Attualità

Mani Tese presenta la mappa delle battaglie per i diritti umani e l’ambiente


25/06/2014

Un nuovo strumento per capire come le comunità locali combattono contro l’accaparramento delle loro risorse naturali 

Terra, foreste, acqua, miniere, energia. La competizione per le risorse più preziose del pianeta prende vita nella mappa interattiva sulla giustizia ambientale presentata da Mani Tese, Les Amis de la Terre, CEE Bankwatch, Re:Common, CeVi e CICMA.

mappa giustizia ambientale

Il planisfero online guida il navigatore alla scoperta di alcuni tra i più importanti casi di accaparramento di risorse da parte di investitori privati e pubblici, in concorrenza tra loro in una corsa folle alimentata da un modello di sviluppo che si ostina a non considerare i limiti che la natura impone alla produzione di beni e servizi.

La mappa è uno strumento dinamico, destinato a essere aggiornato ogni volta che le associazioni coinvolte vorranno segnalare nuovi casi. Le storie che racconta sono al tempo stesso battaglie per la tutela dell’ambiente e per la difesa dei diritti delle comunità locali, spesso espropriate dei loro mezzi di sostentamento senza essere consultate né ricevere nulla in cambio. Un simbolo e un colore diversi contraddistinguono le cinque risorse prese in esame. Basta cliccare sulle icone per scoprire le singole storie, navigare tra i file multimediali e scaricare i materiali di approfondimento.

La mappa della giustizia ambientale, realizzata dai web designer Maxime Vedel e Rudy Mencé, è frutto del lavoro di ricerca delle sei organizzazioni partner del progetto “Grabbing Development: verso nuovi modelli di relazione Nord-Sud per un equo sfruttamento delle risorse naturali“, cofinanziato dall’Unione Europea.

Il fenomeno dell’accaparramento è diventato ormai generalizzato. A essere assorbite, accumulate e ammassate, infatti, sono tutte le risorse naturali, non solo la terra. E ciò avviene attraverso progetti molto diversi fra loro: si va dalle mega-dighe per la produzione di energia idroelettrica, come quella di El Quimbo in Colombia o di Maeshwar in India, all’estrazione di minerali e idrocarburi, come l’oro di Kumtor in Kyrgyzstan o il petrolio dell’Amazzonia in Ecuador. In altri paesi a essere oggetto del desiderio sono le terre fertili utilizzate per produrre biocarburanti. Come accade nelle piantagioni di Jatropha in Madagascar o in quelle di olio di palma in Liberia. Le foreste e la produzione di legname sono invece protagoniste nelle piantagioni di teak in Sud Sudan e nei progetti pilota per la conservazione tramite il meccanismo REDD+ in Madagascar, Mozambico e Perù.

Gli attori di questa vera e propria caccia alle risorse sono a loro volta molti e diversi: grandi multinazionali, piccole società, istituti finanziari e di credito, società assicurative, fondi di investimento e di sviluppo. Ma anche le istituzioni politiche nazionali e internazionali hanno un peso determinante: molte delle politiche estere dell’Unione Europea e dei suoi Stati membri creano infatti un quadro legale che invece che scoraggiare, o ancor meglio punire tali pratiche, finisce con agevolarle.

A giustificare questo tipo di investimenti sarebbero gli obiettivi di crescita economica, i nuovi posti di lavoro, i redditi più elevati e i migliori servizi per le comunità locali. La mappa della giustizia ambientale, con i suoi casi di studio, dimostra che queste prospettive sono per lo più infondate o gonfiate in positivo. Al contrario, le comunità locali risultano il più delle volte impoverite, disgregate e in ultimo criminalizzate per le loro proteste contro l’esproprio di risorse.

Per questi motivi, Mani Tese e i suoi partner nel progetto “Grabbing Development” chiedono all’Unione Europea e ai suoi Stati membri di agire con urgenza per ridare piena sovranità ai popoli e alle comunità locali sulle proprie risorse naturali, promuovere un modello economico e sociale rispettoso dei diritti umani e dei limiti imposti dalla natura e rendere le imprese europee pienamente responsabili, e quindi sanzionabili, per le violazioni perpetrate nei paesi più svantaggiati.

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