18/03/2019

di Riccardo Rossella, attivista UDAPT

Una dichiarazione a sorpresa del governo ecuadoriano marca una nuova tappa nella complessa vicenda della Chevron-Texaco in Ecuador, che da 25 anni vede le comunità amazzoniche impegnate in una battaglia legale contro il colosso petrolifero relativamente al disastro ecologico causato dai deliberati sversamenti di petrolio tra gli anni ’70 e i primi anni ’90.

In data 26 febbraio 2019, infatti, il Ministro dell’Energia e delle Risorse Naturali non rinnovabili Carlos Pérez ha annunciato l’intenzione del governo di dare avvio durante l’anno in corso a un’opera di risanamento ambientale nelle zone contaminate dalla Chevron-Texaco. Secondo le parole del Ministro Pérez riportate da diversi media locali, il governo ha già sollecitato le autorizzazioni necessarie per procedere all’intervento, che verrà effettuato avvalendosi della collaborazione dell’impresa statale Petroamazonas attraverso il progetto Amazonía Viva.

All’apparenza quindi un’ottima notizia per le comunità locali, che da decenni continuano a pagare l’altissimo prezzo degli effetti della contaminazione petrolifera sull’ecosistema e la salute delle persone. La vicenda, tuttavia, presenta diverse ombre.

Vale la pena di ricordare infatti che in quattro occasioni distinte la giustizia ecuadoriana si è pronunciata a favore delle vittime, condannando la Chevron al pagamento di 9,5 miliardi USD per risanare gli oltre 480.000 ettari di area contaminata e porre in atto un programma di cure mediche a favore della popolazione. L’ultima sentenza risale a luglio del 2018, quando la Corte Costituzionale, nel confermare le precedenti condanne, ha di fatto esaurito le possibilità di ricorso del colosso petrolifero in Ecuador. È facile capire quindi perché la dichiarazione del Ministro Pérez abbia sollevato forti critiche: l’intervento statale significherebbe nei fatti l’assunzione di una responsabilità propria dell’impresa, che uscirebbe indenne dalla vicenda mentre gli enormi costi di bonifica andrebbero a gravare sulle spalle dei contribuenti ecuadoriani.

Non solo. Secondo quanto si apprende dal comunicato della Unión de Afectados por Chevron-Texaco (UDAPT), l’organizzazione che riunisce e rappresenta le vittime della contaminazione nel caso legale, l’annuncio del Ministro non è stato preceduto da alcuna forma di consultazione né di comunicazione riguardo alla prevista azione di bonifica. Una mancanza di trasparenza che fa sorgere più di una perplessità rispetto alla bontà delle intenzioni dell’esecutivo guidato da Lenín Moreno. Il timore di fondo è che dietro la mossa del governo si celi il tentativo di chiudere un contenzioso aperto da oltre due decenni, che continua a rappresentare una spina nel fianco per le relazioni diplomatiche ed economiche tra Ecuador e USA, a scapito dei diritti delle comunità locali.

Secondo Pablo Fajardo, avvocato delle vittime e principale figura mediatica del caso, lo Stato dovrebbe fornire chiarimenti non solo riguardo alla fonte delle risorse economiche che verranno utilizzate, ma anche e soprattutto in merito ai criteri di identificazione dei siti dove effettuare la bonifica e ai dettagli operativi della stessa. Il timore, infatti, è che si ripeta nuovamente quanto accaduto tra il 1995 e il 1998, quando al crescere delle pressioni internazionali la Chevron-Texaco acconsentì a realizzare un parziale risanamento delle aree contaminate nell’intento di venire sollevata da qualsiasi futura responsabilità. Tale operazione è sempre stata duramente criticata per la sua inadeguatezza e il suo carattere di facciata: solo una minima parte delle cosiddette “piscine” – le fosse a cielo aperto dove l’impresa aveva riversato per anni i liquami tossici derivanti dal processo di estrazione – sono state infatti interessate dall’intervento, consistito semplicemente nel ricoprire le stesse di terra, senza una reale rimozione degli inquinanti.

Difficile prevedere ciò che accadrà nei prossimi mesi a seguito di questo nuovo colpo di scena. La speranza è che le comunità locali possano finalmente tornare a beneficiare di un ambiente incontaminato, il timore è che la strada per il pieno raggiungimento della giustizia sia ancora lunga e in salita.

Piscina de petróleo abanadonada. Shushufindi
Piscina di petrolio abbandonata. Foto: UDAPT
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