Dopo la dichiarazione del 13 aprile 2023 di Ibrahim Traoré, presidente del Burkina Faso, la stampa parla apertamente di una guerra in corso contro i gruppi armati non statali (GANE) e in tutto il Paese è in atto una mobilitazione generale di persone e risorse. Il numero di attacchi nelle diverse regioni del Burkina Faso è aumentato poco prima della stagione delle piogge, come si attendevano i servizi di sicurezza, e sta diminuendo man mano che gli scrosci si fanno più forti e frequenti. 

Non solo l’esercito Burkinabé gioisce della tregua data dalla pioggia, ma anche la terra, riarsa dal sole per nove mesi all’anno, finalmente ricomincia a respirare e rinverdirsi. Tuttavia, a causa dei cambiamenti climatici, le piogge si stanno facendo sempre più irregolari, come racconta Jean-Baptiste Kaboré, leader dell’organizzazione contadina del comune di Pella, nella regione del Centro-Ovest. 

“Coltivo il riso da sempre ma negli ultimi anni il clima è cambiato moltissimo – afferma Jean-Baptiste Kaboré – Non piove più come prima e il rischio di perdere il raccolto adesso è più elevato”.  

Jean-Baptiste ha appena concluso la restituzione alla sua organizzazione delle tecniche agroecologiche apprese durante la formazione di aprile, realizzate nell’ambito del progetto “Nutriamo il futuro”, cofinanziato da AICS Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo. Con lui c’è anche il coltivatore Adama Soulama, che si dichiara contento di quello che ha imparato, e che ha subito applicato sul suo terreno. 

“È stato molto utile imparare a fare il compost – racconta Adama – Alcuni già conoscevano la tecnica, ma adesso tutti i membri dell’organizzazione sanno metterla in pratica in modo corretto e questo ci permette di rigenerare il terreno e renderlo più fertile senza dipendere da fertilizzanti sintetici, riducendo il rischio di perdita del raccolto”. 

Fare il compost implica sforzo fisico e una grande collaborazione tra le persone e rappresenta uno degli asset del progetto “Nutriamo il futuro”. 

Salomon Bouda, punto focale di Mani Tese, si è occupato di organizzare e gestire le formazioni realizzate e racconta così il procedimento: “Per riuscire a creare un buon compost, occorre il coinvolgimento di tante persone. Prima si scava la superficie della terra e si crea una base, poi si appoggiano la paglia, la cenere e le deiezioni animali. Il tutto viene irrorato dall’acqua versata ripetutamente. Si continua per un po’ fino a realizzare tre strati, poi si copre il tutto con un telo e si aspetta. Il risultato di questo lavoro permette di rigenerare la terra”. 

Lavorare insieme per prendersi cura della terra e rigenerarla è la chiave per costruire la pace in Burkina Faso, come altrove. Quando la terra diventa arida, fare il compost diventa un’attività fondamentale che, attraverso la cooperazione, permette di ottenere, l’indomani, buoni frutti. 

L’arachide è un prodotto di grande consumo in Burkina Faso, se si tiene conto delle abitudini culturali e alimentari di più di 2,5 milioni di famiglie. Rappresenta un settore importante nel comparto dei semi oleosi, con una produzione in crescita negli ultimi anni.

Anche a Koubri, comune poco lontano da Ouagadougou, le donne dell’Associazione delle Sorelle Burkinabè di Poedogo utilizzano, per preparare i loro piatti, l’arachide. Soprattutto il suo principale derivato: la pasta d’arachide.

Tuttavia, per via della situazione di insicurezza del Paese e della crisi generale nella regione, i prezzi dei generi alimentari sono in continua fluttuazione. Di conseguenza riuscire a coltivare, trasformare e vendere un prodotto interamente sul mercato locale permetterebbe alle donne, e quindi alle famiglie, di risparmiare non poco sul costo del cibo.

Helene Compaore, 29 anni e tre bambini, sa come si produce la pasta d’arachide e ce lo mostra maneggiando il nuovo mulino elettrico, che funziona grazie all’impianto solare del centro di trasformazione di Poedogo. “Adesso che ho imparato come usare il macchinario, voglio iniziare a produrre pasta d’arachide” ci racconta “così non sarò costretta a comprarla ma, anzi, la potrò vendere, guadagnarci qualcosa e far conoscere l’Associazione anche ad altre donne”.

Il mulino è stato installato e interamente realizzato da CEAS, il Centro Ecologico Albert Schweitzer del Burkina Faso, nell’ambito del progetto Trasformiamo!” promosso da Mani Tese insieme ad altri partner e cofinanziato dalla Regione Emilia Romagna.

Il CEAS è dotato di un laboratorio di produzione supervisionato dal tecnico ingegnere Theodore Hein, che si è occupato direttamente dell’ideazione e della creazione del mulino artigianale.

“Non è stato semplice e abbiamo testato a lungo il mulino, ma con una pratica costante le donne arriveranno a produrre un’ottima pasta d’arachide” sostiene Theodore, che durante la formazione ha mostrato le tecniche di produzione e mantenimento. Al termine dell’attività, è stato creato un comitato di gestione del mulino con persone di riferimento. In prima fila c’era Helene.

“Voglio invitare anche le altre donne di Poedogo ad avere coraggio, uscire di casa e venire qui al centro per trasformare insieme e produrre la pasta d’arachide” dichiara Helene “solo insieme, infatti, possiamo diventare più forti”.

rpt

Milano, XX luglio 2022  – Anche quest’anno Mani Tese, Ong che da oltre cinquant’anni persegue la giustizia nel mondo, offre diverse proposte per trascorrere un’estate alternativa e solidale, dedicate in particolare ai ragazzi e alle ragazze.

I campi estivi di Mani Tese rappresentano da sempre un’occasione per condividere un impegno di solidarietà e di giustizia durante l’estate. Grazie ad attività di formazione, lavoro e volontariato, sono per i giovani un’opportunità per mettere in relazione il loro sguardo globale con quello locale imparando a diventare cittadini e cittadine del mondo prendendosi cura anche della propria comunità. Tanti i temi sviluppati nel corso degli anni, come la povertà e le disugualianze, l’ambiente e la crisi climatica, le migrazioni e le schiavitù moderne.

I campi estivi permettono, soprattutto, di sperimentare buone pratiche per rendere più sostenibile il proprio stile di vita.

L’estate 2023 di Mani Tese

Le proposte di quest’anno si rivolgono per lo più alle comunità locali e ai ragazzi e alle ragazze dei diversi territori italiani, dove i giovani sono immersi nella sfida per il loro futuro, alla ricerca di riconoscimento e visibilità, di cura e identità. A giugno e luglio si sono svolti

TRAP“, un campo rivolto a minori dell’area penale (Catania, 26 giugno – 1 luglio);

L’AMORE SPACCA!”, un campo non residenziale che ha coinvolto 23 adolescenti (Treviso, 5 – 15 luglio);

DEMOCRACITY“, una scuola politica e di volontariato per ragazzi e ragazze dai 18 ai 28 anni (Vico Equense, 9 – 13 luglio);

Sono in partenza altri campi, per i quali sono ancora aperte le iscrizioni:

FAST FASHION: WHO PAYS?” – Pratrivero (BI), 31 agosto – 3 settembre; campo diurno per ragazzi e ragazze dai 15 ai 19 anni.

SMUOVIAMO LE ACQUE!” – Verbania (VB), 28 luglio – 7 agosto; campo residenziale per ragazzi e ragazze dai 18 ai 35 anni.

Per informazioni e iscrizioni ai campi estivi è sufficiente consultare la pagina dedicata sul sito di Mani Tese all’indirizzo www.manitese.it/campi-estivi-mani-tese.

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A Bissalanca, piccola tabanka a pochi chilometri da Bissau, si trova il pollaio di Maria Fatima e Saliato.  

Sono due donne che hanno cominciato ad allevare galline ovaiole nel 2020 nell’ambito del progetto “Mettiamo le ali allo sviluppo” promosso da Mani Tese e cofinanziato dall’Unione Europea. 

A seguito di varie vicissitudini legate non solo agli eventi esterni come la pandemia ma anche alle loro vite personali, Saliato e Maria Fatima hanno deciso di unire le forze e prendersi cura delle loro galline insieme. Anziché due pollai a Bissau, ne hanno costruito uno più grande a Bissalanca.  

Amiche di vecchia data, le due signore hanno superato la sessantina e, anche se a volte le difficoltà legate all’età si fanno sentire, la signora Saliato si considera una vera e propria imprenditrice.  

“Non riesco a stare ferma, mi piace molto lavorare e continuare a trovare opportunità lavorative” ci racconta “Amo la mia vita a Bissalanca, fuori dalla confusione della capitale. Qui siamo immersi nel verde ed è bellissimo. L’unica difficoltà è vendere le tante uova che le nostre galline producono ogni giorno. Qui la gente non ne consuma molte perché le persone non ne conoscono ancora a pieno i benefici.” 

“Se non riusciamo a vendere ai nostri vicini, mando le uova a Bissau dove mio figlio si occupa di venderle ai suoi amici e conoscenti. Stiamo anche cercando di costruire una rete di consumatori tra le famiglie dei compagni di classe dei miei nipoti, i figli di mio figli, che vanno a scuola proprio a Bissau. In città, infatti, le famiglie hanno più potere d’acquisto rispetto a una piccola tabanka come Bissalanca”. 

Saliato è molto orgogliosa delle sue uova. “Vorrei che le nostre uova vengano riconosciute come un bene prezioso per l’alimentazione dei nostri bambini” ci spiega “Quello che ancora ci penalizza è la merce senegalese che entra a Bissau a un costo bassissimo… Non è possibile che un prodotto estero costi meno di un prodotto nazionale! Spero che insieme agli altri produttori e produttrici prima o poi riusciremo a cambiare le cose e invertire questa tendenza di mercato. Voglio lavorare per questo. Voglio battermi per i miei diritti.” 

Saliato dice che ha imparato molto da sua madre, che l’ha lasciata a 99 anni. “Ho ancora tanta forza per riuscire ad arrivare alla sua età!” racconta “Negli anni passati qui non avevamo niente. Vivevamo con quello che ci dava la natura. Ma ora che ho scoperto la gioia dell’avere una mia attività non riesco a pensare di tornare indietro. Anzi, mi sto impegnando per cercare di iniziare altri ‘business’. Abbiamo ancora tanti obiettivi che vogliamo raggiungere, non solo come famiglia, non solo come comunità, ma anche come Paese.” 

Saliato si mette a ridere parlando di “business”. È certamente una parola che non fa parte del suo vocabolario quotidiano. Ma c’è tanta forza dietro a questa parola, e tante idee che vuole vedere realizzate. L’idea, per esempio, di unire i pollai e mettersi a lavorare insieme a Maria Fatima è sicuramente un inizio, una strada che le porterà a mettere in comune tante cose oltre all’amicizia. È un modo per fare comunità ma anche per prendersi cura di una comunità più grande. 

“Io ho quattro figli grandi. Sono vedova. Ma la mia vita mi riserva ogni giorno nuove sorprese” conclude Saliato “Ho ancora voglia di imparare tante cose e fare tanto altro! Per esempio, voglio comprare altre galline. Ce ne hanno rubate tredici lo scorso inverno…Ma adesso abbiamo riparato il pollaio e le nostre galline stanno bene e producono tante uova“. 

Il mese scorso abbiamo lanciato in Guinea Bissau il progetto No tene diritu a um vida sem violência”(Abbiamo diritto a una vita senza violenza) – Reforço dos mecanismos de proteção às vítimas de VBG e promoção dos direitos das mulheres na Guiné-Bissau. Si tratta di un progetto finanziato dall’Unione Europea e implementato da Mani Tese, capofila, in partenariato con FEC – Fundação- Fé e Cooperação, ENGIM – Fondazione Ente Nazionale Giuseppini Murialdo e AMIC – Associação dos Amigos da Criança.  

Il progetto ha come obiettivo quello di migliorare il contrasto alla violenza di genere in Guinea Bissau intervenendo nell’ambito della protezione delle vittime, della prevenzione alla violenza, del miglioramento delle competenze istituzionale e della formazione e creazione di opportunità socio-economiche femminili. 

Si tratta di un’iniziativa realizzata in continuità con il pregresso progetto pilota triennale “No na cuida de no vida, mindjer” – Emancipação e direitos para meninas e mulheres na Guiné-Bissau-projeto piloto” implementato da Mani Tese tra il 2018 e il 2021. 

L’evento di lancio di “No tene diritu a um vida sem violência” si è svolto nella Casa dei Diritti, cuore della Società Civile impegnata nella promozione dei diritti umani a Bissau.  

“La lotta alla violenza di genere è un’area di intervento prioritaria per Mani Tese in Guinea Bissau, poiché limita fortemente i diritti umani e lo sviluppo personale e socioeconomico di un Paese con cui collaboriamo da più di 40 anni” ha dichiarato Martina Pizzolato, Rappresentante Legale di Mani Tese in Guinea Bissau, prendendo la parola in apertura.  

Dati alla mano, l’Ambasciatore dell’Unione Europea Artis Bertulis ha proseguito: “Attualmente nel Paese il 37% delle ragazze si sposa prima della maggiore età, il 27% delle donne hanno avuto figli prima dei 18 anni e il 50 % delle bambine di 14 anni sono state sottoposte a mutilazione genitale femminile. Questi dati sono uno dei motivi per cui l’Unione Europea continua a credere e sostenere l’implementazione del modello di contrasto alla violenza proposto dal progetto”. 

Marliatu Djaló Condé, Presidente del Comitato Nazionale per l’Abbandono delle Pratiche Tradizionali Nefaste in rappresentanza del Ministero della Donna, ha espresso il pieno supporto istituzionale al progetto: “Il Ministero della Donna, della Famiglia e della Solidarietà Sociale conta sull’appoggio e la collaborazione delle organizzazioni della società civile in quanto attori chiave non soltanto della promozione e della protezione dei diritti umani, ma anche del miglioramento della qualità della vita dei cittadini”, ha dichiarato. 

Il progetto “No tene diritu a um vida sem violência” prosegue il nostro impegno nella protezione e accoglienza di donne vittime di violenza di genere. Rispetto al precedente progetto, abbiamo però esteso la nostra azione a due nuove regioni di intervento con l’attivazione di un nuovo centro e due famiglie dedicate all’accoglienza delle vittime di violenza di genere nella regione di Cacheu e altre due famiglie nella regione di Oio.  

Oltre alla protezione, Mani Tese si fa anche promotrice di un’iniziativa di advocacy sul territorio per richiamare l’attenzione sulle politiche pubbliche relative alla violenza di genere in Guinea Bissau. Durante il lancio di progetto, infatti, abbiamo annunciato la creazione di un tavolo di concertazione tra organizzazioni della società civile e istituzioni, di cui saremo responsabili insieme all’Istituto della Donna e del Bambino (sotto la direzione del Ministero della Donna, della Famiglia e della Solidarietà Sociale).  

Il nostro obiettivo è quello di creare un dibattito sulle politiche e le leggi attive in tema di violenza di genere in Guinea Bissau e presentare un documento di posizionamento agli organi di governo competenti per migliorare il contrasto al fenomeno in tutte le sfere della vita quotidiana delle bambine e delle donne, a partire dall’ambito familiare passando per il settore educativo, sanitario e della sicurezza pubblica. 

Il coinvolgimento di tutti i partner, come ha ricordato Martina Pizzolato, è fondamentale per combattere la violenza e la discriminazione contro le ragazze e le donne creando davvero un impatto tangibile sul Paese. 

Siamo nel Quindío, il più piccolo dipartimento della Colombia. Le sue montagne sono meta di turisti ed escursionisti, che vengono a fare trekking e ammirare gli alberi simbolo del paese, le palme da cera, uniche al mondo perché crescono qui a più di 2000 metri di altitudine. Oggi tuttavia al centro dell’attenzione non ci sono questi alberi imponenti, ma una coltivazione nuova che si sta diffondendo in modo vorticoso: l’avocado.

La crescita delle piantagioni è impressionante, trainata dall’aumento di consumi in Occidente, in particolare in Europa. A guardare i dati Eurostat, la Colombia è passata dalle 500 tonnellate esportate verso l’Unione europea nel 2013 alle 85mila del 2021. Nel giro di pochissimo tempo, il paese sudamericano si è imposto come secondo produttore mondiale, dietro il Messico, e come secondo esportatore verso l’Unione Europea dopo il Perù.

Ma se i consumatori occidentali apprezzano il fruttonelle sue variegate e composite declinazioni, questo sviluppo vertiginoso non avviene senza conseguenze nei luoghi di produzione, concentrati prevalentemente in America Latina.

Secondo quanto denunciano ambientalisti, politici locali e attivisti, la crescita senza controllo sta avendo ripercussioni non indifferenti sull’ambiente e sul tessuto sociale delle campagne. L’area in cui si sta sviluppando la produzione è prevalentemente occupata dal bosque andino, un eco-sistema tropicale ricco di biodiversità ma estremamente fragile che, grazie alle sue funzioni di serbatoio di acqua e di deposito netto di carbonio, ha un ruolo importante nella mitigazione del riscaldamento globale.

L’avocado è al centro di uno scontro sempre più acceso, che investe la stessa idea di futuro non solo della Colombia ma del mondo intero e che ci racconta come ogni nostra scelta alimentare produca degli effetti che noi neanche lontanamente immaginiamo.

Per questo motivo Mani Tese ha svolto una missione investigativa sulla filiera dell’avocado in Colombia, che ha portato alla realizzazione di un caso studio.

Questa attività rientra nell’ambito del progetto Food Wave – Empowering Urban Youth for Climate Action”, finanziato dalla Commissione Europea e coordinato dal Comune di Milano, di cui Mani Tese è uno dei partner.

SCARICA E LEGGI IL CASO STUDIO

Il soumbala ha un valore speciale per la cultura burkinabè. Il suo utilizzo è stato promosso sin dai tempi di Thomas Sankara per invitare a consumare cibo locale. Il soumbala, infatti, è un ottimo sostituto naturale del famigerato cubo Maggi, che ha invaso il Paese nel secolo scorso facendo dimenticare l’uso dei prodotti locali.  

Nell’ambito del progetto “TRASFORMIAMO! Sviluppo di attività di trasformazione alimentare e promozione del cibo locale nel comune di Koubrì in Burkina Faso”, cofinanziato dalla Regione Emilia-Romagna, nei giorni scorsi abbiamo avviato dei corsi di formazione per realizzare un ottimo soumbala in modo efficiente e sostenibile. 

 “Oggi sono venute a trovarmi le mie figlie da Ouagadougou – racconta Marie Ouedraogo, una destinataria della formazione – “Di solito vengono a trovarmi a Koubri almeno una volta a settimana ed è sempre bello averle qui con me insieme ai nipoti”. Diane, la figlia maggiore, ci dice che, non appena sono arrivate, Marie ha voluto subito raccontare loro della formazione ricevuta da Mani Tese sulla trasformazione dei grani di neré in soumbala. 

“Sono molto soddisfatta di questa formazione – dice Marie – Abbiamo migliorato le tecniche di selezione e pulizia del neré per eliminare foglie e grani che non sono adatti. Poi, per facilitare la cottura dei grani, li abbiamo decorticati con i mortai e, subito dopo, li abbiamo fatti cuocere per circa un giorno intero. Dopodiché ai grani cotti abbiamo tolto la pelle e li abbiamo lavati attentamente a più riprese. Infine, li abbiamo riscaldati di nuovo prima di lasciarli fermentare per circa 48 ore sull’essiccatoio. È un processo lungo ma, grazie alla formazione, abbiamo imparato come accorciare i tempi e ottenere in modo più efficiente un prodotto di qualità”. 

Si avvicina un’altra donna, che stava innaffiando le foglie di amaranto, e si siede sotto un albero accanto a noi. Si chiama Mariam. “Conoscevamo già come fare il soumbala – ci tiene ad aggiungere – però con la formazione abbiamo imparato una tecnica che ci permette di separare i grani cotti da quelli che non lo sono ancora. Prima facevamo tutto a mano ed era un processo lungo e faticoso, oggi con gli strumenti che abbiamo siamo molto più veloci”.  

Marie e Mariam ci hanno raccontato che, dopo la formazione, hanno subito cominciato a vendere il loro prodotto trasformato. “C’erano molte persone incuriosite dalla nostra formazione a cui, alla fine, abbiamo venduto alcune palline di soumbala che abbiamo prodotto”, raccontano. 

 “Il mio segreto – conclude Marie – da quando le mie figlie erano piccole, è quello di aggiungere nei piatti che preparo un po’ di soumbala, così che abbiano più sapore e siano più nutrienti. Usando il soumbala non devo spendere molto perché i grani li trovo sugli alberi vicino a casa o al mercato a basso prezzo”.  

Oggi, con le tecniche apprese, Marie potrà continuare a cucinare i suoi piatti speciali e naturali per le figlie e i nipoti continuando a tramandare il segreto di famiglia ma prepararli sarà più semplice e veloce!  

È on line il nuovo numero del nostro giornale!

Tema dell’ edizione di giugno 2023 è il futuro del cibo declinato in diversi approfondimenti.

Ecco il sommario:

IL FUTURO DEL CIBO

Sovranità alimentare e agroecologia per nutrire il pianeta.

IN EVIDENZA

Cibo e diritti. Un’altra idea di sovranità

di Giuseppe Stanganello, Presidente di Mani Tese

Cambiare le regole del gioco per raggiungere la sovranità alimentare di redazione

Intervista a Nora McKeon, esperta di politiche alimentari, a cura della redazione.

I NOSTRI PROGETTI

Agroecologia in Benin contro l’insicurezza alimentare

di Anna Fatima Pasqual, Area Cooperazione di Mani Tese

Burkina Faso. Una cintura verde per nutrire la città

di Eugenio Attard, Responsabile Paese Burkina Faso per Mani Tese

Challenge: chiamata all’azione per un cambiamento agroecologico!

di Elisa Lenhard, Responsabile del progetto CHAlleNGE per Mani Tese

La sostenibilità della filiera dell’avocado in Colombia

di Giosuè De Salvo, Responsabile del Progetto Food Wave per Mani Tese

LE PERSONE DI MANI TESE

L’agroecologia s’impara da madre terra

di Valentina Ciulli, Presidente di Mani Tese Veneto

LEGGI QUI IL NOSTRO GIORNALE

Mani Tese, nell’ambito del suo progetto Katagya in Mozambico cofinanziato dalla Regione Emilia Romagna, nelle scorse settimane ha tenuto una tavola rotonda con l’obiettivo di scambiare esperienze positive sull’uso sostenibile dell’ambiente, valutando le donne come attrici in prima linea nel processo di mitigazione del cambiamento climatico.  

La tavola rotonda è stata moderata dalla giovane Fatima Matos, attivista ambientale della città di Quelimane, e Leonel Raimo, coordinatore del progetto Katagya e responsabile delle attività di blue economy di Mani Tese. 

All’evento, che mirava a promuovere lo scambio di esperienze tra i gruppi coinvolti nel progetto, hanno partecipato 13 donne e 7 uomini, fra cui rappresentanti di associazioni locali amiche dell’ambiente, del Comune di Quelimane, dell’Unione Provinciale de Contadini della Zambezia (UPCZ) e attivisti ambientali. 

Durante il dibattito, l’attenzione principale è stata posta sul ruolo delle donne nella mitigazione del cambiamento climatico. Sono state le donne, infatti, a discutere delle principali cause del cambiamento climatico, evidenziando alcune cattive abitudini da modificare. Fra queste, l’avidità di arricchimento compulsivo e le limitazioni alla gestione del reddito sono state indicate come fattori che inducono gli uomini a optare per l’abbattimento massiccio di alberi a uso commerciale e industriale, abusando delle foreste.  

Altre cattive abitudine emerse sono state la pratica dell’agricoltura intensiva, dove il suolo è considerato una mera risorsa da sfruttare, e l’eccessiva produzione di carbone. 

Nel dibattito è emerso chiaramente come le donne, pioniere nella pratica dell’agricoltura sostenibile, abbiano inconsapevolmente dato il loro effettivo contributo alla mitigazione degli effetti del cambiamento climatico. La donna contadina, con la sua zappa a manico corto, i semi autoctoni e le piante da frutto, astenendosi dall’uso di fertilizzanti sintetici, lavora i suoi campi in modo naturale rispettando la conservazione ambientale

Il ruolo delle donne nell’agricoltura è stato proprio l’oggetto specifico di una seconda tavola rotonda, organizzata da Gildo Abu Pires, del team comunicazione di Mani Tese, e moderata sempre da Leonel Raimo, coordinatore del progetto Katagya. 

L’evento ha visto la partecipazione di 17 membri di diverse organizzazioni: Comune di Quelimane, Unione provinciale dei contadini di Zambézia, SDAE, NAFEZA, CELIM, Associação das Mulheres Domesticas da Zambézia, Associação Ondas da Maganja da Costa e Senhora Fátima – Attivista sociale. 

Il dibattito ha riguardato un’attenta riflessione sul ruolo delle donne in agricoltura, compresi i suoi ostacoli, le sfide e le possibili soluzioni per l’emancipazione delle donne.  

Odete Pedro, la rappresentante di NAFEZA-Nucleo das Associações Femeninas da Zambezia, in particolare ha sottolineato come le donne abbiano contribuito positivamente all’agricoltura così come nella società in generale. La maggior parte delle persone dedicate all’agricoltura di sussistenza, infatti, sono donne, mentre gli uomini si dedicano principalmente all’agricoltura per la commercializzazione dei prodotti. 

La coltivatrice Gildo ha inoltre affermato che la donna è la Guardiana del seme autoctono e coltiva la terra senza l’uso di fertilizzanti sintetici per produrre cibo per tutta la famiglia.  

Ha inoltre aggiunto che il problema principale delle donne è il patriarcato, un sistema che perpetua il potere di decisionale degli uomini in tutti gli aspetti della vita sociale. Si tratta di un contesto radicato su convinzioni familiari, sociali, culturali e religiose, in cui l’uomo è posto come figura superiore alla donna. Un atteggiamento che finisce per disattenere il principio di uguaglianza fra le persone. 

Sono molte, infatti, le attività per cui è necessario per le donne avere l’autorizzazione degli uomini, come ad esempio l’acquisizione di machamba per la produzione alimentare, compresa la decisione su cosa può essere venduto e quando. 

La società sta quindi perdendo l’opportunità di valorizzare la donna, la principale custode del cibo. Dovrebbe invece formare uomini e donne sull’uguaglianza dei diritti umani educando gli uomini al rispetto. 

Tiago Otílio, Rappresentante di Celim, ha sostenuto la creazione massiccia di associazioni di donne per l’agricoltura e la loro formazione affermando come anche la partecipazione degli uomini alle sessioni di formazione possa fare in modo che, insieme alle donne, possano mettere in pratica cambiamenti e miglioramenti positivi tanto in agricoltura quanto nella società. 

Sono oltre 200mila i minori che vivono nei comuni colpiti dalle frane e dalle alluvioni che hanno investito l’Emilia Romagna negli ultimi giorni.

Noi di Mani Tese, già attivi sul territorio con i nostri volontari e con la raccolta di cibo, fondi e materiali, abbiamo pensato di dedicare proprio a loro, ai bambini e ai ragazzi colpiti dall’alluvione, un tempo di gioia e di spensieratezza per ripartire con il sorriso!

Vogliamo far vivere ai ragazzi e alle ragazze una realtà meno pesante di quella che in questi giorni li ha investiti così drammaticamente creando per loro uno spazio sicuro e di benessere. Nello stesso tempo, vogliamo concedere tempo e tranquillità ai loro genitori, impegnati nella ricostruzione di un “nido” familiare.

Il nostro progetto

Il Girotondo dei colori è un progetto di educazione creativa ideato da due fantastiche maestre nonché volontarie di Mani Tese, Gloria Gargiulo e Giulia Raggi, attive in questi giorni a Faenza.

Si tratta di un servizio di animazione gratuito dedicato ai bambini e ai ragazzi dai 5 anni per far nascere nuove idee e invenzioni, per creare oggetti con materiali di riciclo, per giocare insieme, leggere e condividere nuove scoperte.

Il progetto è offerto da Animazione Los Rayos de Colores in collaborazione con Mani Tese Faenza e Rione Verde e si svolge a Faenza, tra le zone più colpite, con case e vie di comunicazione inondate e famiglie intere che hanno perso tutto.

Abbiamo iniziato l’attività in questi giorni per coprire in particolare il tempo dopo scuola ma per farla proseguire abbiamo bisogno di materiale (cancelleria, stereo, libri, giocattoli e giochi di società, etc…), di sostenere i costi di affitto per la sede e quelli per la formazione. Solo così potremo garantire un’animazione gratuita strutturata per tutto il periodo estivo, quando le scuole saranno chiuse, e donare gioia e spensieratezza ai bambini e ragazzi colpiti dall’alluvione.

Abbiamo bisogno di te!

Per sostenere il progetto abbiamo bisogno di sostenere i costi per il materiale, la sede e le attività educative.

Sostienici con una donazione!

Ecco tutti i modi in cui puoi farlo:

– Carta di credito sul sito di Mani Tese inserendo l’importo che desideri donare (causale/note: EMERGENZA ALLUVIONE EMILIA ROMAGNA)

– Bonifico bancario intestato a Associazione MANI TESE ONG Onlus presso banca Popolare Etica (IBAN: IT 57 F 05018 01600 000010203040) inserendo come causale EMERGENZA ALLUVIONE EMILIA ROMAGNA

– CCP, Conto Corrente Postale: n° 291278 intestato a Associazione Mani Tese ONG ONLUS, Piazzale Morandi 2, 20121 Milano inserendo come causale EMERGENZA ALLUVIONE EMILIA ROMAGNA

Contiamo su di voi per ripartire con il sorriso:

grazie per il vostro supporto!