Tante armi da distruggere il mondo

A cura di Giovanni Mozzi

La decisione, presa in sede NATO e condivisa dal nostro governo, di portare al 5% del nostro Prodotto Interno Lordo le spese militari lascia indubbiamente molto perplessi. Si tratta infatti, stanti le attuali spese per armamenti in Italia pari allo 0,27% del PIL, di ben 40 miliardi di Euro all’anno da trovare: ma come?

Sorge così il più che fondato dubbio che a scapitarne sarà la quota di bilancio destinata al welfare, ad esempio alla sanità ed alla cooperazione internazionale allo sviluppo, quest’ultima ferma allo 0,27% del PIL contro lo 0,7% previsto dall’ONU, nonostante il grande aiuto che potrebbe dare alle condizioni economiche dei popoli del sud del mondo, scongiurando fra l’altro letali migrazioni al nord.

Tutto ciò è sicuramente un grandissimo affare per l’industria bellica italiana, che finora è riuscita “solo” ad esportare 100 miliardi di Euro di armamenti in 30 anni, prevalentemente fuori da UE e NATO. E possiamo anche pensare che abbia molto gradito la decisione NATO e del nostro governo, che aumentano sostanzialmente i suoi profitti fino a potenziali 40 miliardi all’anno, contro i 100 in 30 anni.

 

“Si vis pacem, para bellum” dicevano i latini, ma qui non sembra proprio il caso. Il maggior deterrente alla III guerra mondiale consiste infatti nell’arma nucleare, che nel 2023 ha raggiunto una spesa globale nel mondo di 91,4 miliardi di dollari, soprattutto negli Stati Uniti. Ma sapete quanti sono gli ordigni nucleari detenuti dalle varie potenze? Più di 12.000., sicuramente più potenti di quelli esplosi ad Hiroshima e Nagasaki E sapete quanti ne basterebbero per cancellare ogni forma di vita dalla faccia della terra? Un ventesimo.

Insomma possiamo pensare che l’industria bellica tende a svilupparsi al di là di ogni possibile logica di sopravvivenza globale, che beninteso non è affidata alle armi, ma al rispetto, all’attenzione vicendevole, all’aiuto reciproco e al desiderio di offrire il bene e non il male.