Il cibo degli Dei

A cura di Giovanni Mozzi

A chi non piace il cioccolato? Il cacao è il suo principale componente. La pianta fu coltivata per la prima volta dai Maya, che addirittura sembra che ne usassero i semi anche come moneta di scambio. Seguirono i Toltechi e poi gli Aztechi, finché nel 1528 Ferdinando Cortés importò per la prima volta in Spagna i primi sacchi dei preziosi semi di cacao.

Ed anche il nome scientifico che fu dato alla pianta, Theobroma cacao, è molto significativo: Theobroma, cioè cibo degli dei, da cui prende anche il nome, teobromina, l’alcaloide che contiene e che ci dà tanto piacere fissandosi ad un qualche recettore del nostro cervello.

Ma, come vedremo, non son tutte rose e fiori (d’altra parte si parla di semi).

Attualmente circa ¾ della produzione mondiale di cacao si effettua in Paesi africani, con un totale di circa 20 milioni di persone dedite alla coltivazione del cacao. Purtroppo però gli agricoltori locali non ne hanno tratto molti giovamenti.

Fu negli anni 70 del secolo scorso che la Banca Mondiale e l’Organizzazione Mondiale per il Commercio spinsero gli Stati produttori a privatizzare le imprese pubbliche che gestivano la commercializzazione del cacao, aggravando ulteriormente la situazione dei coltivatori, fino a favorire lo sfruttamento del lavoro minorile.

Un altro dei drammi connessi con la coltivazione del cacao è la deforestazione. Le foreste pluviali infatti sono state disboscate per dedicare il territorio alla coltivazione del cacao e dopo quaranta o cinquant’anni i terreni, ormai esauriti, sono stati abbandonati per disboscare nuovi territori. E così alcuni milioni di ettari di foresta (un ettaro è pari a circa due campi di calcio) sono scomparsi in Costa d’Avorio e Ghana.

Le speranze per il futuro? Non sono moltissime, ma le nazioni dell’Unione Africana con la Dichiarazione di Malabo (2014) si sono impegnate ad allocare il 10% della spesa pubblica all’agricoltura ed allo sviluppo rurale. In effetti la crescita agricola trainata dalle colture alimentari riduce la povertà più efficacemente rispetto a quella trainata dalle colture destinate all’esportazione.

E poi ci sono i numerosi progetti di Mani Tese orientati sia alla produzione di colture alimentari, che come abbiamo visto facilitano la crescita dell’economia rurale, sia alla coltivazione di cacao su grandi estensioni, massimizzando così i profitti, e con l’impiego dell’agroecologia, che ne incrementa le rese nel lungo periodo proteggendo nel contempo l’ambiente.