#16OTTOBRE E DINTORNI: CHE COSA È L’AGROECOLOGIA

di Elias Gerovasi, Responsabile Progettazione e Partenariati di Mani Tese C’è una certa confusione sull’uso del termine “agroecologia”. In diversi contesti viene descritto come una disciplina scientifica, come un movimento, e come un insieme di pratiche agricole. Effettivamente l’uso di questo termine dipende fortemente dall’evoluzione storica e epistemologia che ha avuto in diversi paesi a […]

di Elias Gerovasi, Responsabile Progettazione e Partenariati di Mani Tese

C’è una certa confusione sull’uso del termine “agroecologia”. In diversi contesti viene descritto come una disciplina scientifica, come un movimento, e come un insieme di pratiche agricole. Effettivamente l’uso di questo termine dipende fortemente dall’evoluzione storica e epistemologia che ha avuto in diversi paesi a partire dal lontano 1930.

La verità è che l’agroecologia è proprio il punto d’incontro di tre dimensioni: l’esistenza di diverse tradizioni scientifiche e delle loro evoluzioni, lo sviluppo di importanti movimenti sociali e ambientali e la ricerca e sperimentazione di pratiche agricole sostenibili.
Ecco perché quando si parla di agroecologia si può parlare tanto di diritti degli agricoltori, dei problemi di distribuzione della terra, e dell’impatto delle multinazionali sulle condizioni di vita delle persone, quanto di metodi di coltivazione e rendimenti agricoli.

Non a caso il concetto di agroecologia è sempre più utilizzato, insieme a quello della sovranità alimentare, anche dai movimenti contadini internazionali, in primis proprio dalla Via Campesina.
“Possiamo trovare esempi di agricoltura sostenibile e di piccola scala in tutto il pianeta, anche se i nomi che usiamo variano notevolmente da un luogo ad un altro. Dove agroecologia, dove agricoltura biologica o agricoltura naturale, sostenibile o a bassa quantità di input. Alla Via Campesina non vogliamo dire che un nome è migliore di un altro, ma piuttosto vogliamo precisare i principi chiave che noi difendiamo. Per noi l’agricoltura contadina realmente sostenibile deriva dalla combinazione del recupero e della rivalorizzazione di metodi di coltivazione contadina tradizionale, e l’innovazione di nuove pratiche ecologiche […] Non crediamo che la semplice sostituzione di fertilizzanti “cattivi” per quelli “buoni” sia sostenibile senza toccare la struttura della monocoltura. […] L’applicazione di questi principi nel complesso e nelle diverse realtà di agricoltura contadina richiede l’appropriazione attiva dei sistemi agricoli da parte dei contadini stessi, con la nostra conoscenza locale, l’ingegno, e la capacità di innovare”. (La Via Campesina and Agroecology Peter M. Rosset and Maria Elena Martinez-Torres 2011)

LE TRE DIMENSIONI DELL’AGROECOLOGIA

SCHEMA AGROECOLOGIA
Fonte “Agroecology as a science, a movement and a practice. A review” A. Wezel*, S. Bellon, T. Dore´, C. Francis, D. Vallod, C. David (2009)

Uno dei massimi esperti a livello mondiale di agroecologia è Miguel Altieri, docente presso l’Università di Berkeley e presidente della Sociedad Científica Latinoamericana de Agroecologia – SOCLA.
“L’agroecologia è una scienza che si basa sulla conoscenza tradizionale dei contadini e che si avvale di alcuni progressi dalla moderna scienza agricola (eccetto, ovviamente, le biotecnologie transgeniche e i pesticidi). Lo fa utilizzando elementi di ecologia moderna, biologia del suolo, lotta biologica dei parassiti, ognuno dei quali è integrato nell’agroecologia stessa, che quindi comporta un dialogo tra conoscenze.
Il vantaggio dell’agroecologia rispetto alla così detta “rivoluzione verde” sta proprio nella sua dimensione sociale. “L’attivazione sociale – sottolinea Altieri – è un aspetto fondamentale dell’agroecologia dal momento che per praticarla è necessario creare reti partecipate di interscambio. In più è culturalmente accettabile, in quanto non cerca di modificare le conoscenze degli agricoltori ma piuttosto tenta di creare un dialogo tra realtà ed esperienze diverse”.

L’agroecologia è anche economicamente sostenibile perché impiega risorse locali, senza dipendere da risorse importate. La rivoluzione verde invece tende a cambiare questo sistema e imporre una base di conoscenze occidentali sulla cultura contadina degli altri contesti. Per questo ha avuto notevoli ripercussioni negative sul terreno”.

“C’è un ultimo vantaggio, la maggiore resistenza ai cambiamenti climatici. Non solo perché non genera riscaldamento globale – come l’agricoltura industriale, con il suo elevato consumo di combustibili fossili – ma è evidente che è più resistente ai fenomeni importanti quali la siccità. La monocoltura, che tende a dominare l’agricoltura mondiale, è altamente sensibile per la sua omogeneità genetica ed ecologica. Un esempio concreto risale a poco tempo fa con la siccità nel Mid-West degli Stati Uniti, il più grave degli ultimi 50 anni, quando il trenta per cento della produzione totale di mais e soia transgenici è stato perso – conclude Altieri”.