DALLA PARTE DELL’EUROPA CIVILE

Da più organismi internazionali vengono segnalati il restringimento degli spazi democratici e delle risorse per le organizzazioni della società civile. Un fenomeno preoccupante da porre all’attenzione in vista del prossimo voto europeo di maggio.

di ELIAS GEROVASI, Responsabile Progettazione e Partenariati di Mani Tese

DA PIÙ ORGANISMI INTERNAZIONALI VENGONO SEGNALATI IL RESTRINGIMENTO DEGLI SPAZI DEMOCRATICI E DELLE RISORSE PER LE ORGANIZZAZIONI DELLA SOCIETÀ CIVILE. UN FENOMENO PREOCCUPANTE DA PORRE ALL’ATTENZIONE IN VISTA DEL PROSSIMO VOTO EUROPEO DI MAGGIO.

Che negli ultimi anni il clima attorno alla società civile si stia in qualche modo deteriorando anche in Europa sono in molti a sostenerlo. Se fino allo scorso decennio le segnalazioni più preoccupanti arrivavano principalmente da Paesi autoritari come Cina, Egitto, Etiopia, India, Russia, Siria e Zimbabwe, solo per citarne alcuni, oggi non si può dire che i Paesi dell’Unione Europea siano completamente immuni da dinamiche simili. Di grave preoccupazione sono state le recenti sfide ai diritti civili in Ungheria, le leggi anti-protesta in Spagna, le misure anti-terrorismo in Francia, le limitazioni alla libertà dei media in Polonia e le campagne di delegittimazione delle ONG nel Regno Unito e in Italia. Le motivazioni che hanno indotto alcuni governi a limitare certi spazi civici sono diversi per origine e per obiettivo: argomenti di sicurezza nazionale e risposta agli attacchi terroristici, interessi economici, argomenti di sovranità nazionale o più semplice convenienza elettorale.

A far emergere questo scenario però non sono più soltanto le stesse organizzazioni della società civile tanto che il tema del restringimento degli spazi democratici e del cosiddetto clima ostile nei confronti della società civile è sotto i riflettori del Consiglio d’Europa, ovvero l’organizzazione internazionale fondata all’indomani della seconda guerra mondiale che ha il ruolo di garante della sicurezza democratica basata sul rispetto dei diritti dell’uomo, della democrazia e dello Stato di diritto nei 47 Paesi aderenti del continente europeo.

Società civile: il clima è cambiato

Dopo la segnalazione di un certo numero di organizzazioni giovanili al Consiglio d’Europa in merito a specifici casi di crescente violazione della libertà di associazione, riunione ed espressione, in breve ciò che è stato definito il “restringimento degli spazi per la società civile” (shrinking space for civil society), è stato il Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa a bollare come “deteriorato” il clima nel quale si trovano a operare le ONG in alcuni Paesi europei. Un recente studio della Corte europea dei diritti dell’uomo, che ha coinvolto le ONG negli Stati membri, ha messo in luce un numero rilevante di “azioni insidiose per limitare le libertà della società civile”. Infine l’Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali afferma che le organizzazioni della società civile europee hanno sempre più difficoltà a sostenere la protezione, la promozione e realizzazione dei diritti umani all’interno dell’Unione a causa di restrizioni sia legali che pratiche imposte dagli Stati membri.


“Le libertà politiche non sono un lusso in uno stato democratico; sono una necessità. Una società democratica non può essere costruita o preservata se la libertà di riunione e la libertà di associazione non sono garantite, incoraggiate e rispettate. Queste libertà politiche sono un controllo indispensabile su qualsiasi potere democratico. La libertà di riunione e la libertà di associazione sono elementi chiave per la sicurezza democratica”.

Thorbjørn Jagland, Segretario Generale del Consiglio d’Europa


Le richieste al Parlamento Europeo che verrà

I timori di molta parte della società civile europea si intensificano in vista delle elezioni europee del maggio prossimo che secondo gli analisti potrebbero cambiare di molto lo scenario politico europeo. Molte delle forze politiche che a livello nazionale hanno promosso il braccio di ferro con il mondo delle Ong e della società civile (come Italia, Ungheria, Polonia) sono destinate ad allargare i propri numeri rendendo ancora più ostile il clima all’interno dell’Europarlamento.

Ma la preoccupazione delle Ong non riguarda esclusivamente la propria posizione e gli spazi di agibilità della propria azione quanto la sensibilità delle istituzioni e la centralità dei temi principali che le Osc (Organizzazioni della società civile) promuovono nell’attualità europea. E’ su questo che la confederazione europea delle ONG Concord Europe, insieme alle altre principali reti di società civile, a livello continentale si sta mobilitando. Mantenere alta la centralità dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, dell’Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici e delle convenzioni sui diritti umani in un periodo storico che vede importanti attori dello scacchiere geopolitico prendere a picconate questi inviolabili riferimenti globali; è su questo che si giocherà la campagna di mobilitazione nei primi sei mesi del 2019 rivolta in particolare ai futuri euro parlamentari, alle forze politiche e più in generale all’opinione pubblica.

La cooperazione internazionale arretra

Altri segnali che qualcosa non va rispetto al ruolo presente e futuro della società civile in Europa si possono scovare tra le righe del futuro bilancio dell’Unione Europea, il Multiannual Financial Framework 2021-2027 che sarà approvato a Bruxelles entro maggio prossimo.

Nella proposta della Commissione Europea i fondi per la cooperazione e l’aiuto allo sviluppo saranno contenuti in un nuovo unico strumento finanziario denominato Neighbourhood, Development and International Cooperation Instrument (NDICI) sul quale le ONG europee si sono già mobilitate evidenziando la carenza di un esplicito impegno sullo sviluppo sostenibile, sulla lotta contro le ineguaglianze e lo sradicamento della povertà al di là dei generici riferimenti agli obiettivi di sviluppo sostenibile.

La governance di questo nuovo strumento marginalizza la società civile poiché a oggi la bozza di regolamento non prevede un impegno della Commissione al dialogo e alla collaborazione con la società civile in tutti gli strumenti di azione esterna, attraverso adeguate modalità di partecipazione alla definizione delle politiche di sviluppo dell’UE e ai programmi e alle operazioni tematiche e geografiche, come era invece consolidato nella gestione degli strumenti finanziari in passato.

In termini quantitativi inoltre potrebbero venir meno delle risorse esplicitamente dedicate al lavoro delle organizzazioni della società civile o al rafforzamento delle stesse nei Paesi partner. Come a dire che per la società civile potrebbero esserci meno risorse e un ruolo ancora più marginale nel processo di policy making a livello europeo.

Articolo pubblicato sul numero di Dicembre 2018 del Giornale di Mani Tese