19/12/2017

di ANNA POZZI, giornalista e scrittrice.

LE PIÙ COLPITE TRA I MIGRANTI SONO LE DONNE NIGERIANE: L’80% DI CHI PARTE SECONDO L’OIM. IN ITALIA NE SONO ARRIVATE 11MILA NEL 2016. UN DRAMMA IGNORATO DAI PAESI EUROPEI CHE DOVREBBERO ASSICURARE TUTELE LEGALI E SOSTEGNO. INVECE, GIOVANISSIME E SENZA ISTRUZIONE, FINISCONO NELLE RETI CRIMINALI.

Quando ci hanno portati al river, era notte fonda, non si vedeva niente. E per fortuna! Perché se avessi visto che era così grande e con le onde così alte, non sarei mai salita su quel gommone”. Joy è una giovane nigeriana. È stata trafficata in Italia come molte altre sue connazionali. Senza sapere dove stava andando e neppure cosa avrebbe dovuto affrontare durante il viaggio. Parla del river, il fiume, ma intende il Mediterraneo. Non sapeva che doveva attraversare il mare e neppure il deserto. E non sapeva che avrebbe dovuto pagare tutto, a caro prezzo. Joy è partita senza un soldo in tasca, con il sogno di fare la baby sitter in Europa. Per poi ritrovarsi, come migliaia di altre ragazze del suo Paese, su una strada, costretta a prostituirsi. Quella delle giovani donne nigeriane che sbarcano sulle coste dell’Italia è forse una delle situazioni più drammatiche all’interno del fenomeno più vasto e complesso delle migrazioni verso l’Europa. Fenomeno che coinvolge migliaia di giovani uomini, donne e minori che continuano a cercare di raggiungere il nostro continente e si ritrovano spesso vittime di traffico di esseri umani o addirittura di tratta: cioè di traffico e riduzione in schiavitù. Oggi, questi tre fenomeni – migrazioni, traffico e tratta – sono sempre più intrecciati l’uno all’altro, al punto che può essere difficile fare le dovute distinzioni. Eppure è fondamentale.

Traffico e tratta, l’abisso dei diritti umani. 

I migranti sono coloro che scelgono di lasciare volontariamente il proprio Paese per cercare altrove migliori condizioni di vita. Sono circa 240 milioni nel mondo. Poi, però, ci sono più di 65 milioni di migranti forzati, costretti a lasciare le proprie case a causa di situazioni di crisi e, sempre di più, per i cambiamenti climatici. Infine, ci sono quelli che se ne vanno da situazioni di estrema povertà – come molti subsahariani – e, in assenza di vie legali di migrazione, si affidano ai cosiddetti passeur o smuggler, che “facilitano” l’attraversamento illegale delle frontiere, alimentando il traffico di esseri umani.

Secondo le informazioni fornite dall’Organizzazione internazionale per la migrazione (Oim), i migranti – per scelta o per necessità – sono tra i soggetti più a rischio: dalle interviste effettuate nei luoghi di sbarco del sud Italia, tre quarti di coloro che affrontano la rotta del Mediterraneo centrale per arrivare in Europa sono stati vittime di traffico di esseri umani.

È importante tuttavia distinguere fra traffico e tratta, anche se i due fenomeni sono spesso collegati. Il primo riguarda sostanzialmente la facilitazione dell’attraversamento delle frontiere. Mentre quando si parla di tratta entrano in campo pesanti violazioni dei diritti umani, legati all’uso delle minacce, della forza o dell’inganno, allo sfruttamento e al lavoro forzato e talvolta alla riduzione in uno stato di schiavitù o semi-schiavitù.

Questo crimine orribile spesso si realizza già durante il viaggio (molte donne, ad esempio, arrivano incinte, in seguito a stupri), e si concretizza soprattutto una volta che le vittime giungono a destinazione, specialmente là dove vengono inserite in settori come l’“industria del sesso”, in cui le pratiche di sfruttamento sono più accentuate, ma anche in molti ambiti lavorativi – dall’edilizia all’agricoltura, dai servizi domestici all’“intrattenimento” – dove spesso è presente anche un certo grado di isolamento che ne aumenta la vulnerabilità.

Le donne prime vittime

Nel caso delle donne nigeriane il grado di vulnerabilità è legato anche alla loro giovanissima età e al bassissimo livello di istruzione. Quasi tutte arrivano in Italia attraverso il deserto e il Mediterraneo. Molte muoiono durante il viaggio, moltissime vengono stuprate e torturate. Almeno l’80 per cento, secondo l’Oim, è vittima di tratta. Sono tantissime: nel 2014 ne sono sbarcate 1.400, nel 2015 erano 5.600, nel 2016 sono state 11 mila su 37 mila nigeriani arrivati in Italia. Hanno talvolta 13, 14, 15 anni e spesso sono analfabete. E finiscono quasi inevitabilmente nelle reti criminali che poi le sfruttano come schiave sulle strade italiane. La questione, anche in termini di risposte e di interventi, è distinguere. E non è semplice. Spesso, all’interno del complesso sistema dell’accoglienza, si confondono migranti, profughi, vittime di traffico e vittime di tratta. Tutti, o quasi, vengono inseriti nello stesso percorso di richiesta di asilo o di protezione umanitaria. Mentre le donne vittime di tratta avrebbero diritto a forme di protezione e integrazione più avanzate. Queste donne, tuttavia, spesso non vengono neppure identificate come vittime e dunque non arrivano ad accedere alle misure specifiche previste per loro.

E così, nella confusione, trafficanti e sfruttatori continuano a portare avanti i loro sporchi business.


Per saperne di più:

La tratta in Europa

Organizzazione Internazionale per le Migrazioni

Human trafficking


Articolo comparso sul Giornale di Mani Tese dicembre 2017

 

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