L'ORTO
DI JEREMIAH

Testo di Cosimo Bizzarri
Fotografie Matteo de Mayda

La contea di Baringo, nel Kenya centrale, è in crisi. Negli ultimi anni, le frequenti ondate di siccità hanno progressivamente inaridito il terreno. Per trovare erba da mangiare per i propri animali, i pastori spesso si spingono in territori che appartengono alle tribù vicine. Se le loro capre e vacche muoiono di fame, molti finiscono per rubarle ai loro vicini, dando il via a una serie di scontri che lasciano dietro di sé odio, morti e più povertà per tutti.

Jeremiah Lebene, un maestro elementare di 47 anni, ha deciso di fronteggiare la situazione a modo suo. Arrivato nella scuola di Lomayana, nei pressi della città di Marigat, ha preso un pezzo del cortile dove più di trecento alunni giocano ogni giorno e ha cominciato a dissodare il terreno. “L’agricoltura è un pilastro per il Kenya”, sostiene Jeremiah, “È fondamentale per la sicurezza alimentare”.

Un gregge di pecore nella zona di Marigat, nella contea di Baringo

L’agricoltura garantisce la sussistenza a più dell’80% della popolazione keniana, eppure negli ultimi decenni è progressivamente sparita dai curriculum scolastici per fare spazio alle materie che preparano gli alunni ai mestieri da “colletti bianchi”, considerati più rispettabili. In controtendenza, Jeremiah ha cominciato una classe pomeridiana di agricoltura la cui partecipazione è su base volontaria.

Jeremiah Lebene insegna agli studenti della scuola di Lomayana a dissodare il terreno.

“Inizialmente lavoravamo con le mani”, racconta Jeremiah, “Poi sono arrivati Mani Tese e Necofa e ci hanno dato gli attrezzi, i semi e questa cisterna per raccogliere l’acqua piovana”. La classe, che nel 2014 contava quindici alunni, ora ne ha quaranta. S’incontrano ogni giovedì pomeriggio per zappare, piantare, scavare i canali d’irrigazione e costruire recinti e cancelli per tenere lontani gli animali. È un modo di socializzare e fare gruppo, e ha anche un vantaggio economico.

I fagioli e la cisterna d’acqua dell’orto scolastico di Lomayana.

“Quando vanno a casa, gli alunni possono insegnare ai genitori come fare l’orto”, spiega Jeremiah, “Così, anziché comprare un prodotto senza sapere da dove viene, le famiglie possono crescerlo da sé. È un modo di combattere la povertà”.

Jeremiah Lebene, 45 anni, è maestro e vice-preside della scuola di Lomayana.

Non è l’unico programma innovativo della scuola di Lomayana. Ogni gennaio, Jeremiah e i suoi colleghi organizzano le elezioni per nominare rappresentanti d’istituto e di classe, oltre che i responsabili per gli affari ambientali, sportivi e religiosi. È una forma di educazione civica in un paese in cui, a partire dagli anni Novanta, ogni tornata elettorale è stata segnata da accuse di brogli, violenze a sfondo etnico o mancato riconoscimento del risultato uscito dalle urne.

Due studenti della scuola di Lomayana di fronte alle due urne usate per le elezioni dei rappresentanti degli studenti

“Abbiamo intrapreso quest’iniziativa per fare capire ai ragazzi che è possibile svolgere un’elezione in modo regolare e che l’esito del voto va rispettato”, spiega Jeremiah, “Ai ragazzi piace”.

L’acacia sotto cui si svolgono le elezioni e la maggior parte delle attività di gruppo della scuola di Lomayana

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