12/02/2014
La proposta di legge firmata dal viceministro degli Esteri Lapo Pistelli dovrebbe archiviare l’ormai obsoleta normativa vigente definendo il nuovo corso della politica estera italiana in materia di aiuti allo sviluppo e cooperazione internazionale. La parola passa ora al Parlamento che dovrà licenziare nei prossimi mesi la proposta del viceministro.
La bozza governativa approvata arriva a questo primo traguardo dopo un dibattito lungo 15 anni che ha visto diversi tentativi di riforma arenarsi nelle aule del nostro parlamento spesso a causa dei cambiamenti delle compagini di governo o all’interruzione prematura delle legislature. Ci arriva però con una proposta di origine governativa che, per sua natura, da un lato garantisce una probabilità più alta di arrivare al varo di una nuova legge ma dall’altro riduce fortemente il dialogo e la capacità dei diversi attori di contribuire alla formulazione del nuovo testo di legge.
A leggere il testo è infatti evidente come questa volta la società civile non sia riuscita a contribuire significativamente a questo testo di legge così come avvenne 30 anni fa quando anche Mani Tese fu in prima linea nel proporre idee ed elementi innovativi che furono poi recepiti dal legislatore. Allora la cooperazione, vista sostanzialmente come assistenza militare all’estero e cooperazione tecnica con i PVS, era regolata dalla legge 38/79. A metà degli anni ottanta proprio negli scantinati milanesi di Mani Tese si era svolto un decisivo seminario con gli allora onorevoli Crippa e Bonaluti per discutere una nuova normativa che emancipasse la cooperazione introducendo all’articolo 1 il concetto di solidarietà tra i popoli e di piena realizzazione dei diritti fondamentali dell’uomo. Le associazioni riuscirono a far inserire nella nuova legge anche il concetto di educazione allo sviluppo e l’istituzione di organi di concertazione quali il Comitato Consultivo e la Commissione per le organizzazioni non governative poi abrogati con successive modifiche nel 1993.
Oggi lo spirito con cui le organizzazioni della società civile del settore hanno affrontato il percorso verso la riforma è sicuramente meno ideale di un tempo, più attento ai meccanismi di funzionamento della cooperazione e alle loro dinamiche finanziarie. E’ lo specchio dei tempi, quelli in cui ci troviamo oggi nel bel mezzo di un processo lento ma inesorabile di cambiamento della cooperazione internazionale, in cui il ruolo delle ONG sta perdendo progressivamente centralità a favore di altri attori e in cui la crisi economica e culturale sta facendo il resto.
Non c’è da stupirsi quindi se l’impianto di questa nuova legge sia basato fortemente sul valore economico della cooperazione, la sua capacità di produrre sviluppo economico e ritorno in termini di Pil sia per l’Italia che per i paesi che l’articolato si ostina a chiamare “in via di sviluppo”. Lo stesso viceministro Pistelli promette un ritorno di 2,7 euro per ogni euro speso in cooperazione dopo 5 anni.
Ma vediamo nel dettaglio i punti cardine della riforma:
Su alcuni elementi la reazione della società civile è stata critica: non è solo l’apertura al settore privato nel mondo della cooperazione e la possibilità per le imprese di accedere a crediti agevolati per investimenti a far discutere, altre reazioni nelle ultime settimane hanno evidenziato la scomparsa del concetto di volontariato nella cooperazione internazionale e il ruolo residuale dell’educazione alla cittadinanza mondiale e l’assenza del ruolo del partenariato con gli attori dei paesi partner.
Quest’ultimo rappresenta per Mani Tese un principio fondante dell’azione di cooperazione, oggi più che mai è impensabile intervenire all’estero senza un coinvolgimento diretto gli attori locali in sinergia con le strategie di sviluppo dei vari paesi.
Mani Tese chiede quindi un riconoscimento degli attori locali (governativi e non) diverso dal ruolo marginale di beneficiari o controparti locali. Il testo di legge sembra invece arenato su una visione obsoleta in cui gli attori italiani “fanno la cooperazione” e quelli locali ricoprono il ruolo passivo di beneficiari.
Purtroppo però la modifica sostanziale dell’impianto della legge non è oggi all’ordine del giorno. La società civile può ora cercare di recuperare lo spazio che non è riuscita a ritagliarsi negli ultimi anni e sfruttare al meglio il percorso parlamentare della nuova legge per suggerire emendamenti migliorativi al testo governativo. Un’occasione da non perdere per tenere stretta la cooperazione del futuro al concetto di solidarietà pur rinnovandone modalità e attori.