Attualità

PARTERNARIATI ALLA PARI


20/12/2016

Dopo un lungo periodo di sostanziale indifferenza verso il continente africano, l’Africa è tornata ad avere un ruolo centrale nella politica estera italiana ed europea. Si tratta di un ritorno trainato in parte da considerazioni di tipo “difensivo” (la paura delle migrazioni) e in parte da obiettivi squisitamente economici di apertura di nuovi mercati (per chi investe) e di crescita economica (per chi riceve investimenti). Come negli anni ’50, la crescita trainata dagli investimenti è tornata ad essere considerata la migliore strategia di uscita dalla povertà e di promozione di uno sviluppo “win-win”.

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Foto di Cristina Gastaldi

Considerando la scarsa informazione e le immagini spesso stereotipate di questo continente che arrivano all’Italia, bisogna tutto sommato rallegrarci del fatto che si torni a parlare di Africa. Ci offre la possibilità di sfatare i luoghi comuni: ad esempio, che povertà e fame siano le uniche caratteristiche delle società africane e che l’unica risposta possibile alla lentezza della crescita economica indotta da investimenti (che creano ricchezza ma la portano altrove) sia l’“adattamento” a un sistema che per forza di cose ha dei costi ambientali e sociali.

L’approccio neoliberista che governa i nuovi partenariati per lo sviluppo, catalizzatori di investimenti di aziende straniere, spinge i Paesi africani ad uniformarsi ad un modello di governance che è più simile a quello di gestione aziendale, e che non lascia spazio a politiche sociali che vadano oltre l’assistenzialismo (quando va bene). Il discorso viene capovolto: non è il sistema che produce storture, è la gente che deve essere resiliente e trovare le risorse per reagire a condizioni di povertà e marginalità sociale, non più mettendo in discussione il sistema e il suo funzionamento, ma adattandosi ad una situazione ineluttabile con l’aiuto di attori “amici”.

Se per Mani Tese è importante che si torni a parlare di Africa in modo non paternalistico, mettendo al centro il discorso sul partenariato, è altrettanto importante riconoscere i rapporti di forza all’interno di questi nuovi partenariati, e non appiattirsi su un modello di cooperazione che, potenzialmente, potrebbe concentrarsi su indicatori macroeconomici. Dobbiamo invece lavorare per restituire una dimensione politica, promotrice di cambiamento, alla cooperazione allo sviluppo, costruendo partenariati partitari con le società civili africane che possano spingere per la scelta di un modello di partenariato tra pubblico e privato veramente funzionale al benessere della collettività e non solamente del grande capitale.

(di SARA DE SIMONE, vicepresidente di Mani Tese.
Articolo comparso sul periodico di Mani Tese di dicembre)

 

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