L’insostenibile Prezzo del Cacao

Caso studio condotto da Mani Tese nell’ambito del progetto Food Wave, autore Luca Rondi di Altraeconomia.

Di Luca Rondi

“È buonissimo” grida entusiasta Amina, donna sulla quarantina che vive in un piccolo villaggio vicino a Meaguì, città lungo la “via del cacao” che dal Nord della Costa d’Avorio scende diritta verso San Pedro, uno dei principali porti di esportazione del Paese. Dagli anziani ai bambini più piccoli del villaggio, tutti si affrettano ad agguantare una punta di pasta di cacao ammassata su un piccolo pianale di pietra appoggiato a terra. Il cerchio intorno alla pentola di medie dimensioni, in cui le fave sono appena state tostate e poi ridotte in pasta morbida tramite un mortaio, diventa sempre più stretto. “Non sapevo che gusto avesse il cacao”, spiega Daò, uno egli altri abitanti del villaggio, che da quarant’anni si prende cura della sua piantagione.

La storia del cacao è una storia di paradossi. E questo rito collettivo a cui prendiamo parte in diverse zone del Paese lo descrive nitidamente: dal punto di raccolta della fava alla tavoletta di cioccolato non è il “sapore” quello che conta. Né per i produttori, che spesso non lo conoscono, né in fin dei conti per i consumatori, per cui l’importante è non spendere troppo per soddisfare un “vizio”: un meccanismo in cui a pagare il conto più alto sono la sostenibilità sociale e ambientale. Nello stupore di Amina e Daò c’è anche, e soprattutto, tanta ingiustizia: perché quella scarsa conoscenza del gusto-ma soprattutto delle potenzialità- di quella pianta così centrale nei bilanci famigliari dei produttori è funzionale al mercato, al sistema, agli interessi di chi, su quelle piantagioni, ci costruisce imperi economici. E non ha interesse a far diventare “padrone” di un sapere così prezioso le migliaia di agricoltori che stanno alla base della piramide. “La filiera del cacao ci dice tanto del mondo di oggi, dei processi che si verificano: lo scontro è tra due visioni del mondo. Da un lato quello che standardizza, figlio del neoliberismo, dall’altro quello che invece esalta la biodiversità, le differenze e la loro armonizzazione”, ci racconta Andrea Mecozzi operatore di filiera che si occupa del cacao ivoriano da oltre dieci anni, mentre visitiamo la piantagione di Bole Ndrikro, soprannominato bioman, che nel 2021 ha vinto il premio per il miglior cacao biologico della
cooperativa Ecam. “Ho visto che si diffondevano tante malattie, sulle piante come su di noi -ci racconta Nrdikro-. Ho abbandonato i pesticidi e sono passato al bio per me, per la mia famiglia e per l’ambiente in cui viviamo”.
In questo report vogliamo raccontare le storie di chi, come bioman, dimostra che quella “visione del mondo che esalta la biodiversità” è già realtà. In tutto il Paese cooperative più o meno grandi provano a promuovere pratiche agricole all’avanguardia, attente sia alla dimensione ambientale sia sociale. “Abbiamo visto tante soluzioni innovative e di alto livello -racconta Eugenio Attard, capo missione di Mani Tese in Burkina Faso-. Dall’utilizzo del biocompost alle avanzate tecniche di raccolta dei frutti e di protezione delle piantagioni biologiche. Un sapere davvero prezioso”.
Che però, spesso rischia di essere soffocato dal “sistema cacao”: dall’incontro con produttori, aziende che si occupano di esportare le fave di cacao, realtà che trasformano in loco il prodotto finito, esperti che si occupano da anni del tema abbiamo ricostruito la filiera del cacao: dalla piantagione fino al prodotto finito.

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