IL COPRIFUOCO SVELA TUTTA LA GRAVITÀ DEL FENOMENO DEI BAMBINI TALIBÈ

Da novembre a oggi sono stati 90 i minori di strada accolti nel centro in Guinea-Bissau sostenuto da Mani Tese e poi riunificati alle proprie famiglie.

di Giulia Inguaggiato, Cooperante di Mani Tese in Guinea-Bissau

È passato quasi un anno da quando, con lo scoppio della pandemia da Covid-19 nell’Africa Occidentale, le misure restrittive imposte dagli Stati per tentare di contenere il propagarsi della malattia, ed evitare le conseguenze disastrose che già si registravano da qualche mese nel resto del mondo, hanno messo in luce la gravità del fenomeno dei minori Talibé.

Con l’imposizione del coprifuoco da parte del Governo Senegalese, è emersa con maggiore chiarezza la debolezza di coloro che una casa nella quale vivere non ce l’avevano e che avevano fatto della strada la propria dimora. Nel solo maggio del 2020, sono stati individuati più di mille bambini in condizione di vulnerabilità. Numeri importanti che sono aumentati nel corso dei mesi e che hanno portato il Ministero della Famiglia senegalese a prendere la decisione di ritirare i bambini dalle strade ed accoglierli nei diversi centri di accoglienza, governativi e non, presenti sul territorio nazionale.

Effettuate le consuete operazioni volte a identificare la nazionalità dei minori con lo scopo di condurli nelle rispettive comunità di appartenenza, si è confermata la natura transfrontaliera del fenomeno. La maggior parte dei bambini erano senegalesi, ma sono stati identificati anche numerosi minori non accompagnati provenienti dalla Guinea-Bissau, dalla Guinea Conakry e dal Gambia. Numeri più contenuti si registravano, invece, per coloro che provenivano da Mali, Nigeria e Togo. Se i bambini di origine senegalese sono stati in poco tempo ricongiunti alle proprie famiglie, un diverso destino è toccato ai minori di altra nazionalità.

Le informazioni che giornalmente giungevano in Guinea-Bissau dal vicino Paese di confine hanno condotto istituzioni, organizzazioni internazionali, ONG e associazioni locali a costituire una Task-Force transfrontaliera per facilitare il rientro dei minori di origine guineense. Tuttavia, nonostante gli sforzi e le azioni congiunte, i minori non hanno potuto fare rientro in Guinea-Bissau prima di novembre dello stesso anno. L’emergenza pandemica, infatti, si è prepotentemente aggiunta a quella cronica che si registrava nel Paese, mettendo in luce le fragilità di uno Stato che da solo non è in grado di fronteggiare un fenomeno ampio e complesso. La chiusura delle frontiere terrestri ha certamente rallentato le operazioni di rientro, ma l’assenza di mezzi e risorse da parte dello Stato, uniti alle carenze strutturali determinate dalla mancanza di centri statali e all’impossibilità di fornire una risposta efficace capace di fare fronte a numeri tanto elevati, hanno ostacolato la possibilità di intervenire con maggiore rapidità.

Il contributo di AMIC, associazione locale che si occupa della protezione dei minori Talibé e con la quale Mani Tese coopera ormai da diversi anni, è stato fondamentale per superare la situazione di stallo venutasi a creare e grazie al progetto “Investire sul futuro: protezione, formazione e occupazione per i migranti di ritorno, i migranti potenziali ed i migranti minori non accompagnati in Senegal, Gambia e Guinea Bissau”, co-finanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo, è stato possibile agire con risposte concrete. Dal primo ingresso avvenuto a novembre, sono stati accolti e riunificati alle proprie famiglie 90 bambini Talibé. Tutti i minori accolti nel centro di accoglienza temporanea di AMIC di Gabu, unico del Paese, hanno ricevuto supporto psico-sociale e assistenza sanitaria iniziali, oltre che kit di igiene e vestiti.

Nel corso di questi mesi, abbiamo anche contributo a rendere più accogliente il centro di AMIC, acquistando mobili e letti, dotandolo di un sistema di illuminazione alimentato con pannelli solari e fornendo la cucina di beni e servizi necessari per assicurare i pasti giornalieri. Abbiamo inoltre comprato strumenti musicali, giochi e materiale ludico e stiamo dotando il centro di un parco giochi per garantire ai minori un’accoglienza idonea e tentare di restituire, in parte, un’infanzia spesso negata.

Consapevoli che il reinserimento nelle comunità possa essere spesso difficile e complesso, stiamo anche assicurando un accompagnamento post-reingresso. Così, una volta ricongiunti alle comunità di origine, i bambini e le famiglie continuino a ricevere supporto psico-sociale, forniti da uno psicologo e da un assistente sociale che visitano i villaggi e che, allo stesso tempo, assicurano la reintegrazione scolastica, incontrando i maestri delle scuole comunitarie, pagando la retta di iscrizione e fornendo dei kit scolastici.

Stiamo facendo del nostro meglio per rispondere in maniera efficace a una crisi che non sembra possa dirsi superata. Continuiamo a ricevere liste contenenti i nomi di minori di origine guineense identificati in Senegal e adesso, considerata l’imminenza della stagione delle piogge che renderà ancora più difficili le operazioni di ingresso e reintegro dei minori e l’ormai prossima conclusione del progetto in corso, stiamo effettuando una vera e propria corsa contro il tempo.

Continueremo ad agire fino a quando ne avremo le possibilità, ma è chiaro che sarebbe opportuno un intervento più strutturato da parte dello Stato e una risposta che possa fare fronte alle complessità di un fenomeno nel quale usi, costumi e tradizioni sono ormai amalgamati alle ristrettezze economiche in cui ancora vivono parecchie famiglie nelle zone più remote del Paese e che probabilmente saranno acuite proprio dalla pandemia.