28/02/2020
di Giosuè De Salvo, responsabile advocacy, educazione e campagne di Mani Tese
Lunedi 24 febbraio la Commissione europea ha pubblicato i risultati dell’attesissimo studio commissionato al British Institute of International and Comparative Law sugli obblighi di due diligence (dovuta diligenza) lungo la catena di approvvigionamento, dal quale risulta che nell’UE solo un’impresa su tre esercita la dovuta diligenza per quanto riguarda l’impatto sui diritti umani e sull’ambiente.
In questo contesto, dovuta diligenza significa, ad esempio, che un’impresa è tenuta a controllare i propri fornitori e le proprie operazioni per essere sicura che non nuocciano a persone ed ecosistemi. Ciò implica la necessità di verificare che i fornitori non sfruttino il lavoro minorile o non sversino rifiuti nei fiumi.
Il 70% dei 334 partecipanti al sondaggio concorda sul fatto che un obbligo generale di dovuta diligenza a livello UE con riferimento all’impatto sui diritti umani e sull’ambiente potrebbe essere vantaggioso per le imprese.
Didier Reynders, Commissario per la Giustizia, ha dichiarato: “Secondo le imprese, una normativa UE in quest’ambito garantirebbe la certezza del diritto e regole armonizzate sul dovere delle imprese di rispettare le persone e il pianeta. Poiché la neutralità climatica è una delle principali priorità di questa Commissione, farò in modo che i risultati di questo importante studio siano tenuti in considerazione nell’elaborazione delle iniziative future.”
Lo studio, avviato nel dicembre 2018 nel quadro del piano d’azione della Commissione per finanziare la crescita sostenibile, esamina le alternative per regolamentare la dovuta diligenza delle imprese sia nelle proprie operazioni che nelle catene di approvvigionamento, onde scongiurare impatti negativi sui diritti umani e sull’ambiente, anche in relazione ai cambiamenti climatici. Lo studio si inserisce inoltre negli obiettivi del Green Deal europeo, che sottolinea la necessità che la sostenibilità sia ulteriormente integrata nelle norme sul governo societario in tutta l’UE, dal momento che molte imprese si concentrano troppo sui risultati finanziari a breve termine rispetto agli aspetti relativi allo sviluppo e alla sostenibilità a lungo termine.
Per Mani Tese e l’intera rete di associazioni e ONG che in Europa e nel mondo si battono per vincolare la libertà di impresa al rispetto dei diritti umani e dell’ambiente, i risultati di questo studio affermano inequivocabilmente che le misure volontarie stanno fallendo e che è quindi urgente approvare norme cogenti di dovuta diligenza al fine di ottemperare al dovere di protezione (duty to protect) degli Stati Membri contro gli abusi perpetrati dalle imprese, multinazionali in primis, come l’accaparramento di terre, l’uccisione di difensori e difensore dei diritti umani, il lavoro forzato e minorile, la violenza di genere e il degrado ambientale e la deforestazione, cosi come previsto dai Principi Guida delle Nazioni Unite su Business e Diritti Umani.
Maggiori informazioni sullo studio sono disponibili qui.
Per il commento delle reti di associazioni e Ong si legga qui.