IL COVID19 IN BURKINA FASO: «SE FAREMO IL LOCKDOWN, LA GENTE MORIRÀ DI FAME»

No, in Burkina Faso non andrà tutto bene: la drammatica descrizione della situazione nel Paese a cura di Giulia, la nostra cooperante in Burkina Faso.

Prendete 364 casi di Covid-19 dichiarati ufficialmente, frontiere aeree chiuse, principali città in quarantena, coprifuoco dalle 19 alle 5, raggruppamenti vietati sopra le 50 persone e i più grossi mercati chiusi. Aggiungete una desertificazione crescente, attacchi terroristici sempre più frequenti con conseguente aumento costante degli sfollati interni e condite il tutto con una temperatura che si aggira tra i 42 e i 46 gradi (di notte 38-40)…Ecco la situazione del Burkina Faso ai primi di aprile 2020.

La gestione della pandemia non è semplice, da nessuna parte, ma quando si vive in un Paese che affronta ogni giorno molte difficoltà di base, la faccenda si complica ulteriormente. Qui non possiamo pensare a un lockdown come in Italia o rischieremmo di far morire letteralmente di fame un numero incredibilmente elevato di persone. E poi con quale esercito terremmo monitorato il rispetto di questa misura? Dovremmo spostare i soldati che arginano le incursioni terroristiche dalle zone rosse alle città…Siamo sicuri che sarebbe una buona idea?

Quando parlo di morire di fame, non sono esagerata: già con la chiusura dei mercati nella capitale da una decina di giorni, molte persone si ritrovano sul lastrico. Chi lavora al mercato infatti sono tendenzialmente donne, molto spesso con un livello di istruzione basso o inesistente, che guadagnano sui 3/4 euro al giorno vendendo frutta e verdura e che, con i loro introiti, contribuiscono al mantenimento di famiglie numerosissime (15-20 persone).

Altra condizione di difficoltà in questo periodo sono i bambini che devono stare a casa scuola per evitare i contagi. Ma siamo ad aprile e, con il caldo che fa e l’assenza di elettricità nella maggior parte delle abitazioni (quindi niente ventilatori o aria condizionata), come li si può tenere in casa? Bisogna lasciarli andare fuori, ma ciò significa che staranno tutto il giorno in giro a giocare con altri bambini, aumentando i rischi per tutta la famiglia.

Lo stesso dicasi per il coprifuoco, che evita che le persone si radunino in massa nei maquis, ma come trovare refrigerio durante la notte se si vive sotto un tetto di lamiera?

Bisogna stare dentro, ma bisogna stare fuori; bisogna far rispettare le misure, ma non bisogna farlo superando i limiti…Che fare, allora?

La polizia reagisce molto duramente con chi prova a infrangere le regole, tanto che il Procuratore della Repubblica ha già intimato di evitare forme di violenza.

E non c’è da ben sperare, visto che tra un paio di settimane circa inizierà il Ramadan con i consueti ritrovi notturni di convivialità.

Considerate anche che stiamo parlando di una popolazione con un tasso di scolarizzazione al di sotto del 40% (secondo il CIA World Factbook), dove comprendere e far comprendere l’importanza di certi provvedimenti è difficilissimo.

Vi faccio un esempio: come Mani Tese, non appena sono stati dichiarati i primi casi di Covid-19 nel Paese, abbiamo sospeso tutte le attività che prevedessero la presenza di più di 5 persone nello stesso posto e abbiamo iniziato a diffondere tra partner e beneficiari dei nostri progetti buone pratiche di igiene e prevenzione. Perché sì, il provvedimento nazionale prevede il divieto di assembramenti di più di 50 persone, ma se consideriamo un tasso di contagio di 2,5 a persona (dato medio in Italia ma, date le condizioni promiscue di vita, in Burkina Faso andrebbe addirittura aumentato), anche se siamo in 10 in una stanza, con un solo caso positivo ne avremmo 35 in poche ore!

Però giusto ieri ero sotto casa e mi ferma un signore che voleva parlarmi per avere un contributo per un torneo di calcio organizzato nel terreno dietro casa. Io, che di lavorare non smetto nemmeno quando porto il cane a passeggio, di norma gli avrei risposto chiedendogli budget e preventivi firmati e timbrati, ma data la situazione mi sono limitata semplicemente a ricordargli che la misura presa dal governo contro gli assembramenti cozzava con il suo programma. La sua risposta è stata: “madame, ma non saremo più di 25!”. Ora, io non sono una sportiva accanita, ma mi risulta che le squadre di calcio siano composte da 11 persone. Facciamo che abbia sbagliato e che non sia un torneo, ma una singola partita: ci saranno dunque almeno 11+11 giocatori, le riserve (stiamo bassi e facciamo solo 4), 1 arbitro, 2 allenatori e un solo amico per ogni giocatore, quindi 22 spettatori. Siamo già a 51 persone ovvero 178,5 persone potenzialmente contagiate in un attimo.

Sappiamo bene, inoltre, che ogni giorno esce una fake news diversa su prodotti miracolosi che guarirebbero o preverrebbero dal virus. Ho letto di aglio, canarini (il famoso acqua e limone), tisane, rituali e chi più ne ha più ne metta. Se avete in mente quanto grave sia il fenomeno dell’analfabetismo funzionale in Italia, pensate a quanti danni possa fare in un paese con il 64% di analfabeti veri, che si bevono un bel bicchierone di acqua calda e limone e se ne escono a far festa pensando di essere immuni.

E ancora: in un Paese dove ci sono meno di 2000 tamponi disponibili, non si trova più gel igienizzante da settimane tranne dagli sciacalli che rivendono una bottiglietta da 1200 fcfa (meno di 2 euro) a 10.000 (oltre 15 euro) e ora si stanno stampando i respiratori con le stampanti 3D.

Quindi che si fa? Si spera e si prega molto.

Noi di Mani Tese stiamo continuando a lavorare ai nostri progetti per non interrompere il supporto alle popolazioni locali e garantire la sicurezza alimentare e l’autosostentamento delle comunità attraverso lo sviluppo sostenibile. Ma, come ho spiegato, non possiamo far finta di nulla quindi se, da un lato, abbiamo sospeso le attività che potevano esporre a rischi i nostri beneficiari, dall’altro abbiamo incrementato la vendita dei prodotti agro-ecologici del nostro partner di Loumbila, l’unione di produttori agro-ecologici NANGLOBZANGA (un’unione di cooperative di contadini), prevedendo la consegna a domicilio in sicurezza. Abbiamo anche iniziato a dotare la sede dei produttori di Loumbila con un nuovo impianto d’irrigazione goccia a goccia e con una stalla per l’allevamento di buoi, che ci stiamo procurando in questi giorni. Inoltre continuiamo a supportare lo sviluppo di 20 imprese locali nel Boulgou e nel Boulkiemdé tramite il sostegno finanziario per gli acquisti e le costruzioni.

Di solito, nelle crisi di questo tipo, la risposta arriva dall’occidente, che corre in aiuto. Questa volta, però, siamo tutti sulla stessa barca e quindi bisogna aiutarsi un po’ tutti e un po’ da soli. Il che è una sfida ma, come dicono i burkinabé, “yel ka bé” (nessun problema), “inch’allah ça va aller, car on est ensemble” (se Dio vuole andrà tutto bene, perché siamo insieme).

Noi di Mani Tese ci crediamo e andiamo avanti.

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