, o di gruppi di individui nei villaggi di intervento, e fare del momento di crisi un’opportunità per tutti.

Tutte le idee di sostegno socio-economico comunitario seguono un rigoroso processo di selezione, i cui principali criteri di valutazione sono la vulnerabilità della comunità, la rilevanza dell’idea rispetto al contesto specifico e la sua sostenibilità.

A settembre è stato avviato il processo di pre-selezione delle idee progettuali raccolte durante l’anno e sei gruppi selezionati a ottobre hanno ricevuto una formazione in gestione economica comunitaria per raggiungere così l’obiettivo di ridurre al minimo le sofferenze causate dalla pandemia di coronavirus e dalle piogge torrenziali di questa estate.

Tra le idee selezionate, tre riguardano la ricostruzione e riparazione di pozzi e pompe per l’acqua in comunità e due riguardano l’acquisto di macchinari per facilitare la raccolta del riso e la sua trasformazione. I soggetti coinvoli,  come sempre dimostrano il loro grande interesse a sostegno di tutti: i progetti selezionati sono infatti a beneficio della comunità intera, perché per loro è quella che conta.

Qui di seguito, alcune foto delle formazioni che prevedevano presenze limitate, distanziamento sociale e l’uso della mascherina.

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