MIGRANTI: IDOMENI IN SMANTELLAMENTO. LA NOSTRA VISITA AI CAMPI PROFUGHI SUL CONFINE GRECO-MACEDONE

Una squadra di operatori di Mani Tese ha visitato tra giovedì 19 e sabato 21 maggio il “non-campo” di Idomeni. Segnali chiari dello smantellamento in atto arrivano dall’interruzione non annunciata del principale servizio di somministrazione pasti e dall’irrigidimento della polizia, che rende sempre più difficoltoso l’accesso. Il Governo Greco annuncia l’avvio delle pre-registrazioni di richiesta […]

Una squadra di operatori di Mani Tese ha visitato tra giovedì 19 e sabato 21 maggio il “non-campo” di Idomeni.

Segnali chiari dello smantellamento in atto arrivano dall’interruzione non annunciata del principale servizio di somministrazione pasti e dall’irrigidimento della polizia, che rende sempre più difficoltoso l’accesso. Il Governo Greco annuncia l’avvio delle pre-registrazioni di richiesta d’asilo entro fine dell’estate ma, secondo una funzionaria dell’OIM, senza il ricollocamento in altri Paesi UE, potrebbero volerci fino a 2 anni per evadere correttamente tutte le pratiche.

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Una squadra di operatori di Mani Tese ha visitato tra giovedì 19 e sabato 21 maggio alcuni dei principali campi profughi situati nell’area di confine tra la Grecia e la Macedonia, all’altezza dei comuni di Idomeni, Evzoni e Polycastro. Obiettivo della missione di natura esplorativa era quella diprendere contatto con le agenzie internazionali, le ONG e i volontari indipendenti che lavorano sul campo ma soprattutto raccogliere, per quanto possibile, lo stato d’animo degli uomini, delle donne e dei bambini costretti ormai da mesi a vivere in condizioni fisiche e mentali sempre più insostenibili.

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Il non-campo di Idomeni, che nei mesi scorsi è arrivato a contare oltre 12.000 presenze, il 40 per cento delle quali di minori accompagnati e non, oggi “ospita” tra le 6 mila e le 8 mila persone in maggioranza provenienti da Siria, Iraq e Afghanistan. Proprio mentre eravamo sul posto sembra essere iniziato lo smantellamento definitivo che secondo le autorità greche dovrebbe avvenire entro la fine del mese. Segnali chiari in questo senso arrivano dalla interruzione non annunciata del principale servizio di somministrazione pasti (4 mila al giorno) a cura dell’associazione greca Praxis e dall’irrigidimento della polizia che rende sempre più difficoltoso l’accesso al campo da parte sia dei volontari indipendenti che degli operatori delle Ong “accreditate”.

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La strategia del governo di Atene è quella di spostare tutti i richiedenti asilo – 55.000 al 20 di marzo 2016, prima del famigerato accordo UE-Turchia che da allora sta rispedendo al di là dell’Egeo tutti quelli arrivati dopo – all’interno dei campi ufficiali gestiti dall’esercito e lì con il supporto di UNHCR (agenzia ONU per i rifugiati) e EASO (European Asylum Support Office) fare una pre-registrazione delle richieste di asilo entro la fine dell’estate. Molti i dubbi che circolano sia sugli standard igienico-sanitari dei campi in allestimento, sia sull’impatto emotivo che il contatto con i soldati inevitabilmente genera in coloro che scappano da guerra e dittature, sia sul procedimento legale che si avvia con la pre-registrazione che aggiunge uno step in più al già lunghissimo iter di riconoscimento dello status di rifugiato e/o al ricongiungimento con i famigliari che vivono in Germania, Svezia e altri Stati dell’Europa continentale. Secondo una funzionaria dell’OIM (Organizzazione Internazionale per le Migrazioni) che abbiamo intervistato, considerato lo staff di cui dispone l’Asylum Service della Grecia, anche a causa dei tagli imposti dalla famigerata Troika, senza il ricollocamento in altri Paesi UE ci potrebbero volere fino a 2 anni per evadere correttamente tutte le pratiche.

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Già, il ricollocamento. Dei 160mila richiedenti asilo che, secondo gli accordi presi tra gli Stati europei lo scorso settembre avrebbero dovuto essere trasferiti dalla Grecia e dall’Italia agli altri 26 stati membri dell’UE nei prossimi due anni, meno di 1.000 per ora sono stati effettivamente ricollocati. Un fallimento politico che fa giustamente gridare alla morte dei valori fondanti dell’Europa unita ma che proprio nel pantano di Idomeni, all’EKO camp e all’Hara Camp che abbiamo visitato in questi giorni, trova una risposta meravigliosa di centinaia di giovani europei che non ci stanno e che sono venuti qui, come operatori professionali o come volontari indipendenti, a dire no ai muri, sì alla libertà, alla fratellanza e all’uguaglianza dei popoli.

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Dalla loro spontaneità, dal loro coraggio e dalla loro determinazione Mani Tese prenderà lo spunto per avviare un’ampia riflessione interna su come da qui ai prossimi dieci anni la nostra associazione si attiverà riguardo il fenomeno complesso dei flussi migratori, siano essi di natura forzata o volontaria. Un fenomeno che più di altri incarna quel senso di ingiustizia che da sempre abbiamo eletto a nostro peggior nemico. Un fenomeno che interroga tutti e chiama a una grande mobilitazione dei cittadini liberi dalla paura in Italia e nel resto d’Europa. Parafrasando don Lorenzo Milani, se c’è qualcuno che si arroga “il diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri allora” noi reclamiamo “il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall’altro. Gli uni sono la nostra patria, gli altri i nostri stranieri”.

Testo di Giosuè De Salvo (Mani Tese) – Foto di Maso Notarianni (Qui la gallery completa)

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