20/04/2018
Classe 4°A dell’istituto Fossati-Da Passano
La Spezia, 5 aprile 2018. A seguito dell’incontro tra l’avvocato di Legambiente, il dottor Grondacci, e la classe 4°A dell’istituto Fossati da Passano, impegnata in un percorso didattico volto a sensibilizzare i giovani sulla giustizia ambientale, sono emerse riflessioni, curiosità, e approfondimenti su aspetti, peraltro non ancora ufficialmente acclarati, riguardanti l’inquinamento del territorio spezzino, in particolare in riferimento alla discarica di Pitelli e ai “misteri” che aleggiano sul golfo della Spezia, dal quale salpò la “Jolly Rosso”, la famigerata nave dei veleni.
L’avvocato ci spiega che La Spezia ricopre una notevole rilevanza nell’ambito delle attività illecite di smaltimento dei rifiuti tossici.
“Spezia, in questo scenario criminoso, viene ad assumere un ruolo determinante, non solo per l’attività illecita del porto, ma anche per i traffici legati alla collina di Pitelli. Questi ultimi emergono casualmente per il ritrovamento nel fiume Tanaro di un fusto contenente sostanze tossiche, contrassegnato con un numero di codice che riconduce, appunto, alla discarica di Pitelli. Nel 1994 la procura di Asti apre un’inchiesta e si comprende – come afferma il sostituto procuratore di Asti, Luciano Tarditi – che Spezia è un ‘crocevia del traffico di rifiuti tossici’.
Viene pertanto aperto dalla procura della Spezia un secondo filone di indagine. Come dicevo poco fa, anche l’attività del porto ha i suoi risvolti inquietanti, emersi tra l’altro durante i recenti dragaggi effettuati per consentire l’arrivo delle grandi navi da crociera. Durante i lavori si determinò una significativa compromissione delle acque del golfo, che causò una fuoriuscita di fanghi inquinanti tali da causare la moria delle coltivazioni di mitili”.
Le indagini legate alla Jolly Rosso a quali risultati hanno portato?
“I fatti in questione sono antecedenti all’inchiesta su Pitelli, risalgono al 1990. La nave, di proprietà della Ignazio Messina, salpa dal porto della Spezia, ufficialmente carica di merce “regolare”. Tuttavia, dopo aver navigato per ore in avaria, spiaggia in circostanze misteriose sulle coste calabresi, dove viene rinvenuta con la stiva completamente vuota. Da qui i primi sospetti e l’apertura di un’inchiesta volta ad accertare la natura della “merce” trasportata.
Nel corso dell’inchiesta si aprono subito scenari inquietanti legati al fenomeno delle navi affondate dolosamente con carichi di rifiuti radioattivi o comunque tossici, smaltiti illegalmente nelle profondità marine allo scopo di ottenere un duplice vantaggio, ovvero l’indebito risarcimento da parte della compagnia assicurativa e il profitto ricavato dall’illecito smaltimento”.
L’avvocato ci spiega che la questione va affrontata con le dovute cautele, in quanto non sono emerse dall’indagine prove certe sulle responsabilità dei soggetti coinvolti. La stessa morte del Capitano Natale De Grazia, che investigava sul caso Jolly Rosso, è stata archiviata dalla procura come morte per cause naturali.
“Il capitano de Grazia faceva parte del pool investigativo della procura di Reggio Calabria istituito per effettuare le indagini avviate a seguito di un esposto presentato da Legambiente sui presunti illeciti smaltimenti di rifiuti tossici in Calabria. La sera del 12 dicembre del 1995, su incarico della Procura, il capitano stava venendo alla Spezia per interrogare l’equipaggio della Jolly, ma non arrivò mai nella nostra città.
Va anche detto che dopo la scomparsa di De Grazia, il pool che indagava sui rifiuti si scioglie. Tuttavia, oggi, grazie alle dichiarazioni dei pentiti Carmine Schiavone e Francesco Fonti, forse potrà essere fatta verità e giustizia.”
Da più parti si afferma che la morte di Ilaria Alpi sia legata al fatto che la giornalista fosse sulla pista di un traffico di rifiuti tossici ed armi tra l’Italia e la Somalia. Ci sono connessioni con la Jolly Rosso?
“La giornalista Ilaria Alpi, prima della sua morte, stava investigando in Somalia sul traffico di armi e di rifiuti tossici che coinvolgeva sia i signori della guerra locali, sia delle navi provenienti dall’Italia. Per questo Ilaria e il suo collega, investigando riguardo a una nave sequestrata dai pirati, probabilmente utilizzata per i traffici illeciti, vennero a conoscenza di qualcosa che non doveva essere scoperto. I corpi dei due giornalisti vennero riportati in Italia ma, durante il viaggio di ritorno. i sigilli dei bagagli vennero aperti. Sparirono gli appunti di Ilaria e i nastri del suo collega, Miran Hrovatin”.
Più consapevoli sui problemi del nostro territorio, ringraziamo e salutiamo l’avvocato che ci è apparso una vera e propria “miniera” di conoscenze grazie alla sua attività di ricercatore in diritto ambientale, ma soprattutto ci lasciamo con la consapevolezza che il nostro golfo, fonte ispiratrice di grandi poeti ed artisti, è un patrimonio di tutti che va difeso da saccheggi e speculazioni perché qui vogliamo progettare il nostro futuro di onesti cittadini.