Attualità

121 milioni in più, ma per quale cooperazione?


20/10/2015

Il Consiglio dei ministri della scorsa settimana ha approvato il DDL Stabilità 2016 che contiene un aumento cospicuo dei fondi destinati alla Cooperazione allo sviluppo. Con questa manovra il premier Matteo Renzi mantiene, per ora sulla carta, le promesse enunciate più volte negli ultimi impegni internazionali, dalla terza conferenza per il finanziamento allo sviluppo di Addis Abeba alla recente Assemblea Generale dell’ONU di New York passando per l’Expo 2015. Entro il 2017 dobbiamo arrivare al quarto posto nel G7″, così aveva dichiarato Renzi a luglio scorso incontrando imprenditori e investitori italiani nella capitale etiope.

Secondo gli ultimi dati disponibili i quattro paesi del G7 che più investono in cooperazione sono Regno Unito, Germania, Francia e Canada. Superare il Canada vorrebbe dire quasi raddoppiare i fondi italiani destinati alla cooperazione. Il Canada infatti investe lo 0,24% del PIL mentre l’Italia è ferma allo 0,16%. Una promessa ambiziosa quella di Renzi, per agguantare il quarto posto del G7, il governo italiano dovrebbe arrivare a quota 0,25% nel 2017, il che necessita 1,3 miliardi di euro di finanziamento in più all’anno.

Le slide del DDL Stabilità presentato dal governo indicano un aumento di 121 milioni di euro per il 2016, con circa il 40% in più rispetto ai fondi attuali, che passano da 297 a 418 milioni di euro. Le stime dicono che questo primo aumento dei fondi farebbe segnare una crescita dello 0,01% degli aiuti pubblici italiani. La strada verso lo 0,25% del PIL è ancora lunga e in salita soprattutto se si parla di “aiuto genuino”. Bisogna ricordare che in passato l’Italia, così come altri paesi donatori, hanno spesso cercato di gonfiare i dati ufficiali includendo fondi destinati ad attività che non possono essere ricondotte all’aiuto allo sviluppo: i dati ufficiali dell’aiuto comprendono la cancellazione del debito, costi di sostegno agli studi all’estero, assistenza ai rifugiati nei paesi donatori, gli interessi sui prestiti e aiuti legati. Insomma il così detto “aiuto gonfiato” denunciato più volte da Aid Watch di Concord.

La Farnesina parla di “una inversione di tendenza storica che rafforza il ruolo internazionale dell’Italia a favore dei paesi in via di sviluppo. Gli ulteriori stanziamenti permetteranno all’Italia di dare attuazione a un piano di riallineamento del nostro aiuto pubblico allo sviluppo e di valorizzare i contributi sia attraverso il finanziamento delle organizzazioni internazionali sia promuovendo un maggiore sostegno all’attività delle ONG, che sono tra le forze migliori dell’Italia all’estero, delle imprese e delle università”. La cooperazione, ha aggiunto il ministro Gentiloni, “è un vero investimento strategico: la lotta contro la povertà va nella direzione di una maggiore pacificazione delle aree di crisi, della stabilizzazione internazionale e di un contributo alla costruzione di istituzioni democratiche a tutela dei diritti umani, consentendo anche di rafforzare la nostra strategia di intervento sulle cause dei flussi migratori”.

Ora che abbiamo una nuova legge e più risorse stanziate, ci aspettiamo uno sviluppo importante dell’impegno italiano nella cooperazione allo sviluppo. E’ come avere una nuova macchina e più carburante, la domanda è “Dove vuole andare questa rinnovata cooperazione italiana?”

Per quanto riguarda il passato, i dati pubblicati alcune settimane fa da OpenPolis che ha analizzato l’aiuto bilaterale italiano dicono che dei quasi 700 milioni di fondi bilaterali a disposizione del nostro paese nel 2013, meno del 5 per cento è andato direttamente ad aiuti umanitari, mentre quasi la metà (il 43,55%) è stato impiegato a favore dei rifugiati nel nostro paese. Al secondo posto troviamo le spese per infrastrutture e servizi sociali (il 25,56% del totale) e gli aiuti per i settori produttivi (8,33%). Altra fetta non indifferente è destinata ai costi amministrativi delle operazioni (circa 32mln – 4,66%), una percentuale che come altre non finisce direttamente ai paesi in via di sviluppo. L’orizzonte futuro dipinto da Renzi nelle sue dichiarazioni prefigura invece una cooperazione orientata al business che risponde a “una nuova strategia di investimento sull’Africa, un’occasione di sviluppo per le piccole e medie imprese, oltre che per le grandi”. Tra le parole chiave del premier troviamo sempre più spesso il concetto di “investimento per l’Italia”, di cooperazione come “strumento di sicurezza” e “lotta al terrorismo” o rimedio al “fenomeno migratorio”.

La nostra speranza è invece che la nuova cooperazione italiana si sviluppi tenendo fede al testo della nuova legge 125, una cooperazione per lo sviluppo sostenibile, i diritti umani e la pace che contribuisca alla promozione della pace e della giustizia e miri a promuovere relazioni solidali e paritarie tra i popoli fondate sui princìpi di interdipendenza e partenariato (art.1 legge 125/2014).

 E.G.

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