11/04/2019

Quello di Poipet è uno dei sei valichi che consentono di oltrepassare la frontiera che divide la Cambogia dalla Thailandia. Ogni anno migliaia di Cambogiani decidono di attraversarla per cercare fortuna nel Paese vicino, spinti dalla speranza e della ricerca di condizioni di vita migliori.

Qui, come spesso accade in zone di confine, dove si ammassano a vivere migliaia di disperati, i trafficanti di esseri umani proliferano, trovando un mercato fertile per le loro attività illecite. Insieme agli adulti, migliaia di bambini si trovano a vivere quest’esperienza traumatica, divenendone le maggiori vittime. Si stima che proprio a Poipet passi circa il 70% dei bambini vittime di tratta, che trovano poi impiego nelle grandi città thailandesi come mendicanti, forza lavoro nei campi o, peggio ancora, nel racket della prostituzione minorile.

Numerosi sono inoltre i bambini che, pur avendo la fortuna di non finire nel circolo del lavoro nero, dell’accattonaggio o della prostituzione, si trovano a essere coinvolti in situazioni ai limiti dell’umano. Una di questi è Bopha (nome di fantasia), la più giovane ospite del centro di prima accoglienza di Damnok Toek sostenuto da di Mani Tese.

Bopha è nata in Thailandia da genitori cambogiani. Subito dopo la sua nascita, la coppia si è separata e la bimba è stata affidata al padre. Per poter provvedere alla sua crescita, il padre di Bopha ha lavorato in condizioni estremamente dure. Ciò nonostante le condizioni di vita si sono rivelate insostenibili, e così ha deciso di fare ritorno in Cambogia, a Battambang, dove, grazie al sostegno ricevuto dalla nonna paterna, la piccola Bopha è cresciuta ed è stata educata. Il padre di Bopha, non riuscendo a guadagnare abbastanza con il suo lavoro di muratore, dopo qualche anno si è trasferito con la figlia a Poipet per tentare di attraversare il confine e tornare in Thailandia.

Lì, è stato catturato dalla polizia di frontiera e arrestato con l’accusa di migrazione illegale. Bopha è quindi stata accolta nel centro di prima accoglienza di Damnok Toek nell’aprile 2018. Gli operatori riferiscono che quando Bopha è arrivata “soffriva di malnutrizione. Le sue condizioni fisiche non erano normali, era magra e presentava ritardi nello sviluppo. Inoltre, non era mai andata a scuola. All’inizio la bambina era molto timida e presentava disturbi da stress post traumatico. Durante il primo mese è stato molto difficile coinvolgerla nelle attività quotidiane”.

Nel corso dei mesi la situazione è andata però migliorando: Bopha ha imparato a leggere, ha iniziato a interagire con gli altri bambini ospiti del centro e a partecipare alle attività quotidiane. È diventata più sicura di sé, ama in particolar modo ballare e disegnare e, parlando del futuro, ripete spesso che vorrebbe diventare un’insegnante di inglese. Bopha vorrebbe anche avere l’opportunità di vivere con la sua famiglia ma purtroppo le condizioni giuridiche del padre e l’azianità della nonna attualmente non lo consentono.

L’impegno di Damnok Toek è dunque ora rivolto a supportare il padre di Bopha per poterne migliorare le condizioni economiche e favorire così il ricongiungimento con la figlia.

Il percorso per il ricongiungimento probabilmente impiegherà diversi anni prima di potersi concludere ma, nel frattempo, Bopha continuerà a studiare e a essere ospite nei centri di Damnok Toek insieme a tanti altri bambini.

Grazie al sostegno di Mani Tese, il centro di prima accoglienza di Damnok Toek ha già accolto più di 150 bambini, riuscendo a reintegrarne quasi l’80% nelle famiglie d’origine, garantendo loro un futuro sereno e un presente dignitoso.

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Responsabile Cooperazione Internazionale

Giovanni

Sono Giovanni Sartor, laureato in Scienze Politiche con una tesi sulla transizione politica in Senegal, una volta conclusi gli studi ho cominciato fin da subito ad occuparmi di “mondo” lavorando per tre anni e mezzo come Responsabile di una casa di accoglienza per migranti, richiedenti asilo e studenti stranieri. Nel 2000 parto per il Kenya […]

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