L’Africa e l’Expo 2015. Un problema di rappresentazione

Pubblicato da Corriere Sociale il 30 ottobre 2015 Se proviamo a fare un gioco e disegniamo una mappa del mondo, dando ai vari Paesi le dimensioni degli stand di Expo 2015, vediamo subito che è stata l’esposizione dell’Europa e del petrolio. L’Europa e i Paesi del Golfo ci appaiono come bolle sul punto di esplodere. […]

Pubblicato da Corriere Sociale il 30 ottobre 2015

Se proviamo a fare un gioco e disegniamo una mappa del mondo, dando ai vari Paesi le dimensioni degli stand di Expo 2015, vediamo subito che è stata l’esposizione dell’Europa e del petrolio.

L’Europa e i Paesi del Golfo ci appaiono come bolle sul punto di esplodere. L’Africa a Sud del Sahara invece è un buco nero nella mappa, con l’eccezione di Sudan e Angola, gli unici due Paesi africani ad essere presenti fuori dai cluster. Vale la pena di notare che i due Paesi sono tra i grandi produttori di petrolio africano e che si trovano nelle prime posizioni nella poco lusinghiera classifica degli stati con i governi da più tempo al potere.

Al di là di questi casi, è l’intera Africa a Sud del Sahara ad essere stata poco e male rappresentata a Expo 2015. Quattordici Paesi non hanno partecipato, alcuni per mancanza di risorse o perché impegnati in difficili transizioni politiche (Burkina Faso e Repubblica Centrafricana). Tra i grandi assenti ci sono però giganti dell’economia africana come la Nigeria e il Sudafrica.

I 35 Paesi presenti si sono sistemati quasi tutti nei cluster, riproponendo vecchie immagini e stereotipi che vedono l’Africa come continente arido (7 Paesi nel cluster paesi aridi) o come produttore di beni per l’Europa (17 Paesi nei cluster, caffè, cacao, frutta e spezie).

Il caso più buffo è quello della Liberia, collocata dagli organizzatori nel gruppo dei Paesi aridi. Peccato che la Liberia sia il quattordicesimo Paese più piovoso al Mondo.

L’Africa non arida invece è quella che produce per l’Occidente. Paesi come l’Etiopia, il Kenya, l’Uganda, il Rwanda sono finiti nel cluster del caffè, senza che nessuno si interrogasse sul fatto che in questi Paesi il 20-30% della popolazione locale non ha accesso a cibo sufficiente per vivere.

Nell’Expo 2015 è mancata la prospettiva delle popolazioni locali. Tolte alcune eccezioni nei padiglioni africani si è parlato poco di cibo e quando lo si è fatto, era sempre il cibo degli altri, del Nord globale. Gli africani avrebbero molto da dire soprattutto su un modello di agricoltura diverso, fondato sulle reti produttive e commerciali locali che portano benefici alle popolazioni locali.

Il continente africano è in grande evoluzione, l’economia cresce rapida, ma rimane rappresentato con gli stereotipi della sterilità o dell’agricoltura. Mani Tese, con il lavoro all’interno di Expo dei Popoli, in questi mesi ha invitato rappresentanti dei movimenti contadini africani dentro e fuori lo spazio espositivo di Expo 2015. Affrontare l’eredità di Expo 2015 significa sviluppare le idee positive emerse per cambiare un modello alimentare che emargina centinaia di milioni di persone a favore degli interessi di pochi soggetti, nel Nord e nel Sud globale.