20/08/2012
Una lettura in parallelo delle vicende che caratterizzano la vita politica recente dei due paesi dell’Africa occidentale, rileva, al di là della vicinanza geografica, una significativa distanza sulle dinamiche di gestione del potere e sul coinvolgimento della società civile nella vita pubblica. Il mese di marzo è per entrambi mese elettorale, il 18 le presidenziali in Guinea Bissau anticipate a causa della morte per malattia, avvenuta il 9 gennaio 2012, del Presidente in carica Malam Bacai Saña, sette giorni dopo, il 25 marzo, il secondo turno delle presidenziali in Senegal, che vede contrapposti il presidente uscente Abdoulaye Wade e lo sfidante Macky Sall. I due Paesi arrivano alle elezioni in maniera completamente diversa. In Guinea Bissau, al di la della morte del Presidente, è avvenuto un tentativo di colpo di stato, l’ennesimo nella storia recente del piccolo Paese africano, il 26 dicembre 2011, che ha visto come protagonista il capo della marina Ammiraglio José Americo Bubo Na Tchuto, in passato capo di Stato maggiore dell’esercito ma successivamente destituito perché accusato di un tentativo di colpo di Stato nel 2008. Sembra sia stato più un tentativo di mettere in discussione i vertici militari, uno dei centri nevralgici, probabilmente il più forte, del potere nel Paese più che un vero e proprio attacco al Primo Ministro Gomes Junior e al Presidente, che si trovava già in Francia per cure mediche. A salvarsi è stato quindi soprattutto il Generale Indjai, capo di stato maggiore dell’esercito, che circa un anno fa, quasi con le stesse modalità, aveva scalzato dall’incarico il suo predecessore. Il risultato delle elezioni è scontato, il candidato forte è proprio il Primo ministro Gomes Junior, la campagna elettorale avviene in un clima di festa collettiva, dove musica, gadgets e magliette con i volti dei candidati sono i protagonisti e non si sfiorano neppure i grossi problemi del Paese. In parte questo è dovuto ad una sorta di rassegnazione da parte della popolazione e di una società civile ancora molto debole e frammentata; quest’ultimo tentativo di colpo di Stato, ha ribadito che non sono le elezioni ma altre modalità a decidere chi veramente comanda nel Paese. In Senegal, invece, la lotta politica è viva, grandi protagonisti della campagna elettorale sono stati il movimento 23 giugno (M23) che riunisce movimenti, partiti e organizzazioni della società civile nato in seguito alla manifestazione, repressa con la forza, del 23 giugno 2011 contro la modifica della costituzione che Wade voleva attuare per garantirsi la possibilità di ricandidarsi per un terzo mandato e il collettivo giovanile Y’en a marre. Wade si è poi ricandidato per il terzo mandato anche senza riuscire a modificare la costituzione, i due movimenti non sono riusciti ad ottenere il risultato sperato ma hanno dato vita ad un periodo elettorale molto movimentato e ricco di manifestazioni, spesso represse con la violenza, contro la gestione del paese da parte del Presidente nei 12 anni nei quali è fino ad ora rimasto al potere e contro la sua volontà di imporre, in qualche modo, il figlio, come suo successore. Questo clima di partecipazione ha favorito il fatto che l’anziano Presidente non sia riuscito ad ottenere il quorum del 50% dei voti validi per essere eletto al primo turno ed il secondo turno sarà molto combattuto perché le forze di opposizione, molto frammentate al primo, si sono invece quasi tutte unite nel sostegno a Macki Sall nel secondo. Anche il candidato dell’opposizione ha comunque i suoi scheletri nell’armadio perché non è estraneo alla gestione del potere di questi ultimi anni essendo stato fino al 2008 tra i più fedeli uomini di Wade, più volte ministro e Primo Ministro. Infine se è vero che i militari non hanno il ruolo determinante per le sorti politiche del paese che detengono in Guinea Bissau, chi detiene il potere è sempre fortemente influenzato dalla potente confraternita dei Muridi, che riunisce la maggioranza dei musulmani senegalesi. Questi sono solo due casi, curiosamente di una tensione presente in tutta l’Africa a sud del sahara tra situazioni nelle quali cresce il protagonismo della società civile nella vita politica e, seppur con ancora molte contraddizioni e con il rischio sempre presente e qualche volta reale di brogli, le elezioni sono partecipate e comunque decisive per decidere chi governa i Paesi, e situazioni nelle quali le elezioni sono solamente uno strumento utilizzato per legittimarsi da chi è già al potere o lo ottiene con la forza.