L’agroecologia vuol essere una risposta a tutto ciò, sfruttando i processi naturali, creando opportune sinergie fra le varie attività agricole, riducendo al minimo il ricorso a input tossici, utilizzando processi ecologici per sviluppare e attuare le politiche agricole.
Scendendo in ulteriori dettagli si tratta di:
– utilizzare preferibilmente risorse rinnovabili
– ridurre o addirittura eliminare il ricorso a input esterni, favorendo l’autosufficienza
– mantenere la diversità dell’agricoltura nel tempo e nello spazio
– favorire le sinergie fra i vari elementi
– diversificare le fonti di reddito agricolo
– promuovere la conoscenza degli operatori
– costruire sistemi alimentari che offrano diete sane e diversificate
– favorire un commercio equo, un lavoro dignitoso e tutelare i diritti dei lavoratori
– creare reti di distribuzione eque e corte
– favorire una governance responsabile delle risorse naturali
– favorire la partecipazione ai processi decisionali da parte di produttori e consumatori.
Insomma, si tratta di qualcosa di molto diverso dalle colture intensive ricche di pesticidi e in cui l’operatore è solo un bracciante sovente sfruttato.
Le esperienze al riguardo di Mani Tese in Africa mostrano come l’agroecologia sia in un primo tempo leggermente più onerosa dell’agricoltura tradizionale, per poi divenire nettamente più conveniente nel medio e lungo periodo, preservando i terreni dal logorio connesso all’agricoltura tradizionale.
Ma ciò che forse più conta è che essa mira alla costruzione di un nuovo sistema alimentare e nutrizionale non solo sostenibile, ma anche capace di proteggere i sistemi di supporto alla vita, fra cui l’ambiente.