23/07/2018

RIPENSARE I SISTEMI EDUCATIVI NEI METODI E NEI CONTENUTI E COSTRUIRE UNA VERA COMUNITÀ EDUCANTE SONO LA STRADA OBBLIGATA PER CONOSCERE E IMPARARE A ‘LEGGERE’ UNA REALTÀ SEMPRE PIÙ COMPLESSA E COMBATTERE I RAZZISMI.

C’è una bella differenza tra complicato e complesso. Un problema o una situazione sono complicati quando, per quanto ingarbugliati, possono essere scomposti e analizzati nelle loro variabili. Ma se non è possibile conoscere a priori tutte le componenti e le interazioni che li determinano, allora sono complessi, e possono essere compresi solo se considerati nel loro insieme di relazioni.

Per esempio: mandare un razzo sulla luna è un’operazione complicata, crescere un figlio è un processo complesso. Un numero crescente di studiosi ed esperti sta giungendo alla conclusione che nel tempo delle società liquide, dove i confini e i riferimenti sociali si perdono, l’arte di interagire come cittadini consapevoli e capaci è più simile all’educazione di un bambino: richiede competenze diverse e interconnesse, la capacità di modificarsi, di essere resilienti e, diciamocelo, una certa presenza di spirito.

Questo connubio tra cittadinanza e complessità è il cuore di un nuovo modo di pensare l’educazione, su cui poggia oggi una responsabilità storica, forse un po’ tardiva ma inevitabile. Mai in passato si era data tanta enfasi al ruolo chiave dei sistemi educativi, chiamati ora ad assumere il compito di formare una nuova generazione in grado di immaginare un futuro che dovrà in qualche modo assicurare i diritti e i bisogni fondamentali di oltre dieci miliardi di persone (tanti saremo nel 2050) senza superare i limiti ambientali che il pianeta stesso ha cominciato inequivocabilmente a tracciare.

Il professore Mauro Ceruti chiarisce senza mezzi termini i contorni della sfida, in un’intervista ad Avvenire (14 Aprile 2018): “I modi di pensare usati per risolvere i problemi della nostra era planetaria costituiscono essi stessi uno dei problemi più gravi. Più i problemi diventano multidimensionali più cresce l’incapacità di pensare la multidimensionalità; più le crisi avanzano più aumentano le incapacità di pensarle; più i problemi diventano globali, maggiore è l’incapacità di raffigurarli.”

Capire la complessità per abbattere la paura

Viviamo un tempo attraversato da grandi emergenze che spaventano, disorientano, spingono verso atteggiamenti di chiusura o populismo. Sono reazioni dettate dalla paura, da un senso di frustrazione e impotenza che proviamo perché non riusciamo a trovare un filo rosso per capire e interpretare i problemi globali. Nonostante l’informazione e la cultura siano accessibili per tutti o quasi in tempo reale e senza limitazioni, non siamo capaci di pensare la complessità, e quindi non riusciamo a raffigurarli.

È a questo che serve oggi l’Educazione alla Cittadinanza Globale (ECG). Non a trovare soluzioni nel breve periodo ma a ripensare i problemi in modo sistemico, ammettendo le interconnessioni come fondanti invece che semplici esternalità negative. I grandi temi che animano il dibattito pubblico, come le migrazioni, la sostenibilità ambientale e sociale o le nuove povertà possono essere compresi solo in questa chiave, cercando i legami, guardando al sistema e ai suoi meccanismi, moltiplicando le opzioni e i punti di vista.

Non è facile riuscire a farlo senza perdersi, ma sarà decisivo: secondo l’UNESCO “la promozione di un’educazione inclusiva e globale è funzionale al raggiungimento di tutti i 17 Obiettivi dell’Agenda 2030 e l’ECG è un meta-obiettivo funzionale a preparare e innescare i cambiamenti culturali propedeutici alla creazione di una società più giusta, equa e sostenibile.” Preparare e innescare il cambiamento per una società nuova è una grandissima responsabilità, ma anche un riconoscimento dell’importanza e della necessità di cambiare passo e investire per costruire una cultura di cittadinanza globale dalla quale siamo ancora oggi molto lontani.

Linee guida all’Educazione alla Cittadinanza Globale

Lo scorso mese di febbraio abbiamo festeggiato un successo importante insieme a chi, come Mani Tese, può definirsi un addetto ai lavori per l’impegno profuso in questi anni nel promuovere percorsi di ECG dentro e fuori la scuola. Il Consiglio Nazionale per la Cooperazione allo Sviluppo (CNCS) ha approvato la Strategia italiana per l’Educazione alla Cittadinanza Globale, frutto di un tavolo di lavoro a cui hanno partecipato i Ministeri degli Affari Esteri, dell’Istruzione e dell’Ambiente, insieme all’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS), diversi Enti locali, Università e reti di organizzazioni della società civile.

L’incipit del documento consente già di capire il valore della posta in gioco: “Una società complessa e inter-dipendente pone a cittadine e cittadini sfide in continuo mutamento in relazione alle conoscenze, capacità, valori e atteggiamenti che favoriscano un mondo sostenibile, equo e inclusivo”.

L’Educazione alla Cittadinanza Globale risponde così alle sfide sociali del nostro tempo:

1) propone un approccio globale di fronte a problemi globali, che ribalta i punti di vista e allarga lo sguardo cercando prospettive diverse;

2) in un contesto in cui l’accesso alla conoscenza è disponibile per tutti (abbiamo l’universo dello scibile umano in tasca con lo smartphone) ma l’apprendimento no, considera i metodi (il come) importanti quanto e più dei contenuti (il cosa), e collabora con la scuola che non sempre è preparata a questo;

3) combatte il pericolo dell’astrazione dei ragazzi di fronte ai grandi problemi (non mi riguarda/io non posso farci niente) aiutandoli a discernere e a sviluppare un pensiero critico;

4) incoraggia la creatività, ad uscire dagli schemi per comprenderli e ricostruirli, a creare qualcosa di nuovo; lega diritti e responsabilità, stimolando il senso di appartenenza ad una comunità globale in cui parole come giustizia, solidarietà e benessere non devono trovare frontiere ol-tre le quali non sono più fatti nostri.

Educare attraverso le relazioni

È con queste carte che giochiamo la partita della complessità, cercando di non perdere di vista il fatto che in educazione il difficile del gioco è sempre la relazione. Tra l’educatore e i ragazzi, tra i ragazzi stessi nel riconoscimento tra i pari, tra tutti i soggetti che compongono la comunità educante, in primis gli insegnanti.

Un proverbio africano molto citato dice che per crescere un bambino ci vuole un intero villaggio. Oggi più che mai, è vero anche il contrario: per crescere il nostro complesso villaggio globale in modo più sostenibile, equo e inclusivo abbiamo bisogno di tutti i bambini. Nessuno escluso.

 

 

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