29/10/2018

di Fabiana Brigante, Avvocato specializzato in tutela dei diritti umani

Dal 15 al 19 ottobre si è tenuta a Ginevra la quarta sessione dei negoziati per l’elaborazione di uno strumento di diritto internazionale che sia giuridicamente vincolante sulle attività di impresa e il rispetto dei diritti umani. La sessione, svoltasi nella Sala XX del Palais des Nations, alla presenza di 94 rappresentanti di Stati e oltre 300 membri di ONG e sindacati, aveva lo scopo di raccogliere feedback da parte di tutti sulla “Bozza Zero” presentata dal governo dell’Ecuador. Tra le assenze pesanti si sono contate quelle di Stati Uniti, Australia, Canada e Giappone. Per quanto riguarda l’Unione Europea e i suoi Stati Membri, l’apporto al dialogo è stato piuttosto esiguo: la Commissione aveva già annunciato che non avrebbe fatto commenti alla bozza e i diplomatici degli Stati Membri avevano ricevuto il pressante invito a fare altrettanto. L’unica a prendere le distanze da questa linea è stata la Francia, forte della sua legge nazionale sul “Duty of Vigilance” che anticipa molti degli elementi ritenuti ideali per il trattato.

Foto di CIDSE

 

Campo di applicazione

Uno degli argomenti più “scottanti” sul tavolo delle trattative riguarda la questione della portata applicativa del trattato. Mentre alcuni hanno sottolineato la necessità che il trattato si concentri esclusivamente sulle società transnazionali, altri hanno ritenuto che la discussione debba rimanere aperta, insistendo sulla necessità di ulteriori analisi sul campo di applicazione dello strumento e basandosi sull’esperienza concreta che ha visto violazioni dei diritti umani legate alle attività di tutti i tipi di società e non solo a quelle con carattere transnazionale. Si ritiene, in altre parole, che se si evitassero differenze di trattamento tra società transnazionali e non, ciò garantirebbe uguali livelli di protezione, in linea con il principio di certezza del diritto, tra individui e comunità interessati dalle attività delle multinazionali all’estero e nel proprio paese d’origine e coloro che, invece, sono interessati dalle attività di società puramente nazionali.

I difensori dei diritti umani

La discussione sul tema dei diritti di cui sono titolari le vittime di abusi ha dato l’opportunità di rivedere la posizione sui difensori dei diritti umani. Essi, oltre a rivestire un ruolo chiave nel tentativo di affermare la responsabilità delle imprese ed aiutare le vittime ad avere accesso alla giustizia, sono spesso ostacolati nel loro lavoro, subiscono abusi e minacce e possono dunque essere vittime essi stessi di violazioni.
Al fine di riflettere questa doppia dimensione all’interno del trattato, si ritiene che quest’ultimo, nel suo Preambolo, dovrebbe riconoscere il ruolo centrale rivestito dai difensori dei diritti umani, così come dovrebbe essere espressamente riconosciuto il diritto di promuovere e lottare per la protezione e la realizzazione delle libertà fondamentali individualmente o in associazione con altri. E per garantire loro un effettivo spazio di azione, è necessaria una disposizione specifica per rafforzare, tra le altre cose, l’obbligo degli Stati di: i) creare un ambiente favorevole per l’attività dei difensori; ii) proibire l’interferenza da parte di attori non statali; iii) assicurare che le attività commerciali rispettino i loro diritti e le loro libertà fondamentali; iv) rafforzare i meccanismi di ricorso giudiziali e stragiudiziali atti a prevenire, investigare e punire in modo efficace gli attacchi ai difensori dei diritti umani e fornire adeguate riparazioni.

Diritti umani e accordi commerciali e di investimento

Nonostante le pressioni operate dalla società civile circa la necessità di un’affermazione della supremazia dei diritti umani sugli accordi commerciali e di investimento, pare che non vi sia stata una trasposizione di tale principio nella Bozza Zero, generando la preoccupazione che le disposizioni in essa contenute relative al traffico commerciale non raggiungano il loro vero obiettivo.
Ad esempio, l’articolo 13.7 prevede che gli Stati debbano interpretare gli accordi commerciali e di investimento “in modo che [gli accordi] influiscano nella minor misura possibile sulla loro capacità di rispettare e tutelare gli obblighi derivanti dalla Convenzione”. Seppure l’idea alla base della disposizione sia da considerarsi giusta, tuttavia la vaghezza della formulazione apre la strada a diverse interpretazioni, lasciando agli arbitri dei tribunali per gli investimenti il potere di decidere se le restrizioni dei diritti umani siano o meno legittime. Per questo motivo, oltre a ritenere necessario l’inserimento di una clausola specifica negli articoli 2 e 13 che affermi la supremazia dei diritti umani sugli accordi commerciali e di investimento (che debba essere garantita in ogni meccanismo di risoluzione delle controversie), Mani Tese, così come altre organizzazioni, sostiene anche una modifica della formulazione dell’articolo 13.7 nel senso che i futuri accordi dovranno essere interpretati ed attuati in modo da non limitare la capacità degli Stati di rispettare i propri obblighi ai sensi della Convenzione.

Binding Treaty_Friends of the Earth Europe_2018
Foto di Friends of the Earth Europe

 

Accesso alla giustizia e responsabilità delle imprese

I membri della società civile durante la sessione hanno accolto con favore le disposizioni generali sulla responsabilità civile e penale delle società ai sensi del diritto nazionale contenute nella Bozza Zero, dal momento che queste favoriscono l’accesso alla giustizia da parte delle vittime.

In tal senso, l’articolo 10.6 stabilisce che la società capogruppo può essere ritenuta civilmente responsabile per le azioni delle società controllate e di tutte le società presenti nella sua catena di approvvigionamento, nella misura in cui sia provato, ad esempio:
– che essa operi sulle attività degli altri enti un “controllo effettivo”;
– oppure quando la controllante abbia una “relazione sufficientemente stretta” con la sua controllata o entità nella sua catena di approvvigionamento e vi sia un forte nesso di causalità tra il danno subito dalle vittime e il suo operato;
– o ancora quando il rischio di violazioni dei diritti umani all’interno della sua supply chain fosse stato previsto o avrebbe dovuto essere previsto.
Pertanto, l’articolo 10, paragrafo 6, permette ai giudici di andare oltre la formalità della differente personalità giuridica di controllante e controllate (il cd. sollevamento del velo sociale), per esaminare la sostanza del rapporto di fatto tra società madre e società sussidiarie (o società collegate nella catena di approvvigionamento) per valutare in concreto in che misura la prima possa essere ritenuta responsabile della condotta di queste ultime.
La disposizione appena citata è di grandissima importanza pratica in quanto potrebbe potenzialmente colmare il vuoto giuridico nel quale operano specialmente le imprese multinazionali che delocalizzano i propri processi di produzione in paesi in cui gli standard di protezione dei diritti umani sono piuttosto bassi, generando un clima di impunità incontrollata.
L’articolo 10.4 determina un ulteriore passo in avanti circa la possibilità di accesso alla giustizia da parte delle vittime. Infatti, solitamente è su queste ultime che grava l’onere di provare le violazioni perpetrate dalle imprese, il che si traduce in un grosso ostacolo in quanto spesso le prove materiali delle violazioni sono proprio nelle mani delle società stesse. L’articolo 10.4, invece, prevede un’inversione dell’onere della prova; tuttavia, il limite di questo articolo consiste nel fatto che questo potere è al momento discrezionale. La richiesta di numerose ONG, tra cui Mani Tese, è che questo potere verrà reso obbligatorio nelle prossime versioni del testo.

Foto ECCJ su Binding Treaty
Foto di ECCJ

 

Il Protocollo Facoltativo

L’assenza di obblighi gravanti direttamente sulle imprese nella “Zero Draft” limita la portata rivoluzionaria di questo strumento e del suo Protocollo Facoltativo. Dunque, il principale contributo della Bozza Zero sarebbe quello di rafforzare la cooperazione internazionale, l’espansione della giurisdizione extraterritoriale e il chiarimento delle procedure, delle forme di responsabilità e degli standard da applicare. Se nella bozza finale saranno inseriti obblighi specifici gravanti sulle imprese, insieme con un meccanismo di reclamo individuale rivolto direttamente alle società e/o l’istituzione di un tribunale internazionale per le imprese e i diritti umani, allora si avrebbe un passo significativo nella giusta direzione.
Il Protocollo Facoltativo include funzioni che si sovrappongono con i meccanismi di soft law già esistenti nel panorama domestico ed internazionale. Basti pensare alla funzione di mediazione dei Punti di Contatto Nazionali istituiti dalle Linee Guida dell’OCSE. Tuttavia, l’esperienza ci insegna che il sistema dei National Contact Points è altamente imperfetto e spesso non riesce a fornire un efficace accesso ai rimedi per le vittime, a causa dell’impossibilità di imporre sanzioni, unita spesso a conflitti di interesse e mancanza di indipendenza. Si ritiene che questo sistema dovrebbe essere rafforzato e non semplicemente duplicato.

La quarta sessione del Gruppo di Lavoro Intergovernativo delle Nazioni Unite si è conclusa con l’adozione di una relazione contenente raccomandazioni e conclusioni sulla via da seguire. Come affermato in una dichiarazione congiunta firmata da numerose organizzazioni della società civile, tra cui Mani Tese, questo iter verso l’adozione di un trattato su diritti umani ed imprese rappresenta un passo importante per “innumerevoli comunità, lavoratori e sopravvissuti che hanno lottato per decenni per proteggere i propri diritti umani dalle violazioni e dagli abusi da parte di multinazionali ed altre imprese”.

Per i testi della Draft Zero e del Protocollo Facoltativo, si vedano:
https://www.ohchr.org/Documents/HRBodies/HRCouncil/WGTransCorp/Session3/DraftLBI.pdf
https://www.ohchr.org/Documents/HRBodies/HRCouncil/WGTransCorp/Session4/ZeroDraftOPLegally.pdf

Binding treaty_Friends of the Earth Europe_2018_completa
Foto di Friends of the Earth Europe
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