I BAMBINI DI TARANTO VOGLIONO VIVERE: L’INCHIESTA SU GIUSTIZIAMBIENTALE.ORG

Mani Tese, insieme a Cittadini Reattivi, si è recata in missione a Taranto per valutare i danni sanitari e ambientali di uno dei luoghi simbolo dell’ingiustizia ambientale italiana ed europea. Attraverso la voce dei protagonisti, Rosy Battaglia (Cittadini Reattivi) ha realizzato un reportage pubblicato oggi su Giustiziambientale.org, il portale che dà voce agli attivisti ambientali […]

Mani Tese, insieme a Cittadini Reattivi, si è recata in missione a Taranto per valutare i danni sanitari e ambientali di uno dei luoghi simbolo dell’ingiustizia ambientale italiana ed europea. Attraverso la voce dei protagonisti, Rosy Battaglia (Cittadini Reattivi) ha realizzato un reportage pubblicato oggi su Giustiziambientale.org, il portale che dà voce agli attivisti ambientali promosso da Mani Tese insieme ad altri esperti.

“I bambini di Taranto vogliono vivere” è il disperato appello affisso un anno fa sulle mura di Taranto. Al suo posto oggi ne campeggia un altro: “Noi non dimentichiamo i complici del nostro genocidio”. Sono infatti i bambini i primi a soffrire dell’inquinamento emesso dal comparto industriale su cui domina la più grande acciaieria d’Italia e d’Europa.

Il reportage riassume i principali dati relativi ai danni sulla salute delle persone, intervallati dalla narrazione di chi vive quotidianamente questa situazione, come quella di Anna Maria Moschetti, medico pediatra responsabile dell’associazione Culturale Pediatri di Puglia e Basilicata per le malattie dei bambini legate all’inquinamento, membro del collegio regionale degli esperti del presidente Emiliano, nelle Commissioni Ambiente, Salute e ILVA. “Come pediatra faccio azione di advocacy – dice la Moschetti – chiedo la sospensione immediata dell’esposizione della popolazione tarantina alle sostanze tossiche”.

Ma sono tante altre le voci che si alternano nell’inchiesta, come quella di Giuseppe Roberto, ex-operaio dell’ILVA o di Alessandro Marescotti, presidente di Peacelink, docente e figura storica dell’attivismo tarantino e nazionale, che afferma: “La sorpresa fu scoprire che impianti industriali come ILVA potevano emettere 1000 volte più diossina di un inceneritore e in termini di concentrazione, 1000 volte di più di quanto emesso da un’acciaieria tedesca. Capimmo così che le norme erano state costruite secondo criteri di ingiustizia”.

Inizia così la grande attività di monitoraggio ambientale di Peacelink e il lungo iter delle indagini sull’ILVA, di cui il reportage ripercorre le principali tappe e che, a distanza di 5 anni, non ha ancora prodotto la cessazione delle emissioni. Tanto che oggi il vento a Taranto fa ancora paura. Basta infatti che spiri da nord ovest per mettere in pericolo la salute di bambini e adulti.

I cittadini tarantini continuano la loro battaglia e, dopo i numerosi decreti “sala ILVA” del Governo per rimediare al sequestro senza facoltà d’uso ordinato dalla Magistratura nel 2012, si apre alla Corte di Strasburgo un procedimento contro lo Stato Italiano, di cui attualmente si attende la sentenza. Fra le accuse dei cittadini tarantini dirette allo Stato, quella della violazione degli obblighi di protezione della vita e della salute (art.1 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo) dei singoli e delle loro famiglie.