LE CONTRADDIZIONI DELL’ECUADOR: BIODIVERSITÀ, CACAO E SFRUTTAMENTO

Tra gli asset dell’Ecuador c’è il cacao, ma proprio chi lo coltiva è l’ultimo a riceverne benefici. Mani Tese opera perché le piccole filiere riescano ad accedere al mercato puntando sulla qualità.

di STEFANO LECHIARA, Ufficio Advocacy di Mani Tese, e CLAUDIA ZANINELLI, Ufficio Cooperazione Mani Tese

TRA GLI ASSET DEL PAESE C’È IL CACAO, MA PROPRIO CHI LO COLTIVA È L’ULTIMO A RICEVERNE BENEFICI. MANI TESE OPERA PERCHÉ LE PICCOLE FILIERE RIESCANO AD ACCEDERE AL MERCATO PUNTANDO SULLA QUALITÀ

Attraversato dall’Equatore e dalla cordigliera andina, l’Ecuador è il Paese più ricco di biodiversità al mondo. Malgrado un deciso sviluppo del settore terziario, che ha contribuito al considerevole incremento del PIL degli ultimi anni – non sempre omogeneo dal punto di vista della distribuzione sociale –, la sua economia è in larga misura ancora fortemente legata all’esportazione del petrolio e a un tipo di agricoltura che privilegia il modello di agri-business. La proliferazione di progetti estrattivi e la crescente estensione delle aree coltivabili a scapito delle foreste, minacciano la salute pubblica, i diritti dei popoli indigeni e mettono a rischio l’immenso patrimonio ambientale che impreziosisce il paese.

La nuova Costituzione

Nel 2008 è stata promulgata una nuova Costituzione ispirata al concetto del “sumak kawsay” o “buen vivir”, che consiste nella promozione di un nuovo assetto economico e politico improntato all’inclusione sociale e all’armonia tra comunità umane e natura. L’Ecuador vive dunque la contraddizione di un Paese attraversato da spinte culturalmente innovative a cui, però, fanno da contrappeso interessi economici apparentemente irrinunciabili.

Il lavoro di Mani Tese

Mani Tese è presente in Ecuador da circa 20 anni. Attualmente è impegnata nel progetto “Cacao corretto: Rafforzamento delle filiere del cacao e del caffè per la sovranità alimentare dell’Ecuador” (AID-010577), cofinanziato dall’AICS e implementato da COSPE in collaborazione con Mani Tese, FIAN Ecuador e CEDERENA. L’obiettivo è quello di contribuire alla sovranità alimentare mediante il rafforzamento delle filiere del cacao e del caffè, attraverso la promozione di processi di agroecologia, economia sociale e pianificazione territoriale partecipativa nel nord e nella regione centrale costiera. In questo contesto, una delle attività a cura di Mani Tese prevede la sistematizzazione delle buone pratiche di sovranità alimentare sviluppate grazie al progetto, attraverso la divulgazione di un report specifico sulla filiera del cacao in Ecuador.

Cacao per vivere

L’Ecuador è tra i primi quattro Paesi al mondo per produzione di cacao, con un volume di circa 265.000 tonnellate annue. Le foreste ecuadoriane, caratterizzate da un clima mite e alberi ad alto fusto, offrono condizioni ambientali ottimali per la coltivazione di “Cacao Arriba Nacional”, che rappresenta il 63% della produzione mondiale di “Cacao Fino de Aroma”, la varietà più pregiata e rara al mondo. L’agricoltura familiare è alla base dell’intero settore, con oltre 100.000 piccoli produttori ecuadoriani che si occupano di coltivare, raccogliere, fermentare ed essiccare il cacao. Sebbene l’approvvigionamento di cacao dipenda quindi quasi interamente da piccole piantagioni a conduzione familiare, con un’estensione media inferiore ai cinque ettari per “finca”, i piccoli produttori rappresentano l’anello più debole dell’intera catena commerciale. Secondo le stime più recenti, infatti, la fetta di guadagno dei coltivatori diretti varia tra il 6 e l’8% del valore aggiunto totale generato dalla vendita dei prodotti a base di cacao.

Nelle province di Manabì, Esmeraldas, Pichincha, Imbabura e Carchi, situate nel Nord dell’Ecuador e nella regione costiera centrale, vivono 500.000 persone. Qui si concentrano le maggiori coltivazioni di cacao fine dell’Ecuador. La maggioranza della popolazione soprattutto in area rurale ha scarso accesso a sistemi di acqua potabile e fognature, e vive in case di legno e bambù. Oltre a cause che possiamo considerare strutturali, la povertà deriva dalla scarsissima redditività connessa al proprio lavoro di agricoltori. Un paradosso, se consideriamo il grosso peso del cacao nell’export ecuadoriano (705 milioni di dollari solo nel 2015), con il 6,5% della produzione mondiale che deriva proprio da questo paese.

L’incapacità di trarre un equo profitto dalla vendita del cacao dipende da una combinazione di fattori. Da un lato vi sono ragioni globali connesse al mercato e dall’altro, invece, vi sono questioni legate al contesto ecuadoriano: la maggior parte dei produttori non è legalmente proprietaria della terra che coltiva, con la conseguente difficoltà nell’accesso a servizi pubblici e finanziari; i processi produttivi si caratterizzano per una qualità scadente; la compravendita di cacao in grani è dominata da intermediari che, approfittando di una situazione di oligopolio e dell’isolamento dei produttori, pagano a questi ultimi un premio nettamente inferiore rispetto al valore di mercato.

Sostegno alle filiere di qualità

Il progetto “Cacao corretto” ha promosso un intervento di rafforzamento delle piccole filiere di alta qualità del cacao e del caffè con l’obiettivo di garantire un maggiore accesso al mercato e, di conseguenza, un miglioramento economico e sociale all’interno delle comunità rurali di riferimento. Grazie alla collaborazione con aziende italiane come Venchi, oltre duemila produttori di cacao hanno
beneficiato di assistenza tecnica di campo continuativa e di un percorso pluriennale di formazione sulla gestione delle piantagioni e sulle pratiche di post raccolta e processamento. Unite alla consegna di impianti produttivi, mezzi e strumenti di lavoro, queste attività hanno raggiunto il risultato di migliorare la qualità del cacao nonché la produttività stessa. Ogni ettaro coltivato a cacao nazionale, dopo il progetto, rende quasi il 50% in più.

Un secondo asse di intervento ha riguardato l’empowerment di 4 organizzazioni di produttori di cacao: COCPE, APROCANE, ASOPROAGRIPAIS e ASOPROAGRICACAO. Il progetto è riuscito in diversi intenti: aprire nuovi canali di vendita, sia indiretta che diretta e incrementare il commercio associativo; porre le basi per una micro-impresa in grado di sviluppare pasta di cacao; aumentare il potere di contrattazione; rafforzare la presenza dei produttori alle principali fiere nazionali (ruedas de negocios) e internazionali (come la partecipazione a “Terra Madre” nel 2018) aumentando concretamente la capacità di individuare nuovi potenziali acquirenti. Nello specifico, dotando di un fondo di capitale rotativo le organizzazioni e investendo nella formazione in relazioni commerciali, le associazioni sono adesso in grado di commerciare, complessivamente, il 24% in più di cacao. Una quantità considerevole di questo cacao si piazza ora nei segmenti più elevati di mercato ed il prezzo corrisposto dai buyers alle associazioni non solo è complessivamente maggiore rispetto a quello di borsa, ma è soprattutto più alto rispetto a quello che viene riconosciuto ai singoli produttori che da soli, invece, hanno scarso potere negoziale. Potendo pre-acquistare maggiori volumi di cacao e rivenderli a prezzi concorrenziali, le organizzazioni possono ora assicurare ai produttori un premio più equo: una media di 1.654 dollari per tonnellata contro i 1.372 dollari pagati dai traders locali. Le associazioni, quindi, possono finalmente reinvestire il surplus dei ricavi all’interno delle stesse comunità, ovviando al gap di partenza che impediva loro di offrire servizi adeguati ai soci e agli abitanti delle aree di intervento.

Articolo pubblicato sul numero di Dicembre 2018 del Giornale di Mani Tese