27/12/2017

Dopo nove mesi di progetto vale la pena chiedersi: tutti i nostri sforzi sono serviti?

Per rispondere a questa domanda abbiamo iniziato a sondare il terreno, ad andare in campo a chiedere alla gente cosa ne pensa effettivamente.

L’AICS di Dakar, finanziatrice del progetto e coordinatrice del programma Emergenza, ha effettuato in luglio una visita di monitoraggio ed anche una delegazione dell’Unione Europea e altre ONG si sono interessate al progetto effettuando missioni nella regione di Gabù. Tutto questo entusiasmo e questa curiosità hanno prodotto anche una piccola inversione, un piccolo cambiamento nelle famiglie e nei giovani beneficiari? Siamo riusciti a dare un esempio o una alternativa alla migrazione irregolare nel corridoio migratorio Gabù-Kolda, regioni di intervento del progetto?

Abbiamo iniziato a chiedere ai nostri beneficiari, giovani padri e madri, se da quando il progetto è iniziato hanno riscontrato dei veri e propri benefici anche economici. Ovvio, non abbiamo mai pensato, con un progetto così piccolo, di riuscire a stravolgere l’economia della regione. Neanche di un settore. Neanche di un villaggio. Non l’abbiamo mai pensato. Certo però ci siamo impegnati affinché le risorse impiegate in questa iniziativa fossero realmente utili ad una fetta della popolazione beneficiaria.

Curiosi di sapere qualche risultato delle tre attività implementate con il progetto, ovvero orti, pollai e centri di trasformazione dei cereali?

Orti

Iniziamo con gli orti. Deformazione professionale.

Gli orti (quattro, in tre settori della regione di Gabù) hanno una dimensione di un ettaro, sono stati recintati e sono provvisti di un pozzo. In due orti si è provveduto ad innalzare una cisterna per irrigare con un sistema di tubi più efficiente.

A livello di sovranità alimentare non ci sono dubbi: il condimento al riso (in loco chiamato mafe) è assicurato. I principali ortaggi tradizionali che abbiamo iniziato ad apprezzare (djakatù, bajiki, canja) non mancano mai, così come melanzane, cetrioli, peperoni e peperoncini. Quest’anno non mancherà neanche il riso (in questi giorni lo stanno raccogliendo e seccando). Riso che sarà poi trasformato nei centri di trasformazione costruiti nell’ambito del progetto.

Ok. C’è stato un miglioramento della dieta alimentare. Ma a livello economico?

Facciamo insieme due calcoli: a Pansorr, ne abbiamo già parlato, sono stati prodotti 790 kg di cipolle in tre mesi e mezzo, che le donne hanno venduto mediamente a 450 Fcfa (con picchi di 600 Fcfa). Bisogna aggiungere altro?

Andiamo a Djibata, villaggio nella periferia di Gabù, dove Fatumata ormai vende peperoncini, melanzane e canja. Per quanto riguarda le melanzane, ha già fatto due raccolti. In 5 mesi di produzione ha raccolto, solo nelle sue aiuole, oltre 230 kg di melanzane (qui in Guinea le melanzane non superano i 400 g), per un totale di 57.500 Fcfa. E ci sono piante ancora in produzione! Passando alla canja, consideriamo per i nostri calcoli una media di 30 kg prodotti. La canja viene venduta al pezzo e nel mese di Ramadan un solo pezzo arriva a costare anche 150 Fcfa. Dal momento che un frutto pesa da 200 a 300 g, e che la canja seminata fitta non ha bisogno di nessun intervento se non l’irrigazione, deduciamo che la canja ha reso ben 22.500 Fcfa. A tutto ciò sommiamo piccole quantità di bajiki, peperoncini, peperoni e sukulubembe (un peperoncino più grande e colorato, venduto per unità).

Gli effetti benefici dell’agroecologia hanno dato frutti interessanti ovunque. E quando parliamo di frutti parliamo di papaye e banane, ma anche di moringa, seminata e trapiantata in quantità in tutti gli orti (con particolare efficacia a Pitche e Djibata). La ricchezza è nella biodiversità e nella diversificazione della produzione. Non solo ortaggi, quindi. E non solo frutta. Molte piante forestali, come il neem e la moringa, sono state piantate perché fondamentali nella difesa biologica degli orti. Inoltre, miglioreranno l’approvvigionamento di proteine e la fertilità del suolo.

Molte donne vendono la loro produzione al mercato e scambiano prodotti: ortaggi per carne o prodotti per l’igiene. Alcune donne hanno comprato qualche medicinale. Altre, come Ramatullay, hanno potuto acquistare materiale scolastico per i figli. Un piccolo passo per donne che quest’anno hanno provato a essere produttrici agroecologiche e che domani potranno continuare a produrre e migliorare ogni giorno le proprie condizioni economiche, ma soprattutto che saranno sempre più protagoniste della vita economica e produttiva delle proprie famiglie e dei propri villaggi.

Ah, ed in ogni orto più o meno lavorano dalle venticinque alle trentacinque donne. L’orto di Pitche è stato ingrandito di altri 5.000 metri quadrati, che consentiranno ad altre dieci donne del villaggio di poter entrare nell’orto.

Pollai comunitari

Durante il progetto sono stati costruiti quattro pollai comunitari. Ogni pollaio è gestito da cinque persone, delle quali normalmente due sono gli operatori. I pollai sono strutturati per produrre uova e galline per la vendita. 100 ovaiole generalmente consentono di produrre una media di 70-80 uova giornaliere (30 uova sono vendute a 2.500 Fcfa). Insomma, un bel gruzzoletto che consente ai giovani beneficiari di avere un reddito integrativo.

Il discorso è diverso per la produzione di galline e polli per carne. Ogni 60 giorni (ciclo di produzione da pulcino di un giorno a gallina di 1kg-1,5kg), con 15 giorni di pulizia e disinfestazione, al momento della vendita degli animali c’è un guadagno che varia dagli 80.000 ai 120.000 Fcfa per 100 galline vendute. Insomma, piccole economie crescono.

Centri di trasformazione dei cereali (riso e mais)

Quattro centri di trasformazione dei cereali sono stati avviati. Anche in questo caso, cinque persone dirigono il centro, mentre un giovane normalmente è responsabile della produzione. Da fine febbraio alla fine del progetto abbiamo registrato guadagni medi di 60.000 Fcfa, con picchi di 170.000 Fcfa nel mese di Ramadan.

Sensibilizzazione

A tutto ciò si aggiungono attività di sensibilizzazione ben riuscite su un argomento che era un po’ un tabù in tutta la regione. Le associazioni di giovani si sono interessate moltissimo al tema delle migrazioni, facendolo proprio e organizzando a livello logistico le proiezioni cinematografiche e i dibattiti comunitari. Ancora oggi, a tre mesi dalla fine del progetto, alcune associazioni, in particolare CRJ, utilizzano una parte dei fondi dei centri di trasformazione per continuare il ciclo di proiezioni in villaggi limitrofi alla comunità di Gabu.


E’ stata una bellissima esperienza in una splendida regione.

Grazie mille a tutti coloro che hanno collaborato alla realizzazione e implementazione del progetto, dal coordinatore locale Saico Umaro Embalo, agli animatori Aua Balde e Geraldo Suleimane Camara, ai tecnici agricoli Adramane Balde, in arte Abdul e Braima Cassama, ai formatori che hanno partecipato mettendo a disposizione le loro conoscenze, ai direttori delle radio comunitarie e della radio Nacional, ai fornitori tutti.

Grazie e alla prossima!

Segui il lavoro sul campo di Matteo e tutte le attività di #AiutaliANonFuggire in Guinea Bissau.

 

Dai progetti
Responsabile Paese Mozambico

Matteo

Ciao a tutti, sono Matteo Anaclerio, agronomo pugliese, Rappresentante Paese di Mani Tese in Mozambico e coordinatore del progetto “Quelimane agricola: produce, cresce e consuma sostenibile” in Mozambico. Da febbraio 2018 a Maggio 2018 sono partito in Burkina Faso per una consulenza tecnica nella chiusura dei progetti “Donne e sviluppo rurale per raggiungere la sicurezza alimentare” […]

Progetto realizzato Diritti

Azioni di contrasto alla dinamica migratoria irregolare in Guinea Bissau

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