Crisi climatica

Mirko Cecchi


Gli Accordi di Parigi del 2015 furono salutati come una svolta storica. Gli Stati, riuniti nella Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC), si impegnarono a contenere l’aumento della temperatura media globale sotto i 2 °C rispetto ai livelli preindustriali e a fare di tutto per di limitare tale incremento a 1,5 °C, poiché questo avrebbe ridotto sostanzialmente i rischi e gli effetti dei cambiamenti climatici. Sei anni dopo, gli impegni concreti annunciati da quegli stessi Stati sono ampiamente insoddisfacenti.


L’opinione pubblica è scossa dalle calamità naturali che ormai battono duro ad ogni latitudine ma, anche a causa di decenni di informazione negazionista e di greenwashing da parte delle imprese multinazionali energetiche, fatica a comprendere fino in fondo le connessioni con la crisi climatica e le conseguenze dell’inazione dei governi.
Mani Tese è parte di una rete nazionale e internazionale che promuove la Giustizia Climatica, un cambiamento economico e sociale volto a fermare le cause ed invertire gli effetti del riscaldamento globale, ridistribuendo in modo equo i rischi e ridando un ruolo forte al settore pubblico e alla partecipazione della società civile e dei movimenti ambientalisti.


Un impegno di giustizia che conferisce alla crisi climatica una dimensione etica e politica e che esige di considerare che coloro che subiscono le conseguenze più gravi del cambiamento climatico sono coloro che hanno contribuito in misura minore a crearlo.
Sulla scorta di questo principio, siamo impegnati a chiedere con ogni mezzo, pacifico e non violento

  • a livello internazionale che i principali Stati emettitori, a partire da quelli che storicamente hanno più inquinato:
    • si dotino, senza ulteriori ritardi, di piani vincolanti e monitorabili per mantenere l’innalzamento delle temperature sotto 1,5°;
    • finanzino, senza ulteriori ritardi, il Fondo Verde per il Clima (100 miliardi all’anno) per aiutare i paesi in via di sviluppo a ridurre le loro emissioni e ad adattarsi al cambiamento climatico;
  • a livello italiano che la ripartenza post-Covid sia improntata a:
    • investire veramente nella transizione ecologica, puntando su energia rinnovabile diffusa, mobilità sostenibile, efficientamento energetico degli edifici;
    • vincolare i sussidi pubblici alle imprese alla loro riconversione ecologica e istituire un programma di monitoraggio che preveda tempi certi e indicatori chiari;
    • tutelare i lavoratori e le lavoratrici che rischiano di perdere il loro posto nel corso della transizione ecologica,
    • attraverso ammortizzatori sociali universali,
    • formazione permanente e riqualificazione professionale;
    • ripensare il sistema agroalimentare, sostituendo il modello industriale basato su chimica, petrolio e monoculture con il modello agroecologico basato sulla circolarità della produzione, la tutela dell’agrobiodiversità e la dignità delle persone che producono, trasformano e distribuiscono il cibo;
    • garantire a tutte e a tutti il diritto di vivere in ambienti salubri, liberi da fonti inquinanti di qualsiasi natura, e mettere in sicurezza dell’intero territorio nazionale, contrastando il dissesto idrogeologico, l’abuso edilizio, il consumo di suolo e la deforestazione.